Il XIX rapporto Osservasalute 2021 ha messo in luce da una parte la precarietà del sistema sanitario nazionale e dall’altra evidenziato le cattive abitudini acquisite dagli italiani nel corso della pandemia, con 20 milioni di visite perse e minore assistenza ai pazienti cronici

La pandemia da Covid-19 ha messo a dura prova la sanità italiana che, oggi, si trova di fronte a uno scenario preoccupante. È questo il quadro che emerge dal XIX Rapporto Osservasalute 2021, curato dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane, un’edizione di oltre 650 pagine frutto del lavoro di 240 ricercatori distribuiti su tutto il territorio italiano che operano presso Università, Agenzie regionali e provinciali di sanità, Assessorati regionali e provinciali, Ao e Asl, Iss, Cnr, Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori, Ministero della Salute, Aifa e Istat.

Il peggioramento complessivo è frutto di una serie di concause: da una parte minori controlli, con problemi a catena soprattutto per quanto concerne la gestione dei pazienti cronici, dall’altra l’acquisizione di cattive abitudini da parte degli italiani. Si è assistito a un dilagare di sedentarietà, aumento di peso, accresciuti consumi di fumo e alcool. Tutti elementi che certamente non hanno giovato alla salute.

Meno controlli e strutture in default

L’emergenza sanitaria ha avuto ripercussioni molto pesanti sulle strutture sanitarie. Da una parte si è assistito infatti a una riduzione molto significativa dell’attività chirurgica e ambulatoriale programmata e a una conseguente riallocazione delle risorse territoriali nella lotta alla pandemia. Tutto questo si è tradotto in quasi 20 milioni di visite perse, tra quelle specialistiche e quelle di controllo perse, con una conseguente minore presa in carico assistenziale per i pazienti con patologie croniche e acute, i cui effetti si vedranno soltanto nei prossimi anni.

Non è andata meglio per quanto concerne gli interventi programmati. Un esempio su tutti è stato quello del bypass coronarico: a fronte di 100,9 interventi per 100 mila abitanti del 2019, nel 2020 ne sono stati effettuati solo 76,6. In calo anche le coperture vaccinali: nessuna vaccinazione obbligatoria nel 2020 ha raggiunto le coperture raccomandate dall’Organizzazione mondiale della sanità.

Rischi di ripercussioni nel lungo periodo

«La pandemia ha drasticamente tagliato i ricoveri, sia perché i pazienti per paura si sono rivolti meno all’ospedale in caso di urgenze, sia perché il sistema ospedaliero non ha retto l’impatto dirompente del Covid – ha sottolineato Walter Ricciardi, Professore Ordinario di Igiene presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia “A. Gemelli” dell’Università Cattolica, intervenuto nel corso della presentazione del rapporto – Chiaramente ciò non è privo di conseguenze a breve e a lungo termine per la salute degli italiani; basti pensare che un ictus non trattato con la dovuta tempestività si traduce spessissimo in una disabilità permanente che ha costi umani, sociali e sanitari non indifferenti.

Inoltre, il calo degli interventi programmati per diverse procedure chirurgiche, che rappresentano tra l’altro un indicatore di qualità e appropriatezza organizzativa dell’attività ospedaliera, suggerisce che nei prossimi anni non solo gli ospedali dovranno smaltire i ritardi accumulati, ma si troveranno anche ad affrontare un carico di morbidità, cronicità e disabilità generato proprio dagli interventi troppo posticipati o non eseguiti».

Calo dei proventi

A una situazione di complessiva difficoltà si è aggiunto il calo notevole dei proventi delle aziende sanitarie, come ticket e libera professione. Nel quadriennio 2016-2019 lo stesso ero stato pari a 1,6 miliardi di euro annui, nel 2020 è sceso a 1,5 miliardi e tra gennaio e maggio 2021 è stato pari a 0,6 miliardi. Calati drasticamente anche i proventi dell’attività specialistica: nel periodo 2016-2019 ammontavano a 1,8 miliardi annui; nel 2020 sono calati a 1,2 miliardi; tra gennaio-maggio 2021 il dato è stato di 0,6 miliardi.

In arrivo nuove risorse e riforme, ma non ancora sufficienti

Il Covid ha rappresentato anche un’occasione di ripensamento dell’organizzazione del sistema sanitario nazionale verso una sanità maggiormente efficiente e capace di rispondere alle esigenze dei cittadini. La missione 6 del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza), prevede difatti 15,6 miliardi di euro, di cui 7 dedicati all’assistenza sanitaria territoriale, le reti di prossimità, le strutture e la telemedicina e 8,6 miliardi per innovazione, ricerca e digitalizzazione.

A queste risorse si aggiungono altri 2,9 miliardi di euro che andranno a valere sul Fondo sanitario nazionale. Risorse certamente significative, che rischiano tuttavia di non essere sufficienti a coprire le esigenze di una domanda sanitaria in crescita anche in relazione all’invecchiamento della popolazione.