Tutelare la professionalità dei farmacisti

Il 29 marzo scorso, dopo settimane di discussione, il comune di Camerino ha ritirato l’istituzione di un albo dei farmacisti «cui attingere per esigenze organizzative di carattere temporaneo al fine di garantire la continuità del servizio farmacia comunale». L’avviso, pubblicato il 2 marzo, aveva trovato l’accesa resistenza della Federazione Ordini dei Farmacisti italiani sia dell’ordine provinciale per la decisione del Comune di utilizzare come parametro di selezione il criterio del massimo ribasso che, ci spiega Luciano Diomedi, il presidente dell’ordine dei farmacisti di Macerata, causa lo svilimento del ruolo del farmacista e pericolose distorsioni nel mercato.

Luciano Diomedi

Qual è stato il vostro ruolo nella vicenda del Comune di Camerino?

Penso che la situazione sia stata gestita in maniera non ottimale da parte dell’amministrazione. Quando, attraverso i nostri canali, siamo venuti a conoscenza della notizia abbiamo semplicemente ribadito che un professionista non può essere selezionato solo sulla base del massimo ribasso dell’offerta.

Deve al contrario essere valutata la sua valenza professionale, attraverso l’analisi di curriculum e professionalità dimostrata. Questo è l’unico modo per garantire la tutela dei cittadini.

Da parte nostra si è trattato semplicemente di ribadire una metodologia, un corretto approccio per questo tipo di valutazione.

A quel punto si è scatenata una querelle di tipo politico che a noi come Ordine coinvolge poco e ancor meno ci interessa. A noi premeva solamente tutelare la professionalità del farmacista.

Alla fine, probabilmente, il sindaco ha realizzato che la direzione intrapresa non era quella corretta e si è reso disponibile a fare un passo indietro.

Qual è l’aspetto più grave di questa vicenda a suo parere?

Il problema più grande, in realtà, non è tanto il bando emanato dal comune di Camerino, quanto il fatto che alcuni professionisti abbiano accettato questa logica. Si tratta di una scelta rischiosa perché porta a pericolose distorsioni del mercato e allo svilimento del ruolo del farmacista. Per farle un esempio, in occasione dell’ultimo bando del Comune di Camerino, è stata assunta una collega con un compenso lordo di € 4,90 all’ora, circa €3 nette. Si tratta di un importo indegno per qualsiasi lavoratore, a maggior ragione per un professionista di questo livello. È un chiaro segnale che la nostra professione sta attraversando un momento delicato.

Come si è creata questa situazione?

A mio parere quello che è mancato è una politica del know how, che per esempio tutelasse la professionalità e le opportunità lavorative per i neo-laureati. Sarebbe stato auspicabile che l’università attuasse una politica più coraggiosa introducendo il numero chiuso in modo da non inflazionare la figura del farmacista. Al momento, invece, il mercato del lavoro non è più in grado di assorbire i laureati. A un recente convegno è stato dichiarato che in Italia gli studenti che hanno già intrapreso il percorso universitario sarebbero sufficienti a soddisfare la domanda per almeno altri quindici anni.

E in provincia di Macerata?

Sul nostro territorio ci sono una sessantina di iscritti, ma tra i laureati il 10% è ancora in cerca di una prima occupazione e un ulteriore 10% non ha lavoro stabile. Questo, negli anni precedenti, non accadeva: quasi tutti trovavano occupazione, mentre ora è complicato anche trovare uno stage.

Questo a cosa è dovuto?

Sicuramente il mercato non aiuta, ma anche alcune soluzioni legislative, come l’introduzione dei voucher per pagare i collaboratori, incrementano l’instabilità del sistema. Diciamo che far uscire dall’università una «fabbrica di infelici», per dirla con l’espressione usata dal presidente della Federazione, Andrea Mandelli, non è il nostro scopo. È chiaro che se gli studenti diventano troppi, per trovare occupazione sono costretti a forzare il sistema con i risultati che abbiamo visto prima.

Voi come ordine come riuscite a intervenire in questa situazione?

Qui a Macerata, come ordine, siamo molto “effervescenti” e abbiamo attivato diverse iniziative. In generale portiamo avanti la convinzione che la «Farmacia dei servizi» non deve rimanere uno slogan ma si devono trovare tutti i mezzi possibili per renderla concreta.

In questo percorso proviamo a coinvolgere tutti gli enti: stiamo per esempio partecipando a un progetto per l’aderenza terapeutica dopo aver già concluso quello sull’asma con l’Università del Kent. Si sta, inoltre, avviando il progetto “Cefalee”, con Fenagifar, iniziato a Torino e ora diffuso in tutta Italia. Tutte queste iniziative hanno l’obiettivo di diffondere un nuovo ruolo del farmacista, dal semplice dispensatore di farmaci a una figura professionale più complessa, con un significato più attivo nel sistema sanitario nazionale. Un principio che molti livelli dell’amministrazione pubblica devono ancora interiorizzare. A Macerata abbiamo anche la fortuna di collaborare in modo molto fruttuoso con Federfarma, anch’essa una realtà piuttosto dinamica localmente, che ci supporta spesso nei progetti che intraprendiamo.

Cooperiamo anche con la regione Marche con la quale stiamo provando ad attivare un progetto di farmacovigilanza che, al momento, è ancora in fase embrionale.