La società farmaceutica Uriach ha concluso l’acquisizione della maggioranza di azioni della società italiana Laborest, specializzata nella commercializzazione di integratori alimentari. “L’operazione fa parte del piano strategico 2013-2017 di Uriach, che prevede la crescita sull’azienda attraverso acquisizioni e l’espansione internazionale”, fanno sapere dall’azienda.
“I modelli di business di Uriach e Laborest sono molto diversi e complementari: la prima azienda è più mirata al consumatore e al canale farmacia, sia per quanto riguarda la linea di prodotti che l’attività di promozione; la seconda invece si affida maggiormente agli informatori scientifici per promuovere i propri prodotti direttamente ai medici. Questa operazione consentirà a Uriach di creare e sfruttare importanti sinergie, condividendo prodotti e modelli di business per essere presenti in maniera più completa in entrambi i mercati, italiano e spagnolo”.
Laborest, con un fatturato annuo di circa 25 milioni di euro e una forza lavoro di 180 collaboratori tra dipendenti e agenti, “ha dimostrato una forte attenzione nei confronti dell’innovazione: negli ultimi anni Laborest ha lanciato sul mercato numerosi prodotti in diversi ambiti terapeutici. Attraverso la continua ricerca scientifica e la massima qualità certificata (ISO 9001 – ISO 22000) dei suoi prodotti, Laborest si è distinta nel panorama italiano del settore”, prosegue il comunicato stampa.
Di fatto, Uriach, società farmaceutica a gestione familiare risalente al 1838, “vanta un ampio portfolio di prodotti innovativi e di altissima qualità, che vengono venduti attraverso il canale farmacia, tramite promozione del medico o vendita diretta al consumatore”, spiegano da Uriach. “L’azienda è composta da quattro aree di business: consumer health (OTC e Natural Care), prodotti a marchio, farmaci generici Uriach e produzione chimica e farmaceutica di terze parti, attualmente i prodotti Uriach sono venduti in oltre 70 Paesi. L’ultimo anno fiscale si è concluso con un fatturato di 120 milioni di euro, del quale quasi il 40% al di fuori dal mercato spagnolo”.
