Presentato dall’Agenzia italiana del Farmaco il Rapporto annuale sull’utilizzo degli antibiotici relativo all’anno 2020. Il consumo nel nostro Paese risulta in calo del 18,2% rispetto al 2019, ma ancora superiore alla media europea. Utilizzo inappropriato nel 25% dei casi. Nicola Magrini: «Parola chiave: parsimonia»

È stato presentato il 10 marzo scorso dall’Agenzia italiana del Farmaco (Aifa) il Rapporto annuale sull’utilizzo degli antibiotici in Italia relativo all’anno 2020. Nonostante il consumo complessivo abbia sperimentato un calo del 18,2% nell’ultimo anno (che resta comunque al di sopra della media dell’Unione Europea), il nostro Paese presenta una situazione ancora molto critica, in particolar modo per quanto riguarda i germi resistenti, situazione che vede l’Italia maglia nera in Europa.

Antibiotici, dati in calo nel 2020 e nel primo semestre 2021

Nell’anno in esame il consumo complessivo di antibiotici è stato di 17,7 dosi ogni mille abitanti al giorno, con una flessione del 18,2% rispetto al 2019. Un calo questo, proseguito nei primi 6 mesi del 2021. L’uso degli antibiotici in assistenza convenzionata, cioè a carico del Servizio sanitario nazionale, erogati dalle farmacie, è stato di 10,5 dosi ogni 1.000 abitanti al giorno, in riduzione del 21,2% rispetto al primo semestre del 2020. Anche per quanto riguarda gli acquisti diretti effettuati dagli ospedali è stata riscontrata una significativa riduzione, pari al 31,4%, nel primo semestre del 2021 rispetto al primo semestre 2020, anche se con differenze molto accentuate di carattere regionale che vedono in linea generale performance migliori al Nord e al Centro rispetto alle regioni del Sud.

Spesa e consumi

Nel 2020 gli antibiotici hanno rappresentato, con 692,1 milioni di Euro, il 3% della spesa e l’1,2% dei consumi totali a carico del Ssn. Quasi l’80% delle dosi totali (13,8 ogni 1000 abitanti al giorno) è stato erogato dal Servizio sanitario nazionale, con una riduzione del 21,7% rispetto al 2019. Questo dato comprende sia gli antibiotici erogati in regime di assistenza convenzionata (dalle farmacie pubbliche e private) sia quelli acquistati dalle strutture sanitarie pubbliche. La quota di antibiotici acquistati dalle strutture sanitarie pubbliche ha rappresentato una parte minoritaria del consumo a carico del sistema sanitario (1,7 dosi per 1.000 abitanti al dì). Complessivamente i consumi restano comunque superiori a quelli di molti Paesi europei.

La spesa pro capite a carico del Ssn si è attestata a 11,6 Euro; gli acquisti privati di antibiotici rimborsabili dal Ssn, cioè quelli di classe A, sono stati pari a 3,9 dosi ogni 1.000 abitanti, che corrispondono al 24% del consumo territoriale totale di antibiotici, e a una spesa pro capite di 2,05 Euro.

Antibiotici, l’erogazione

Circa il 90% del consumo di antibiotici a carico del Sistema sanitario nazionale, pari a 12,1 dosi per 1.000 abitanti al giorno, viene erogato in regime di assistenza convenzionata, confermando che gran parte dell’utilizzo avviene a fronte di una prescrizione da parte del Medico di medicina generale o del Pediatra di libera scelta. Penicilline e inibitori delle beta-lattamasi si confermano le classi a maggior consumo, seguite dai macrolidi e dai fluorochinoloni. Tra gli antibiotici non sistemici, le categorie più prescritte risultano essere i dermatologici, gli oftalmologici e quelli intestinali, spesso abbinati ai corticosteroidi.

Uno sguardo all’Europa

Nonostante la significativa flessione, il consumo di antibiotici in Italia rimane pur sempre troppo alto e comunque superiore alla media UE, sia a livello ospedaliero, sia a livello territoriale. Nel 2020 la contrazione dei consumi è stata registrata in tutti i paesi UE ad eccezione della Bulgaria. L’Italia si colloca al momento al 9° posto della classifica UE, al di sopra della media per utilizzo di penicilline, macrolidi e lincosamidi.

Uso inappropriato e approccio One Health

Ben al di là dei singoli dati numerici, quello che colpisce in particolare del report Aifa è che in un quarto dei casi, pari al 25%, gli antibiotici vengono prescritti in modo inappropriato, per malanni sovente stagionali, come influenza, bronchite, raffreddore comune, andando ad accrescere il gravoso problema dell’antimicrobico-resistenza.

«Occorre avere una maggiore consapevolezza di quanto la salute umana, quella animale e quella dell’agricoltura, e quindi dell’ecosistema, siano strettamente connesse – ha ricordato Nicola Magrini, presidente dell’Agenzia Italiana del Farmaco – Per sconfiggere le resistenze, causa di un numero sconcertante di decessi ogni anno, bisogna agire insieme, in un’azione concertata che vada a incidere sui diversi ambiti. Già nel 1945, Fleming aveva intuito che una bassa concentrazione di antibiotici poteva stimolare resistenze batteriche. La parola chiave resta comunque una soltanto: parsimonia».