Continua il nostro viaggio in dieci tappe per ripercorrere e scoprire i fatti salienti che hanno contraddistinto la storia della Farmacia.

Il percorso è stato oggetto della Mostra “Il Farmacista: nascita di una professione. Viaggio in una storia millenaria” con contenuti a cura delle redazioni di Farmacia News e Tema Farmacia, in esposizione a Cosmofarma 2022 (piazza Innovasoft, pad. 30).

Dopo la tappa dedicata al Rinascimento, scopriamo in questo articolo l’evoluzione dell’arte farmaceutica durante il XIX secolo. Alcuni eventi agli inizi dell’età segnano una nuova evoluzione della farmacologia: la comprensione che l’attività medicamentosa delle droghe vegetali si lega all’azione di uno o più principi attivi, sintetizzati dalla pianta e lo sviluppo di studi di fisiologia sperimentale, in stati di salute e patologici, come anche di chimica.

La chimica, il cambio di passo

Divenuta ormai una scienza a tutti gli effetti, la chimica si orienta a isolare i principi attivi dei semplici, ottenuti da erbe e piante e composti del regno vegetale: tra questi gli alcaloidi, così battezzati da Karl Friedrich Wilhelm Meissner intorno al 1820, e i glicosidi. La preparazione di rimedi terapeutici da parte di figure equiparabili ai moderni farmacisti, erboristi, chimici, permette nei vari anni di ampliare le conoscenze e di comprendere la validità delle varie preparazioni in uso e di migliorarne i procedimenti di preparazione.

Gradualmente si comincia così a riconoscere il rapporto tra dose ed effetto e a individuare le relazioni esistenti fra struttura e attività farmacologica. È l’affermazione della farmacologia come disciplina scientifica, che ha grande impulso con Oswald Schmiedeberg (1838 – 1921), farmacologo, chimico e farmacista tedesco che inizia a catalogare i composti più diversi in funzione di una azione farmacologica uguale o affine, ponendo le basi per una classificazione scientifica, moderna, dei farmaci.

Verso il 1815 nasce la farmacognosia, disciplina che studia le proprietà fisiche, chimiche, biochimiche e biologiche delle piante medicinali, e come i principi attivi in esse contenuti possano essere sfruttati nell’uomo con finalità terapeutiche. Si affacciano così tra le possibili opzioni di cura la morfina estratta dall’oppio (1817), la caffeina (1819), l’atropina e la scopolamina (1823), la codeina (1832), la papaverina (1848). A poco a poco si iniziano a produrre medicamenti per sintesi chimica, creati cioè artificialmente in laboratorio.

Le prime officine

Le nuove conoscenze in materia medica-farmacologica e l’insediamento nei Paesi industrializzati delle prime officine, soprattutto all’estero, mutano la produzione dei medicinali, non più realizzabili in farmacia o nel laboratorio ad essa annesso. Il nostro Paese resta tuttavia un passo indietro rispetto all’Europa. Al nascere del Regno d’Italia, l’industria chimica nazionale è ancora agli albori o quasi inesistente, a differenza di Germania e la Svizzera, “madrine” delle prime industrie. Qui nel 1870 sono già fiorenti la Meister Lucius, la Bayer, la Merk, la Boehringer, la Ciba divenuti nel tempo colossi farmaceutici, destinati a restare in auge fino ai giorni nostri

Perché questa discrepanza territoriale? In Italia, al pari delle Francia, i primi laboratori farmaceutici in grado di preparare i nuovi medicinali, anche in quantità importanti, non ricevono un adeguato supporto finanziario dalla farmacia e nascono a opera di farmacisti che, sensibili ai progressi della terapia, sono desiderosi di realizzare i nuovi medicamenti che via via venivano scoperti o sintetizzati.

Le scoperte medicinali

Il XIX secolo è ricordato anche per altre importanti scoperte che innovano l’armamentario terapeutico. Tra questi gli anestetici generali (il protossido di azoto, l’etere, il cloroformio ne, che consentono di effettuare interventi chirurgici senza dolore per il paziente) e quelli locali. Nel 1884 viene impiegata per la prima volta ad uso topico in ambito oftalmologico la cocaina; ha inizio la storia dell’anestesia locale.

Poi i primi farmaci “rivoluzionari”: l’aspirina, nata nel 1897 dall’intuito di Felix Hoffman (1868 – 1946), un chimico della ditta tedesca Bayer che combina l’acido salicilico con l’acido acetico e, secondo una reazione di acetilazione, ottiene l’acido acetilsalicilico (ASA). La sostanza entra in commercio nel 1899 con il nome di aspirina, probabilmente derivante dall’unione del prefisso a (acetile) e spir, da Spiraea ulmaria, nome latino dell’olmaria, pianta della famiglia delle Rosacee da cui veniva ricavato un tempo l’acido salicilico.

O ancora la digitale: la scoperta delle sue attività terapeutiche la si deve al medico inglese William Whitering che nel 1775 identifica nelle foglie della Digitalis purpurea il componente cardioattivo presente in una miscela di 20 e più erbe, utilizzata sotto forma di infuso, da un’anziana signora affetta da idropisia, allora non ancora riconosciuta come una manifestazione di scompenso cardiaco. Più tardi viene a sapere che la donna, giudicata non curabile, è in realtà guarita; Whitering ne attribuisce gli effetti alla digitale.

La terapia digitalica negli anni successivi cade tuttavia in disuso, probabilmente perché impiegata fuori delle indicazioni terapeutiche indicate dal medico o perché somministrata a dosaggi inadeguati, troppo bassi o troppo elevati e quindi tossici, perché utilizzata in preparazioni inattive: non esiste, infatti, la possibilità di titolare e saggiare l’efficacia degli infusi di digitale.

Alla digitale segue la scoperta di altre piante contenenti glucosidi con azione cardioattivi, come il mughetto (Convallaria majalis), la scilla (Urginea maritima), lo strofanto (Strophantus gratus, Strophantus kombé) o la secrezione cutanea di alcune specie di rospi contengono contenenti glicosidi digitalici in grado di mimare effetti farmacologici. Siamo solo agli inizi: altri famaci rivoluzionari compariranno nel XX secolo.

Il viaggio continua! Prossima puntata: “Il Farmacista: dalle origini ai giorni nostri“.

Fonte:

  • Luciano Caprino, Il farmaco, 7000 anni di storia, dal rimedio empirico alle biotecnologie, AIFA, Armando editore, 2012