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“We Care”: una guida pratica per i farmacisti

È nato uno strumento pratico per supportare i farmacisti bergamaschi nella gestione delle carenze e delle indisponibilità di farmaci.

Il nome del progetto è “We Care” e ha l’obiettivo di fornire indicazioni chiare sulle azioni da intraprendere in diversi scenari come ad esempio, carenza nazionale, indisponibilità locale, soluzioni galeniche o importazioni, favorendo il confronto e il supporto reciproco tra colleghi.

«La carenza di farmaci è una criticità ormai sistemica, che richiede risposte coordinate e strumenti concreti. “We Care” nasce proprio per questo: aiutare i farmacisti a orientarsi, a comunicare con i pazienti e a garantire la continuità delle terapie», ha spiegato Davide Petrosillo, presidente dell’Ordine dei Farmacisti di Bergamo.

La guida è incentrata sulle attività che si svolgono a livello locale per questo motivo, al momento, è consultabile dai farmacisti iscritti all’Ordine dei Farmacisti di Bergamo.

Tra gli obiettivi del progetto, vi è la promozione della continuità dell’assistenza territoriale favorendo la collaborazione sinergica tra farmacista e medico di medicina generale.

«Abbiamo voluto costruire uno strumento dinamico e vicino alla pratica quotidiana, che consenta ai farmacisti di agire tempestivamente nei casi di irreperibilità dei farmaci, tutelando la continuità delle cure e rafforzando il dialogo con i medici del territorio» ha sottolineato Arrigo Paciello, direttore del Servizio Farmaceutico Territoriale di ATS Bergamo.

l progetto mira a rafforzare il ruolo delle farmacie come presidi di sanità di prossimità. “We Care” si propone, infatti, di valorizzare il ruolo del farmacista nella tutela della salute pubblica, evidenziandone la capacità di contribuire attivamente alla continuità delle cure e alla gestione delle criticità sul territorio.

La guida sarà uno strumento in continua evoluzione, infatti, verrà aggiornata da ATS Bergamo con indicazioni operative, contatti utili e comunicazioni ufficiali

L’iniziativa è stata realizzata dall’Ordine dei Farmacisti di Bergamo, in collaborazione con l’ATS di Bergamo, con il supporto scientifico dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e il patrocinio di Federfarma Bergamo.

«Progetti come “We Care” sono buone pratiche che meritano di essere condivise a livello nazionale ed europeo. AIFA, che ha dato volentieri il proprio contributo scientifico alla guida, ne sostiene la diffusione nell’ambito delle reti istituzionali, a partire dal Tavolo Tecnico Indisponibilità e dalla Joint Action europea CHESSMEN», ha dichiarato Domenico Di Giorgio, dirigente AIFA.

Conservare i farmaci in estate: l’AIFA rinnova sui social le principali raccomandazioni

I medicinali non sono immuni alle alte temperature che possono alterarli, comportando rischi per la salute, in particolare in caso di patologie croniche. In linea generale i farmaci vanno conservati ad una temperatura inferiore ai 25°. Inoltre, vanno tenuti in ambienti freschi e asciutti, evitando la loro esposizione diretta a fonti di calore ovvero al sole.

Tuttavia, sul foglietto illustrativo sono riportate le corrette modalità di conservazione di ciascun medicinale. Pertanto, è importante leggerle con attenzione e rispettarle.

Con un post pubblicato nei giorni scorsi sui principali social network, “Salute e sicurezza non vanno in vacanza”, l’Agenzia Italiana del Farmaco – AIFA, ha rinnovato le principali raccomandazioni per la corretta conservazione dei medicinali nel periodo estivo.

In viaggio

In caso di spostamenti in auto, è bene utilizzare per il trasporto dei farmaci una borsa termica e ricordare che l’abitacolo è più fresco del porta bagagli; in aereo, AIFA raccomanda di portare sempre i farmaci con sé nel bagaglio a mano, insieme a prescrizioni ed eventuali ulteriori documenti medici, così da avere la terapia ben conservata e a portata di mano anche nel caso di smarrimento delle valigie.

Attenzione ai farmaci a temperature controllate

Alcune categorie di farmaci sono più sensibili agli sbalzi termici e richiedono pertanto una maggiore attenzione. È il caso dell’insulina, che va conservata in frigo, a temperatura controllata compresa tra 2 e 8 gradi, piuttosto che degli ormoni – contraccettivi, farmaci per la tiroide e altre tipologie di medicinali a base ormonale – molto sensibili alle variazioni di temperatura, che non devono essere pertanto esposti a fonti di calore dirette.

Controllare l’aspetto dei farmaci

Un altro punto essenziale sottolineato dall’Agenzia italiana del Farmaco, è quello di controllare i farmaci, monitorandone eventuali alterazioni di: colore, odore o consistenza e, nel caso, rivolgersi al medico o al farmacista prima di assumerli, perché questi cambiamenti non sempre sono indice di un deterioramento del medicinale.

Le reazioni di fotosensibilizzazione

Occorre, altresì, ricordare che l’assunzione di alcuni farmaci può provocare reazioni di fotosensibilizzazione come dermatiti o eczemi. Questo fenomeno può verificarsi in particolare con creme a base di cortisone, gel, soluzioni o spray, ma anche antibiotici e anticoagulanti.

AIFA suggerisce pertanto di evitare l’esposizione solare nelle ore più calde e utilizzare un’adeguata protezione. In casi specifici, come dopo l’uso di cerotti a base di ketoprofene, è necessario evitare di esporsi al sole fino a due settimane dopo il trattamento.

Preferire le formulazioni solide e portare sempre le confezioni originali

In estate, ricorda l’Agenzia, è bene preferire le formulazioni solide rispetto a quelle liquide perché meno sensibili alle alte temperature.

Un errore comune nel preparare i bagagli è quello di porre nello stesso contenitore diversi farmaci, per risparmiare spazio. Questo rischia, tuttavia, di creare confusione, anche rispetto a scadenze, avvertenze e dosaggi. Senza contare che le scatole e i blister proteggono meglio i medicinali dalla luce e dall’umidità rispetto ai portapillole che possono surriscaldarsi.

Mantenere la scatola originale che riporta la composizione del farmaco è, infine, importante anche per dialogare con l’eventuale medico o farmacista del luogo.

Accordo tra biologi e farmacisti: una collaborazione per la sicurezza dei cittadini

La Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani (FOFI) e la Federazione Nazionale degli Ordini dei Biologi (FNOB) hanno sottoscritto nei giorni scorsi a Roma, un protocollo d’intesa che sancisce la collaborazione tra farmacisti e biologi per l’esecuzione dei test diagnostici ematico-capillari attraverso l’impiego di strumentazioni POCT (Point-of-Care-Testing).

L’accordo, siglato dal presidente FOFI, Andrea Mandelli, e dal presidente FNOB, Vincenzo D’Anna, e consegnato al Sottosegretario di Stato, On. Marcello Gemmato, ha l’obiettivo di assicurare il più alto livello di qualità, affidabilità e sicurezza nelle prestazioni erogate ai cittadini.

Un’iniziativa che ricalca la strada tracciata dalla nuova alleanza tra l’Ordine dei Biologi lombardi e Federfarma Lombardia.

«La firma del protocollo d’intesa segna l’avvio di una proficua collaborazione tra farmacisti e biologi, volta a garantire ai pazienti la migliore assistenza possibile. Mai come in questi anni abbiamo compreso quanto sia importante fare squadra per costruire un servizio sanitario più efficiente e vicino ai reali bisogni delle persone», ha dichiarato Andrea Mandelli.

L’esecuzione dei test diagnostici POCT da parte dei farmacisti del territorio rientra tra le prestazioni previste nell’ambito della “Farmacia dei servizi”. Il paziente che effettua il test ematico-capillare in farmacia riceve un attestato di esito – che non ha valore di referto – riportante i valori registrati ed elaborati dal dispositivo in uso. L’attestato di esito è sottoscritto dal farmacista che assicura il rispetto delle procedure seguite, la corretta conduzione della fase pre-analitica rispetto alle indicazioni fornite dal produttore dell’apparecchiatura con marchio CE, la scelta del test e la manutenzione della strumentazione.

Grazie alla nuova intesa, su richiesta del paziente, le farmacie, che abbiano attivato l’apposito collegamento con un laboratorio clinico, potranno trasmettere a quest’ultimo i dati rilevati per il rilascio del referto clinico, sottoscritto dal biologo o dal medico di laboratorio.

L’accordo è stato, inoltre, realizzato con lo scopo di valorizzare le specifiche competenze professionali, nell’ottica del rafforzamento della rete assistenziale di prossimità.

«La capillarità e la prossimità dei farmacisti – ha sottolineato Mandelli – non solo facilitano l’accesso ai servizi sanitari, ma si fondano sulla relazione di fiducia con il cittadino che ci permette di attuare un approccio proattivo alla salute, fondamentale per affrontare le sfide legate all’invecchiamento della popolazione e alla sostenibilità economica del SSN. La collaborazione con i biologi si inserisce in questa visione: assicurare i più elevati standard di qualità e sicurezza delle prestazioni che ogni giorno eroghiamo ai cittadini, che è la priorità assoluta dei farmacisti e di tutti i professionisti del Servizio Sanitario Nazionale».

«Abbiamo salvaguardato e ribadito le diverse competenze professionali che fanno capo ai Biologi ed ai Farmacisti definendo, al tempo stesso, i loro differenti ruoli e funzioni. Il tutto in sinergia e collaborazione rafforzando, per entrambe le categorie, la professionalità che gli compete», ha commentato Vincenzo D’Anna.

Anche Assofarm ha accolto con entusiasmo la firma dell’accordo e ha assicurato la propria adesione alla sottoscrizione del protocollo d’intesa.

«Siamo pienamente soddisfatti dell’intesa raggiunta tra FOFI e FNOB per la Farmacia dei Servizi. Come Assofarm, non abbiamo mai avuto dubbi che, col tempo, anche le altre professioni sanitarie avrebbero compreso che la Farmacia dei Servizi non è un competitor per nessuno, ma un’occasione di integrazione virtuosa tra differenti competenze, nell’interesse esclusivo del cittadino» ha commentato Luca Pieri, presidente di Assofarm.

Pieri ha inoltre sottolineato come l’accordo dimostri che il SSN si rafforza attraverso la collaborazione e la valorizzazione delle diverse professioni sanitarie. Una collaborazione che si traduce in servizi migliori per i cittadini, in particolare per la prevenzione e la gestione delle patologie croniche.

Farmacisti e biologi lombardi: c’è una nuova alleanza

È stato siglato, lo scorso aprile, il Protocollo quadro d’intesa fra Federfarma Lombardia e l’Ordine dei Biologi Lombardia, il primo in Italia. Un documento con cui i firmatari – il presidente dei Biologi Lombardi, Rudy Alexander Rossetto e la rieletta presidente di Federfarma Lombardia, Annarosa Racca – esprimono la volontà di collaborare, ciascuno nell’ambito delle rispettive competenze e della legislazione vigente, per offrire più servizi e di maggiore qualità alla Sanità Lombarda, quindi al cittadino e al territorio.

L’accordo prevede, infatti, l’ingresso nel Sistema Sanitario, nel pubblico, nel privato, nel privato accreditato, in laboratori, poliambulatori e soprattutto nella farmacia dei servizi, anche della professionalità dei Biologi.

Presidente Rossetto, qual è l’obiettivo e la motivazione dell’accordo?

«Si tratta di un “consolidamento”. C’è sempre stato uno spirito di collaborazione fra Biologi, farmacisti e farmacie, alleati nel porre al centro delle loro attività, autonome e/o condivise, l’interesse della cittadino – persona ancora prima di essere paziente – e di prestazioni e servizi di qualità. L’intesa fra Biologi e farmacisti è emersa fin dall’epoca pandemica: durante il Covid i Biologi lombardi si sono adoperati a fare tamponi, alleviando il carico di lavoro in farmacia e nel sistema sanitario, qualificandosi “pionieri”, ovvero come primi Biologi vaccinatori Covid a livello nazionale. L’accordo, dunque, conferma in maniera ufficiale la volontà dell’Ordine Lombardo di contribuire, in ottemperanza alle nostre expertise, a “dare maggiore respiro” e agilità al Sistema Sanitario per quando ci compete. Il nostro auspicio, oltre alle già citate iniziative in farmacia, è di potere contribuire anche a attività di screening, di prevenzione e in ogni altro ambito in cui si renderà necessario il nostro profilo in ottemperanza alla specificità e esclusività che la legge ci riserva. Il protocollo d’intesa è un accordo di buon senso – così mi piace definirlo – tra due entità che svolgono il proprio ruolo entro un perimetro definito, chiaro, trasparente, condiviso nei principi e nella finalità, con una uniformità di visione che ci ha accomunato dalle prime discussioni sullo sviluppo del progetto fino alla messa a terra finale. Il protocollo, innovativo nel suo genere, sottolinea l’importanza della multidisciplinarietà e dell’interdisciplinarietà, dando valore aggiunto alle diverse professioni sanitarie. Come Presidente dell’Ordine dei Biologi della Lombardia penso di esprimere l’orgoglio e l’onore di questa collaborazionedisegnata a misura e a vantaggio del cittadino».

Dunque, l’intento è di fare “rete” al servizio del territorio?

«In un certo qual modo, sì. La collaborazione fra Federfarma Lombardia e l’Ordine dei Biologi Lombardia, in funzione dell’accordo, coinvolgerà in prima istanza tutte le farmacie regionali che vorranno aderirvi, appartenenti al circuito Federfarma che all’unanimità, includendo Consiglio, Assemblea, affiliate, ha approvato appieno l’iniziativa. Resta potenzialmente aperta la possibilità di adesione anche per le strutture attualmente non incluse nel progetto e/o alle farmacie che vorranno unirsi e “fare rete” su base volontaria. Un obiettivo non peregrino: sebbene l’iniziativa sia appena partita, la sua eco si è già fatta sentire fortemente con richieste di informazione da parte di molti Biologi e di farmacie. La nostra figura professionale è, comunque, già parte integrante all’interno di alcuni presidi in cui offriamo un contributo in ambito di nutrizione come anche in altre attività, fra cui appunto l’erogazione di tamponi e vaccinazioni anti-Covid».

Che ruolo svolge la formazione per contribuire efficacemente a questa alleanza di intenti?

«Cruciale. Il protocollo, oltre a condividere valori, stressa l’importanza della puntuale e accurata preparazione dei professionisti sanitari. Tra le progettualità in itinere si prevede, infatti, anche l’organizzazione di eventi, di momenti di formazione e di scambio di know-know tra farmacisti e Biologi per un confronto attivo e l’arricchimento di un bagaglio di conoscenze comuni. Tale (in)formazione, nei nostri intenti, andrà auspicabilmente estesa a livello globale, territoriale: ci auguriamo, in futuro, di poter coinvolgere in una serie di attività educazionali, soprattutto in ambito di prevenzione e di educazione agli stili di vita, anche il cittadino/paziente.

Il nostro obiettivo è sviluppare e sostenere un approccio di “team-work”, in cui Biologo o farmacista, cessino di lavorare in autonomia e a “comportamenti stagni” a favore invece di una collaborazione, sempre più integrata e vocata all’interdisciplinarietà. Sarebbe bello coinvolgere nell’iniziativa, per la parte sanitaria, anche Medici di Medicina Generale, infermieri e/o altre figure professionali, chiedendo il supporto istituzionale di Regione Lombardia per la stesura di regole per la gestione di pazienti fragili, a rischio o con patologia, limitando/evitando rischi prevenibili, e non sostituendosi a strutture complesse come i laboratori».

Cosa chiedete dunque alle istituzioni?

«Raccomandazioni e direttive “ufficiali”, omogenee e uniformi, tali da permettere ai professionisti di mantenere una linea comune di operato e di tutelare in modalità e in un ambiente protetto, il paziente, specie se critico o con cronicità. Ciò darebbe anche maggiore sicurezza al paziente stesso, certo di interfacciarsi, rivolgendosi alla farmacia, con professionisti abilitati, competenti, autorevoli in regola la formazione professionale, sia che si tratti di Biologi o di farmacisti. L’intesa siglata con la farmacia offre l’occasione per rispondere in maniera sempre più puntuale e concreta ai bisogni di salute della popolazione, migliorando costantemente la qualità dei servizi erogati all’interno dei presidi».

In chiusura, quali sono, Presidente, le prossime opportunità?

«L’auspicio è di riuscire a creare la nuova figura del Biologo di prossimità (di famiglia), di estendere ai Biologi la possibilità di effettuare anche vaccinazioni antiinfluenzali nelle farmacie, nelle RSA (Residenze sanitarie assistenziali), nelle Case di Comunità, come anche di ampliare l’opportunità di collaborazione in ambito di nutrizione e prevenzione e di POCT, ricordando che la refertazione di analisi sono appannaggio di medici e/o Biologi. Resta inteso, che anche per l’attività di analisi laboratoristica o altro, viene mantenuta la distinzione dei ruoli, secondo le professionalità: né le farmacie di Regione Lombardia, né tanto meno i Biologi lombardi, voglio in alcun modo sovrapporsi al lavoro dei laboratori specializzati, cui spetta la refertazione degli esami più complessi, come ad esempio i marker tumorali o esami genetici. Mentre diamo piena collaborazione ai laboratori territoriali per l’analisi di esami routinari e di screening».

Ci sono anche altre opportunità per i professionisti?

«Sì, oltre a richiedere il supporto istituzionale di Regione, Comune e Provincia, l’Ordine dei Biologi Lombardia sta strutturando una piattaforma innovativa, disponibile on line fra qualche mese, dedicata alla ricerca/offerta di personale qualificato. Si tratta di un portale, il primo in Italia, che creerà un link fra il professionista, la farmacia, i comuni e il territorio. La farmacia potrà selezionare in questo “reservoir” il profilo del Biologo più idoneo alle proprie necessità, attingendo all’albo dei professionisti che si sono registrati, e invitarli a un incontro conoscitivo. Una opportunità innovativa che rende un servizio anche alla qualità della professione e dei professionisti che collaborano con la farmacia».

Identikit

Il dottor Rudy Alexander Rossetto è Presidente dell’Ordine dei Biologi Lombardia. Biologo con laurea magistrale in Scienze della Nutrizione. Chinesiologo con laurea in scienze motorie mette a frutto le sue expertise come Formatore della Formazione Olimpica C.O.N.I., e nella docenza al SDS CONI Lombardia, Scuola dello Sport. È inoltre preparatore atletico, nutrizionista ed esperto biomeccanico di riferimento in molteplici sport per atleti professionisti, squadre e Federazioni Sportive. Completa il suo profilo con attività di ricerca e con l’impegno di divulgatore scientifico.

Migliorare la gestione del diabete grazie al coinvolgimento dei farmacisti

Immagine: da Canva

Il diabete mellito di tipo 2 rappresenta una delle patologie croniche a maggiore diffusione. Una sua gestione non ottimale porta con sè conseguenze significative in termini di complicanze per i pazienti e oneri a carico dei sistemi sanitari.

Il diabete tipo 2 negli Stati Uniti

Negli Stati Uniti, la prevalenza della patologia è del 10,5%, interessando 34,2 milioni di soggetti, con proiezioni che prevedono di raggiungere i 60,6 milioni di casi diagnosticati entro il 2060.

Alcuni gruppi demografici affrontano un rischio molto più elevato di sviluppare la malattia – come è il caso degli ispanici che hanno una probabilità quasi doppia rispetto agli adulti americani – disparità quest’ultima in parte collegata ai più elevati tassi di obesità in questo gruppo etnico oltre che a barriere linguistiche e scarsa alfabetizzazione.

La sfida per un migliore controllo del diabete

Nonostante le raccomandazioni di organizzazioni come l’American Diabetes Association, che suggeriscono di puntare a livelli di emoglobina glicata inferiori al 7%, numerosi sono gli americani che stentano a raggiungere questo obiettivo: circa il 70% degli adulti con diagnosi di diabete ha valori di emoglobina superiori al 7%; il 13% ha un valore che supera addirittura il 9%, con rischi aumentati di sviluppare malattie renali, neuropatia e retinopatia.

Il programma CDMP

In risposta alla richiesta di un Centro Sanitario Federale Qualificato che serve una popolazione per la maggioranza composta da ispanici, il Center for Innovative Pharmacy Solutions della Scuola di Farmacia dell’Università del Maryland ha sviluppato un Programma Integrato di Gestione del Diabete (Comprehensive Diabetes Management Program – CDMP). L’iniziativa è stata avviata dopo aver identificato una percentuale considerevole di pazienti ispanici affetti da diabete con livelli di HbA1c superiori al 9%.

Il team interprofessionale per la gestione del diabete

Il CDMP ha istituito un team interprofessionale per la gestione del diabete, composto da farmacisti clinici, un dietista e un tecnico di farmacia, con la supervisione di un comitato interprofessionale che include i medici prescrittori.

L’adesione dei pazienti è stata volontaria. Ciascun farmacista ha condotto le visite di persona o tramite telemedicina, cadenzandole in base alle necessità del singolo paziente.

I farmacisti hanno regolato la terapia farmacologica, prescritto il kit per l’effettuazione dei test glicemici e richiesto esami di laboratorio, fornendo al contempo un’educazione ai pazienti sulla patologia, sulle terapie farmacologiche e sugli interventi non farmacologici, sull’importanza dei test di autoanalisi e sugli ottimali range clinici cui tendere.

Il dietista ha seguito i pazienti in telemedicina con suggerimenti nutrizionali, menù ad hoc e valutando periodicamente gli eventuali miglioramenti.

Il tecnico di farmacia ha assistito i pazienti nella ricerca, nella programmazione, negli appuntamenti di follow-up, nelle autorizzazioni preventive e nelle richieste di inclusione in programmi di assistenza volti a facilitare l’accesso ai farmaci e alle forniture per i test.

I promettenti risultati ottenuti: la gestione integrata migliora gli outcome

Uno studio retrospettivo della durata di due anni – pubblicato sul Journal of the American Pharmacists Association – che ha arruolato 518 pazienti con un’emoglobina glicata superiore al 7% ha evidenziato l’efficacia dell’integrazione dei farmacisti nei team di gestione del diabete, specialmente per le popolazioni ad alto rischio e maggiormente svantaggiate.

I pazienti seguiti nel programma guidato dai farmacisti non solo hanno ottenuto un miglioramento delle condizioni cliniche – su un gruppo di 477 pazienti, il valore medio dell’emoglobina glicata è passato da 10,1% a 8,5%, la percentuale di pazienti che è sceso al di sotto dell’8% è passato dal 15,8% al 51,6%) ma anche una migliore aderenza alla terapia farmacologica e risparmi sui costi sanitari, enfatizzando il valore di modelli di assistenza interdisciplinari e integrati per migliorare gli esiti di salute e la sostenibilità dei sistemi sanitari.

Glifozine in farmacia: benefici per i pazienti e il SSN

A partire dal 19 luglio, le gliflozine saranno disponibili in farmacia. I medicinali saranno prescrivibili con ricetta ripetibile, senza piano terapeutico, e a carico del SSN. La delibera dell’AIFA è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale.

Una svolta significativa per i pazienti affetti da malattia renale cronica che potranno gestire in maniera più semplice ed efficiente il percorso di cura, con minori liste di attesa.

Circa il 10% della popolazione adulta è affetta da malattia renale cronica, questa condizione rappresenta una delle principali sfide per la sanità pubblica.

La riclassificazione delle gliflozine dalla fascia A-PHT alla fascia A, e il loro arrivo in farmacia, hanno riscontrato pareri positivi, sono numerosi i protagonisti della sanità che applaudono.

Per gli specialisti il provvedimento di AIFA implica una riduzione significativa degli adempimenti burocratici, poiché l’eliminazione del piano terapeutico consente di recuperare tempo prezioso da dedicare alla pratica clinica. Questo significa, parallelamente, promuovere l’ottimizzazione dell’attività ambulatoriale. L’alleggerimento delle pratiche amministrative favorirà una gestione più fluida dei pazienti e contribuirà a ridurre le liste d’attesa.

«Il provvedimento adottato da AIFA – spiega Luca De Nicola, presidente della Società Italiana di Nefrologia (SIN) e Professore Ordinario dell’Università Vanvitelli di Napoli – rappresenta una svolta concreta e attesa da tempo che la SIN ha contribuito a promuovere in maniera significativa. È una misura che va nella direzione di una medicina più vicina al paziente, più agile per i professionisti e più efficace nel contrastare la progressione della MRC. Snellire le procedure burocratiche – mantenendo sicurezza e appropriatezza – significa dare più spazio alla cura e alla relazione clinica, ridurre i tempi di accesso e favorire l’equità delle cure su tutto il territorio nazionale».

Per i pazienti, la novità si traduce in iter di cura più snelli. La possibilità di reperire i farmaci presso le farmacie territoriali con la sola ricetta del medico curante o dello specialista consentirà di ridurre il numero di visite non necessarie e i tempi di attesa, tutto questo favorirà una maggiore aderenza terapeutica.

La riclassificazione rafforza, inoltre, la continuità assistenziale e promuove una medicina territoriale più integrata. Infatti, i medici di medicina generale avranno un ruolo centrale: grazie alla possibilità di utilizzare la ricetta ripetibile, potranno gestire in autonomia una parte significativa del percorso terapeutico dei pazienti.

Come auspicato dalla SIN, affinché il beneficio di questa semplificazione normativa si traduca subito in vantaggi concreti, è necessario procedere con urgenza al recepimento formale del provvedimento.

«Affinché la riforma abbia un impatto uniforme e capillare su tutto il territorio nazionale – avverte Luca De Nicola – è fondamentale che le Regioni recepiscano tempestivamente le nuove disposizioni AIFA, così da dare una svolta positiva ai percorsi assistenziali. L’adozione pratica delle nuove modalità prescrittive inclusa la dispensazione in farmacia delle gliflozine in fascia A dovrà infatti essere accompagnata da indicazioni operative chiare e coerenti a livello regionale, così da evitare difformità applicative che rischierebbero di compromettere l’equità dell’accesso alle cure».

Attività fisica: strategie per la corretta adozione e persistenza

L’attività fisica svolge un ruolo fondamentale nella prevenzione e nella gestione dell’obesità. L’obesità è il risultato di uno squilibrio tra l’energia introdotta con l’alimentazione e quella consumata, portando a un accumulo eccessivo di grasso corporeo. L’esercizio fisico aiuta a bilanciare questo rapporto aumentando il dispendio energetico e i relativi parametri metabolici e migliorando la composizione corporea.

I benefici dell’attività fisica per chi soffre di obesità sono quindi legati all’aumento del dispendio energetico, al miglioramento del metabolismo e della sensibilità insulinica, alla riduzione del grasso viscerale e alla riduzione dello stress mentale.

L’attività fisica abbassa il rischio di ipertensione, ipercolesterolemia e malattie cardiovascolari, migliora la mobilità e attenua il dolore articolare. Specialmente nelle persone con obesità, il rafforzamento muscolare aiuta a ridurre il carico sulle articolazioni e previene la sarcopenia a volte presente nella persona con obesità.

Il dott. Rodolfo Galimberti, chinesiologo, suggerisce quale attività fisica può consigliare il farmacista ai suoi clienti/pazienti:                                                                                                                       

  • Per bambini e adolescenti, l’OMS ci indica che dovrebbero fare almeno 60 minuti al giorno di attività da moderata a vigorosa ed esercizi muscolo-scheletrici tre volte alla settimana. Quindi oltre ad un eventuale sport specifico, è importante soprattutto che ci sia tempo dedicato al gioco possibilmente all’aperto dove i bimbi possano correre e saltare. Si consiglia di ridurre sensibilmente l’utilizzo di strumenti tecnologici per l’intrattenimento perché associati spesso ad attività sedentarie.    
  • Per adulti ed anziani over 65 si consigliano tra i 150 e i 300 minuti settimanali di attività moderata oppure tra i 75 e i 150 minuti di attività vigorosa o una combinazione di tali attività. Inoltre è importante fare 2 sessioni settimanali di esercizi di rinforzo muscolare per preservare la massa magra. Sopra i 65 anni di età è importante combinare attività aerobica, rafforzamento muscolare e allenamento dell’equilibrio almeno 3 volte a settimana al fine di prevenire infortuni e cadute.

Se il cliente/paziente comunica di avere deficit motori o problematiche nella deambulazione, il farmacista deve consigliare di rivolgersi ad un fisioterapista, oggi parte integrante della farmacia dei servizi, per valutare un programma adattato alla persona.

Infine, per garantire comfort, prevenire infortuni e ottimizzare i benefici dell’attività fisica è importante prestare anche attenzione e non sottovalutare la scelta di calze e calzature appropriate.

È quindi importante che il farmacista, come promotore di salute e benessere, consigli l’attività fisica come strumento chiave per contrastare l’obesità e migliorare la salute generale. 

Progetto realizzato grazie al contributo non condizionante di:

 

  

Fondazione Francesco Cannavò: Luigi D’Ambrosio Lettieri si conferma alla guida

Luigi D’Ambrosio Lettieri, vicepresidente della FOFI, è stato riconfermato alla guida della Fondazione Francesco Cannavò.

Il presidente ha rinnovato il proprio impegno con una visione proiettata verso il futuro della professione farmaceutica e della formazione continua.

«La riconferma alla Presidenza della Fondazione – ha dichiarato D’Ambrosio Lettieri – rappresenta un onore e una responsabilità che accolgo con profonda consapevolezza. La nostra azione sarà ispirata da un rinnovato slancio, in piena coerenza con gli atti di indirizzo della Fofi, con i bisogni formativi dell’intera comunità professionale, con i nuovi compiti affidati dal legislatore e con i nuovi curricula universitari. La Fondazione si conferma presidio culturale e istituzionale al servizio dei farmacisti italiani, con l’obiettivo di offrire strumenti di aggiornamento professionale di alto livello, funzionali all’assolvimento dell’obbligo ECM, ma anche alla valorizzazione di un ruolo sempre più strategico del farmacista nella sanità».

D’Ambrosio Lettieri ha annunciato che all’interno della nuova programmazione, un’attenzione particolare sarà dedicata all’utilizzo di tecnologie avanzate e dell’intelligenza artificiale «per esplorare modalità innovative di erogazione della formazione, anche nella prospettiva di una auspicata riforma del “sistema ECM”».

Inoltre, ha sottolineato che l’obiettivo per il prossimo futuro è quello di fornire ai farmacisti che operano nei diversi contesti esperienze formative personalizzate.

«Rafforzeremo – ha aggiunto D’Ambrosio Lettieri – il legame con le università, le istituzioni, le società scientifiche, gli Ordini delle altre professioni sanitarie, le associazioni di categoria, contribuendo alla crescita di un farmacista protagonista attivo della sanità in una logica di sviluppo delle sinergie interprofessionali».

Il rinnovato consiglio di amministrazione è così composto:

  • presidente: Luigi D’Ambrosio Lettieri,
  • vicepresidente: Alberto Melloncelli,
  • segretario: Davide Petrosillo,
  • Andrea Mandelli,
  • Giovanni Zorgno,
  • coordinatore del comitato scientifico: Marcella Marletta,
  • vice coordinatore del comitato scientifico: Isidoro Tortorici.

Efficacia, sicurezza, qualità e vigilanza

Colleghi e amici che mi conoscono, ben ricordano la mia doppia vita professionale conseguente al  percorso di studi: l’esercizio professionale esclusivo di medico chirurgo e di specialista pediatra dal 1991 al 2002 e quello esclusivo di farmacista territoriale una volta conseguita la seconda laurea in farmacia e l’abilitazione dal 2002, con rinuncia all’attività incompatibile per norma, di quella di medico.

Nel 1991, con l’abilitazione all’esercizio della professione di medico chirurgo presso l’Università degli Studi di Milano, mi erano ben chiari il significato e valore dei concetti di efficacia (farmacologica e terapeutica) e sicurezza (safety) dei farmaci; del tutto sconosciuto, invece, quello di qualità, come pure gran parte della legislazione farmaceutiche che, oggi posso affermarlo senza tema di smentita, è purtroppo carente nel percorso di studi della facoltà di Medicina e Chirurgia.

Solamente dopo il conseguimento della laurea in Farmacia e abilitazione all’esercizio della professione di farmacista sempre presso l’Università degli Studi di Milano, ho invece potuto interiorizzare l’importanza ancor più estesa della sicurezza del medicinale, che mai può prescindere dalla sua qualità.

Nei cicli produttivi, distributivi e di dispensazione del medicinale, quanto rilevante sia la necessità delle valutazioni costanti di efficacia, sicurezza, qualità nei diversi ambiti in cui esse entrano in gioco. Valutazioni pre-cliniche, cliniche e post necessarie per valutare il rischio/beneficio del medicinale, sia prima della commercializzazione che a maggior ragione dopo l’autorizzazione all’immissione in commercio, in modo che tale rapporto si mantenga favorevole nel tempo.

Sul tema della vigilanza all’atto di dispensazione, da qualche tempo a questa parte, i segnali di allerta e criticità si stanno ulteriormente amplificando. Infatti, se da un lato tecnologia e informatizzazione semplificano e velocizzano i diversi processi di dispensazione (es. ricetta dematerializzata per uso umano e veterinario), con beneficio in termini di performance professionali del farmacista ed ancor più di facilitata accessibilità alla terapia da parte dei pazienti e caregivers; dall’altro, sempre la tecnologia informatica e l’uso mal orientato dalla stessa, si sta manifestando come preoccupante “punta dell’iceberg”, nell’universo della contraffazione delle prescrizioni, come le cronache recenti raccontano.

Ancora di più che in passato, farmacovigilanza e professionalità si devono sempre più coniugare per rafforzare l’attività di monitoraggio quotidiano. Tra gli obiettivi portanti delle nostre giornate: orientare e proteggere il paziente, valorizzare il prodotto medicinale (“strumento” di cura e mai bene di consumo) e considerare il ruolo del professionista sanitario, e per qual che ci riguarda, proprio il farmacista territoriale incaricato di pubblico servizio, che all’atto ultimo della dispensazione, è protagonista per norma, con tutte le implicazioni di responsabilità professionale, deontologica, amministrativa ed individuale che ne conseguono.

Life Science Excellence Awards 2025: Guna tra i premiati

Guna spa è stata premiata ai Life Science Excellence Awards 2025, il più autorevole riconoscimento nel settore medico scientifico rispetto alle tematiche come tecnologie biomedicali, molecole, progetti di prevenzione, ricerca e advocacy più innovativi.

Guna ha vinto nella categoria “Best Scientific Collaboration Program” per il progetto formativo “Guna Injection Experience”.

«Questo premio – ha commentato Alessandro Pizzoccaro, presidente e fondatore di Guna – rappresenta un importante traguardo che conferma la qualità, l’impegno e la passione che ogni giorno mettiamo nel nostro lavoro. Si tratta di un riconoscimento che va a tutte le persone che hanno reso possibile questo successo. Continueremo tutti insieme a promuovere una medicina che curi rispettando la fisiologia dell’uomo».

Alessandro Pizzoccaro, presidente e fondatore di Guna

Il progetto

“Guna Injection Experience” è un percorso scientifico, itinerante e multidisciplinare che ha l’obiettivo di fornire una formazione avanzata ai medici specialisti su tecniche infiltrative intra ed extra-articolari, utilizzando dispositivi medici di classe III a base di collagene ad azione riparativa e rigenerativa.

Il progetto è stato ideato e sviluppato dalla Business Unit Medical Devices dell’azienda e il target di riferimento comprende, tra gli altri, fisiatri, ortopedici, terapisti del dolore, radiologi interventisti, reumatologi e medici dello sport.

Il percorso formativo è articolato in corsi della durata di 5 ore che si svolgono in strutture di eccellenza tra cui: IRCCS Humanitas Research Hospital Milano; Ospedale Niguarda Milano; Paideia International Hospital Roma; Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna; Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova; Università Magna Grecia Catanzaro e Policlinico di Bari.

A partire dal mese di settembre, il progetto parteciperà a una grande campagna di comunicazione prevista tra le finalità del premio, in cui potrà essere votato come il Best of The Year da medici e farmacisti appartenenti alla community di Welfare Link.

Il progetto sta riscuotendo ottimi risultati sia in termini qualitativi che quantitativi, coinvolgendo, dalla sua ideazione a oggi, più di 200 medici e ben 80 pazienti. Il successo è frutto della collaborazione di una faculty di professionisti specializzati in ortopedia/medicina fisica e riabilitativa, quasi tutti facenti parte della Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitativa (SIMFER), e all’attenzione verso la formazione teorico-pratica.