Luigi D’Ambrosio Lettieri, vicepresidente Fofi, è stato riconfermato alla guida della Fondazione Francesco Cannavò.
Il presidente ha rinnovato il suo impegno con una visione proiettata verso il futuro della professione farmaceutica e della formazione continua.
«La riconferma alla Presidenza della Fondazione – ha dichiarato D’Ambrosio Lettieri – rappresenta un onore e una responsabilità che accolgo con profonda consapevolezza. La nostra azione sarà ispirata da un rinnovato slancio, in piena coerenza con gli atti di indirizzo della Fofi, con i bisogni formativi dell’intera comunità professionale, con i nuovi compiti affidati dal legislatore e con i nuovi curricula universitari. La Fondazione si conferma presidio culturale e istituzionale al servizio dei farmacisti italiani, con l’obiettivo di offrire strumenti di aggiornamento professionale di alto livello, funzionali all’assolvimento dell’obbligo ECM, ma anche alla valorizzazione di un ruolo sempre più strategico del farmacista nella sanità».
D’Ambrosio Lettieri ha annunciato che all’interno della nuova programmazione, un’attenzione particolare sarà dedicata all’utilizzo di tecnologie avanzate e dell’intelligenza artificiale «per esplorare modalità innovative di erogazione della formazione, anche nella prospettiva di una auspicata riforma del “sistema ECM”».
Inoltre, ha sottolineato che l’obiettivo per il prossimo futuro è quello di fornire ai farmacisti che operano nei diversi contesti esperienze formative personalizzate.
«Rafforzeremo – ha aggiunto D’Ambrosio Lettieri – il legame con le università, le istituzioni, le società scientifiche, gli Ordini delle altre professioni sanitarie, le associazioni di categoria, contribuendo allacrescita di un farmacista protagonista attivo della sanità in una logica di sviluppo delle sinergie interprofessionali».
Il rinnovato consiglio di amministrazione è così composto:
presidente: Luigi D’Ambrosio Lettieri,
vicepresidente: Alberto Melloncelli,
segretario: Davide Petrosillo,
Andrea Mandelli,
Giovanni Zorgno,
coordinatore del comitato scientifico: Marcella Marletta,
vice coordinatore del comitato scientifico: Isidoro Tortorici.
Colleghi e amici che mi conoscono, ben ricordano la mia doppia vita professionale conseguente al percorso di studi: l’esercizio professionale esclusivo di medico chirurgo e di specialista pediatra dal 1991 al 2002 e quello esclusivo di farmacista territoriale una volta conseguita la seconda laurea in farmacia e l’abilitazione dal 2002, con rinuncia all’attività incompatibile per norma, di quella di medico.
Nel 1991, con l’abilitazione all’esercizio della professione di medico chirurgo presso l’Università degli Studi di Milano, mi erano ben chiari il significato e valore dei concetti di efficacia (farmacologica e terapeutica) e sicurezza (safety) dei farmaci; del tutto sconosciuto, invece, quello di qualità, come pure gran parte della legislazione farmaceutiche che, oggi posso affermarlo senza tema di smentita, è purtroppo carente nel percorso di studi della facoltà di Medicina e Chirurgia.
Solamente dopo il conseguimento della laurea in Farmacia e abilitazione all’esercizio della professione di farmacista sempre presso l’Università degli Studi di Milano, ho invece potuto interiorizzare l’importanza ancor più estesa della sicurezza del medicinale, che mai può prescindere dalla sua qualità.
Nei cicli produttivi, distributivi e di dispensazione del medicinale, quanto rilevante sia la necessità delle valutazioni costanti di efficacia, sicurezza, qualità nei diversi ambiti in cui esse entrano in gioco. Valutazioni pre-cliniche, cliniche e post necessarie per valutare il rischio/beneficio del medicinale, sia prima della commercializzazione che a maggior ragione dopo l’autorizzazione all’immissione in commercio, in modo che tale rapporto si mantenga favorevole nel tempo.
Sul tema della vigilanza all’atto di dispensazione, da qualche tempo a questa parte, i segnali di allerta e criticità si stanno ulteriormente amplificando. Infatti, se da un lato tecnologia e informatizzazione semplificano e velocizzano i diversi processi di dispensazione (es. ricetta dematerializzata per uso umano e veterinario), con beneficio in termini di performance professionali del farmacista ed ancor più di facilitata accessibilità alla terapia da parte dei pazienti e caregivers; dall’altro, sempre la tecnologia informatica e l’uso mal orientato dalla stessa, si sta manifestando come preoccupante “punta dell’iceberg”, nell’universo della contraffazione delle prescrizioni, come le cronache recenti raccontano.
Ancora di più che in passato, farmacovigilanza e professionalità si devono sempre più coniugare per rafforzare l’attività di monitoraggio quotidiano. Tra gli obiettivi portanti delle nostre giornate: orientare e proteggere il paziente, valorizzare il prodotto medicinale (“strumento” di cura e mai bene di consumo) e considerare il ruolo del professionista sanitario, e per qual che ci riguarda, proprio il farmacista territoriale incaricato di pubblico servizio, che all’atto ultimo della dispensazione, è protagonista per norma, con tutte le implicazioni di responsabilità professionale, deontologica, amministrativa ed individuale che ne conseguono.
Guna spa è stata premiata ai Life Science Excellence Awards 2025, il più autorevole riconoscimento nel settore medico scientifico rispetto alle tematiche come tecnologie biomedicali, molecole, progetti di prevenzione, ricerca e advocacy più innovativi.
Guna ha vinto nella categoria “Best Scientific Collaboration Program” per il progetto formativo “Guna Injection Experience”.
«Questo premio – ha commentato Alessandro Pizzoccaro, presidente e fondatore di Guna – rappresenta un importante traguardo che conferma la qualità, l’impegno e la passione che ogni giorno mettiamo nel nostro lavoro. Si tratta di un riconoscimento che va a tutte le persone che hanno reso possibile questo successo. Continueremo tutti insieme a promuovere una medicina che curi rispettando la fisiologia dell’uomo».
Alessandro Pizzoccaro, presidente e fondatore di Guna
Il progetto
“Guna Injection Experience” è un percorso scientifico, itinerante e multidisciplinare che ha l’obiettivo di fornire una formazione avanzata ai medici specialisti su tecniche infiltrative intra ed extra-articolari, utilizzando dispositivi medici di classe III a base di collagene ad azione riparativa e rigenerativa.
Il progetto è stato ideato e sviluppato dalla Business Unit Medical Devices dell’azienda e il target di riferimento comprende, tra gli altri, fisiatri, ortopedici, terapisti del dolore, radiologi interventisti, reumatologi e medici dello sport.
Il percorso formativo è articolato in corsi della durata di 5 ore che si svolgono in strutture di eccellenza tra cui: IRCCS Humanitas Research Hospital Milano; Ospedale Niguarda Milano; Paideia International Hospital Roma; Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna; Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova; Università Magna Grecia Catanzaro e Policlinico di Bari.
A partire dal mese di settembre, il progetto parteciperà a una grande campagna di comunicazione prevista tra le finalità del premio, in cui potrà essere votato come il Best of The Year da medici e farmacisti appartenenti alla community di Welfare Link.
Il progetto sta riscuotendo ottimi risultati sia in termini qualitativi che quantitativi, coinvolgendo, dalla sua ideazione a oggi, più di 200 medici e ben 80 pazienti. Il successo è frutto della collaborazione di una faculty di professionisti specializzati in ortopedia/medicina fisica e riabilitativa, quasi tutti facenti parte della Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitativa (SIMFER), e all’attenzione verso la formazione teorico-pratica.
La carenza di un farmaco si determina quando l’azienda titolare dell’Autorizzazione all’immissione in commercio – Aic, di un determinato medicinale non può assicurarne la fornitura, con la conseguente irreperibilità dello stesso sull’intero territorio nazionale.
Il problema può avere carattere temporaneo o permanente e può essere ricondotto a diverse criticità in capo al titolare dell’Aic – dall’irreperibilità del principio attivo a problematiche connesse a produzione, problemi di carattere regolatorio, scelte commerciali dello stesso titolare Aic – ma anche a fenomeni imprevedibili come un’emergenza sanitaria, l’improvviso aumento delle richieste o criticità di carattere geopolitico.
Il fenomeno delle carenze rappresenta un problema sanitario estremamente delicato e rilevante, in particolare per pazienti con patologie croniche, che ha subito un’impennata a livello globale negli ultimi anni, rischiando di compromettere la continuità terapeuticadi molti pazienti.
Gli strumenti messi in campo in Italia per contrastare le carenze
A livello nazionale, il Decreto Legislativo n.219/2006 stabilisce l’obbligo, per i titolari di Aic, di comunicare tempestivamente qualsivoglia carenza, indisponibilità o cessazione della commercializzazione, sia essa temporanea o permanente.
Tuttavia, alla luce dello scenario in atto, l’Agenzia italiana del Farmaco – AIFA, ha previsto l’autorizzazione all’importazione di farmaci analoghi dall’estero per tamponare temporaneamente l’irreperibilità dei medicinali sul territorio nazionale.
Il progetto sperimentale della regione Marche
Lo scorso 10 luglio la Giunta regionale delle Marche ha approvato la delibera di giunta dell’8 luglio n. 1034 relativa ad un progetto sperimentale per la gestione centralizzata dei farmaci carenti, con l’obiettivo di garantire una risposta efficiente e tempestiva su tutto il territorio regionale.
Centralizzare tutte le fasi del processo
Il progetto prevede difatti una centralizzazione di tutte le fasi del processo attraverso l’istituzione di un canale unico a livello regionale per la richiesta, l’approvvigionamento e la distribuzione dei farmaci importati.
In questo modo, sarà possibile assicurare equità nell’erogazione su tutto il territorio marchigiano riducendo al contempo i tempi di attesa per la fornitura e i costi a carico del SSN relativamente all’importazione e al prezzo di acquisto.
Rafforzare l’equità nell’accesso ai farmaci sul territorio
L’iniziativa «rientra nell’impegno della Giunta volto a garantire ai cittadini il diritto alla salute e alla cura, anche tramite il rafforzamento dell’equità nell’accesso ai farmaci sul territorio regionale, pur in situazioni di emergenza o scarsità. Poniamo un ulteriore tassello nel percorso di ammodernamento della sanità e di potenziamento dei servizi a beneficio dei cittadini» ha dichiarato in una nota Filippo Saltamartini, Vicepresidente e Assessore alla Sanità delle Marche.
La Commissione Nazionale per la Formazione Continua, nella riunione del 3 luglio 2025, ha approvato la delibera per il recupero del debito formativo 2020/2022 e in materia di crediti compensativi relativi ai trienni 2014/2016, 2017/2019 e 2020/2022.
La volontà è quella di dare una grande possibilità, senza fare sconti, a chi vuole mettersi in regola acquisendo tutti i crediti mancanti per i trienni passati, un’occasione che però è unica e come tale va percepita.
Pierpaolo Pateri, neo eletto vicepresidente Cogeaps, membro della Commissione ECM ed ex tesoriere Fnopi ha commentato così, in una recente intervista l’approvazione della recente delibera da parte della Commissione Nazionale per la Formazione Continua che assicura ai professionisti sanitari più tempo per recuperare i crediti dei trienni passati, l’attivazione del sistema dei crediti compensativi e una premialità confermata per i più virtuosi.
Pateri ha poi spiegato che con la promozione della delibera, la Commissione prende una decisione verso la messa in sicurezza di tutto il sistema ECM. I numeri dei professionisti ancora non certificabili relativi ai trienni passati sono alti e per questo sono state create le condizioni migliori per permettere loro di mettersi finalmente in regola.
Ovviamente, ha proseguito, provvedimenti simili non possono e non devono diventare routine. Si tratta comunque di un segnale forte, anche alla luce del fatto che la delibera è stata approvata all’unanimità da tutti i rappresentanti delle professioni.
Ora saranno Federazioni e Ordini a prendere in mano, con comunicazioni scritte e ad personam, le situazioni degli iscritti più al limite.
Confermata la scadenza a fine 2025
La prima misura (Art. 1) riguarda la possibilità di acquisire crediti ECM per il triennio 2020-2022 fino al 31 dicembre 2025. Una finestra ampia, che recepisce quanto previsto nel Decreto Milleproroghe, pensata per permettere ai professionisti di recuperare eventuali crediti mancanti.
La flessibilità si estende anche all’attribuzione di tali crediti con la possibilità di spostamento consentita fino al 30 giugno 2026.
Crediti compensativi
La delibera regolamenta anche l’acquisizione dei “crediti compensativi”, ossia di quei crediti utili al soddisfacimento dell’obbligo formativo, eccedenti l’obbligo formativo individuale e finalizzati alla compensazione del debito formativo relativo al singolo triennio.
Come specificato all’Art. 2, la certificazione dei trienni 2014/2016, 2017/2019 e 2020/2022 sarà possibile, anche per chi presenta un debito formativo, ma è “subordinata al conseguimento di un numero di crediti compensativi, pari alla totalità del debito individuale relativo ai trienni sopraindicati, nelle modalità previste dalla vigente normativa”. Tali crediti potranno essere conseguiti fino al 31/12/2028.
Eventuali crediti in eccedenza maturati tra i trienni 2014-2016, 2017-2019 e 2020-2022, 2023-2025 e 2026-2028 saranno utilizzati dagli Ordini, “per il tramite della piattaforma Cogeaps, per compensare in tutto o in parte il debito formativo nei trienni 2014-2016, 2017-2019 e 2020-2022”.
Premialità: bonus per i professionisti sempre in regola
L’ultimo capitolo (Art. 3) riguarda la premialità a favore dei professionisti in regola con tutti i trienni precedenti al 2023-2025.
In particolare, chi risulta certificabile per il triennio 2014/2016, 2017/2019 e 2020/2022 riceverà 20 crediti bonus da attribuire al triennio formativo 2023-2025 e ulteriori 20 crediti da imputarsi al triennio 2026-2028.
La premialità sarà modulata in base alla data di inizio dell’obbligo formativo: per i professionisti il cui obbligo formativo abbia decorrenza a partire dal triennio 2017/2019, il bonus, da imputare al triennio 2023/2025 e 2026/2028, sarà quantificato in 15 crediti per ciascun triennio; per quelli il cui obbligo formativo abbia decorrenza a partire dal triennio 2020/2022 il bonus, da imputare al triennio 2023/2025 e 2026/2028, sarà quantificato in 10 crediti per ciascun triennio.
Il bonus sarà attribuito automaticamente ai professionisti sanitari aventi diritto e visualizzabile direttamente sulla pagina personale del professionista all’interno del portale Cogeaps.
Restano fermi gli ulteriori bonus già previsti dalla vigente normativa e da quanto statuito dalla Commissione Nazionale per la Formazione Continua.
«La crisi sanitaria del Covid ha fatto emergere tutto il potenziale logistico delle farmacie. Da allora non è più stato possibile trascurare o tergiversare sulla necessità di una loro maggiore integrazione nel sistema sanitario territoriale, peraltro da riformare sostanzialmente», questo il commento a caldo del presidente di Assofarm Luca Pieri alla presentazione del Rapporto “La nuova farmacia pilastro del SSN. Prospettive ed opportunità”, realizzato dal Censis con il supporto di Federfarma su un campione di più di mille adulti dai diciotto anni in su.
«I dati confermano l’urgenza di investire nella farmacia come fulcro della sanità territoriale – ha aggiunto Luca Pieri – Non si tratta solo di una percezione, ma di una realtà che si concretizza in casi di successo quotidiani. Penso alla Farmacia Comunale di Montefiore dell’Aso, un piccolo comune di 1.930 abitanti in provincia di Ascoli Piceno, che durante la pandemia ha inoculato ben 1.127 vaccini Covid. Questo è un piccolo grande esempio di come la farmacia, anche nei contesti più difficili, sia in grado di fare la differenza per la salute e il benessere della comunità e per la sostenibilità sociale ed ambientale».
Luca Pieri, presidente di Assofarm
Da sempre punto di riferimento sanitario essenziale per i cittadini, le farmacie durante la pandemia hanno mostrato infatti capacità di azione e innovazione, costituendo un presidio sanitario strategico sul territorio, in grado di fornire servizi sanitari essenziali per la diagnosi del Covid-19 e la sua prevenzione. Erano già da tempo andate ben oltre la dispensazione del farmaco, ma un’importante estensione delle attività e delle prestazioni disponibili, come i test e le vaccinazioni, è legata ai provvedimenti decisi proprio a seguito della pandemia.
Molte delle attività connesse al nuovo ruolo sono oggetto della Sperimentazione della Farmacia dei Servizi in atto nelle regioni.
Sono almeno tre gli elementi significativi emersi dalla ricerca:
un’altissima fiducia goduta tra i cittadini
il riconoscimento della capillarità
la caratteristica facilitàdiaccesso.
Il dato sulla frequenza di utilizzo conferma la fondamentale funzione di presidio di riferimento nel campo della salute attribuito alla farmacia: la metà degli italiani (50,1%) vi si reca una volta al mese e il 41,8% degli over 64 una volta a settimana, così come il 50,6% di coloro che hanno uno stato di salute insoddisfacente.
I numeri mettono in luce anche la tendenza alla fidelizzazione nei confronti di un’unica farmacia, con il 60,0% che afferma di averne una di fiducia a cui si rivolge sempre, indipendentemente da una specificità di offerta nei servizi o nei prezzi.
Più di un semplice presidio sul territorio
Prevale la concezione della farmacia come presidio di assistenza sanitaria sul territorio, convenzionato con il SSN e che fa parte del servizio pubblico (53,6%). L’ampio riconoscimento della rilevanza del contributo fornito dalle farmacie durante la pandemia per l’attività di screening con l’effettuazione dei tamponi (55,8%) è confermata pure dai più giovani (61,3%) che, grazie a tali prestazioni, stanno acquisendo una maggiore familiarità con la farmacia, apprezzandone il ruolo di presidio pubblico.
D’altra parte, il 46,4%, una porzione minoritaria ma non irrilevante, considera la farmacia un luogo di dispensazionedifarmaci e altri prodotti per il benessere, una realtà consolidata capace di rispondere al crescente interesse degli italiani per una nuova dimensione della salute.
La frequentazione della farmacia si allarga non solo tra i più giovani, bensì perfino tra chi si dichiara in buona salute, segno che è ormai percepita come punto di riferimento da tutti, non solo per le patologie ed i piccoli disturbi, ma anche per la promozione della salute e del benessere.
Piena considerazione per il ruolo sociale della farmacia
L’idea che le farmacie operino per la tutela dei cittadini appare prevalente ed un’enfasi peculiare è posta proprio sulla possibilità di garantire assistenza e supporto alla parte più fragile della popolazione.
Il servizio offerto in tal senso è ritenuto utile ed irrinunciabile dal 92,6% degli intervistati e il 92,2% riconosce il sostegno importante per anziani e malati cronici. Un elemento evidenziato è quello della prossimità, che ne fa una colonna portante per la salute disponibile e facilmente accessibile: c’è sempre una farmacia vicina e aperta (90%). Per queste ragioni, la quasi totalità degli intervistati (95,2%) ne valuta positivamente il ruolo attuale.
Le aspettative di nuovi servizi
Gli intervistati vorrebbero che nella propria farmacia di riferimento fosse resa fruibile una grande varietà di servizi: dal recapito a domicilio dei farmaci per persone fragili (82,7%), alla distribuzione dei medicinali e dei presidi per conto della Asl (76,4%), dalla disponibilità di test per la misurazione di colesterolo, glicemia, ecc. (73,3%) ad uno sportello per la prenotazione di visite ed esami (72,3%).
Non appaiono particolarmente informati sulla Sperimentazione della Farmacia dei Servizi, in atto in diverse regioni (solo il 31,1% ne è a conoscenza), ma quasi due terzi (68,9%) degli intervistati segnalano, come già presente nella farmacia abituale, almeno una prestazione prevista nella Sperimentazione.
E se non molti dichiarano di averne usufruito, sono decisamente più alte, invece, le percentuali di chi vorrebbe poter disporre di questa nuova gamma di servizi: in primis screening di prevenzione dell’ipertensione o del diabete (82,1%), dispensazione dei farmaci e dei dispositivi medici ai pazienti in assistenza domiciliare, residenziale e semiresidenziale (81,7%); possibilità di effettuare la scelta del medico di medicina generale e del pediatra di libera scelta (79,6%), presenza di infermieri per medicazioni e/o altre attività (77,5%) e somministrazione ai maggiori di 12 anni di altri vaccini (non più solo quelli contro il Covid e l’antinfluenzale) (62,2%).
Si attesta al 92,5% la quota di chi si manifesta molto e abbastanza favorevole all’ampliamento delle prestazioni in farmacia e, nella valutazione dei vantaggi, appare di gran lunga prevalente quello del potenziamento dell’accessibilità dei servizi sanitari previsti, garantita dalla capillare distribuzione sul territorio e dalla costante presenza di una farmacia di turno (49,5%).
La criticità più segnalata è relativa ad un aspetto concreto, ossia al fatto che non tutte le farmacie sono attrezzate o si possono attrezzare per garantire queste prestazioni (39,4%), mettendo tra l’altro in luce il rischio del mantenimento di significative differenziazioni territoriali nell’accesso ai servizi da parte del cittadino.
Un’evoluzione continua
La farmacia è sempre più vista come un attore cruciale nel sistema di welfare, preziosa nell’intercettare i bisogni emergenti e nel contribuire alla riduzione delle disuguaglianze in salute.
«Favorevoli nella stragrande maggioranza alla presenza di nuovi servizi, il 76,1% degli intervistati vede positivamente anche un ampliamento del ruolo della farmacia, chiamata a diventare un presidio importante della medicina territoriale, soprattutto grazie alle sue caratteristiche peculiari di accessibilità e prossimità – ha affermato Ketty Vaccaro, Responsabile Ricerca Biomedica e Salute del Censis – Qualcuno teme però che non tutte siano in grado di farlo, con il rischio di mantenere le profonde differenze di offerta sul territorio. Si tratta di una sfida importante per la farmacia, proprio per continuare a garantire la funzione di presidio pubblico per la salute che i cittadini gli riconoscono ma anche di punto di riferimento per il perseguimento del benessere complessivo, in linea con la nuova concezione della salute degli italiani».
Lo scorso 8 luglio, alla presenza del Ministro della Salute Orazio Schillaci, si è insediato il nuovo Consiglio Superiore di Sanità che resterà in carica per il triennio 2025-2028.
Il Consiglio Superiore di Sanità, che rappresenta il massimo organo tecnico-consultivo del Ministero della Salute e si compone di membri di diritto oltre che di 30 membri non di diritto di nomina ministeriale, sarà presieduto da Alberto Siracusano; al suo fianco, nel ruolo di vicepresidenti, Annamaria Colao e Alberto Mantovani.
Il Consiglio Superiore di Sanità, un punto di riferimento per l’intero sistema sanitario
«Il Css rappresenta un pilastro della sanità italiana e un riferimento per tutto il sistema sanitario. L’attuale Consiglio ne è una conferma e garantisce elevati profili scientifici e professionali» ha sottolineato il Ministro Schillaci nell’apertura della seduta di insediamento.
Nel corso del proprio intervento, il Ministro ha quindi ricordato il ruolo chiave dell’organismo per la formulazione di pareri in aree della sanità di grande impatto sulla salute e sulla vita dei cittadini, anticipando di provvedere alla predisposizione di un elenco di esperti per le aree tematiche non rappresentate dal Consiglio.
Fornire un contributo alla salute in ottica One Health
Nel ringraziare l’assemblea per l’incarico assegnato, Alberto Siracusano, psicoanalista, dal 2018 Direttore del Dipartimento Clinico “Benessere della Salute Mentale e Neurologica, Dentale e degli Organi Sensoriali” del Policlinico Tor Vergata, si è così espresso: «Con il supporto prezioso dei vicepresidenti, lavoreremo insieme al Consiglio per dare il nostro contributo a tutela della salute pubblica, in un’ottica One Health, anche con un’attenzione alla salute mentale» rimarcando che la salute non va intesa solo come prevenzione delle malattie ma come equilibrio e benessere: fisico, psichico e sociale.
I costi relativi a un paziente cronico hanno un impatto crescente sul Sistema Sanitario Nazionale. La spesa sanitaria di questi pazienti può essere fino a 21 volte superiore rispetto a quella sostenuta per un paziente non affetto da cronicità. Inoltre, nel caso in cui il paziente sia un soggetto poli-patologico più grave il rapporto può essere addirittura superiore.
Il dato è significativo. In Lombardia, per esempio, i pazienti cronici rappresentano mediamente il 30% della popolazione, e assorbono oltre il 70% della spesa sanitaria.
Le statistiche sono state presentate in occasione del IV Symposium Medicina dei Sistemi dal titolo: “Medicina dei Sistemi. Il paziente fragile tra overtreatment e deprescrizione”, evento realizzato con il sostegno non condizionante di Guna, da Giorgio Lorenzo Colombo, del Centro di Economia e valutazione del Farmaco e delle tecnologie sanitarie (CEFAT) del Dipartimento di Scienze del farmaco dell’Università degli Studi di Pavia.
La relazione è basata sui risultati di diversi studi clinici e statistici, italiani e internazionali.
«Nella mia relazione – ha spiegato Giorgio Lorenzo Colombo – ho evidenziato come, nelle prime due decadi degli anni Duemila, la spesa per la cronicità abbia registrato un balzo allarmante e un incremento progressivo, arrivando quasi a raddoppiare nel decennio tra il 2005 e il 2015. Questo, dunque, per chi si occupa di osservare la sostenibilità del nostro modello di welfare anche da un punto di vista socioeconomico, è un dato che deve preoccupare in considerazione del progressivo invecchiamento della popolazione italiana. Se consideriamo che un italiano incide, mediamente, sul Sistema sanitario nazionale per circa 2 mila euro, nel caso di un paziente cronico con quattro patologie, che non è una particolare rarità se pensiamo, per esempio, ai diabetici, questa cifra può arrivare fino a 42 mila euro e oltre. La gestione del paziente cronico non può, però, essere valutata esclusivamente dal punto di vista clinico, ma deve essere fatta anche a livello epidemiologico, gestionale e organizzativo: in Italia, rispetto a Paesi dal medesimo livello di sviluppo, si arriva a intercettare la patologia con un ritardo di 3 o 4 anni, quando, spesso, è ormai arrivato il momento di iniziare le terapie».
L’intervento ha riguardato altri aspetti che gravano sul sistema sanitario tra cui, la scarsa aderenza terapeutica.
«Date le implicazioni cliniche ed economiche della mancata aderenza – ha spiegato Giorgio Lorenzo Colombo – risulta necessario trovare e applicare strategie funzionali al suo miglioramento. Sono molteplici gli studi che hanno valutato l’impatto di differenti strategie volte a migliorare l’aderenza alle terapie».
Colombo ha individuato quattro strategie per incentivare i pazienti verso un’assunzione consapevole dei medicinali: introdurre programmi di auto-monitoraggio e auto-gestione dei medicinali; fornire maggiori spiegazioni in merito all’utilità dei farmaci e ai danni della loro scorretta assunzione; coinvolgere in maniera diretta i farmacisti nella gestione dei farmaci; semplificare gli schemi terapeutici da adottare.
Un altro tema messo in evidenza è quello dell’eccessivo carico farmacologico (overtreatment) e del rischio correlato di interazioni farmacologiche, soprattutto nel soggetto fragile, multipatologico e politrattato.
Questo aspetto, insieme al massiccio ricorso a interventi diagnostici superflui, può contribuire al peggioramento dello stato di salute complessivo del paziente fragile e a un aumento della spesa per il SSN.
Una possibile soluzione può giungere dalla Medicina dei Sistemi e da un modello che preveda protocolli di deprescrizione guidata, in grado di ottimizzare la risposta clinica senza compromettere l’efficacia delle cure, con benefici anche per il SSN.
«Se vogliamo affrontare davvero la questione della sostenibilità del sistema sanitario – ha dichiarato Alessandro Pizzoccaro, presidente di Guna – dobbiamo ripensare l’approccio terapeutico, dando spazio anche a soluzioni che possano diminuire, dove necessario, il numero di farmaci al paziente politrattato. Basti pensare che, in Italia, tra gli over 65 che fanno uso di farmaci, la quota maggiore (28,5%) è rappresentata da coloro che assumono 10 o più medicinali, mentre meno del 10% rientra nella fascia di chi ne assume da 1 a 9».
Nonostante i passi avanti compiuti nel corso degli ultimi anni, per il riconoscimento dell’obesità come malattia, sia per combattere lo stigma sociale che accompagna questa patologia sia per favorire l’accesso a trattamenti mirati ed efficaci, la crescita esponenziale cui si assiste desta non poche preoccupazioni. Oggi il sovrappeso e l’obesità interessano 23,3 milioni di persone, in pratica oltre 1 italiano su 3.
Se questo incremento può essere attribuito in parte all’invecchiamento della popolazione, a destare allarme è la crescente diffusione del problema tra le giovani generazioni, in particolare tra le donne.
Stando ai dati dell’analisi condotta dall’Istat, che propone un confronto intergenerazionale, l’eccesso di peso nel target 20-24 anni è cresciuto di oltre una volta e mezzo tra i nati degli anni ’60 (13,4%) e quelli dei primi anni 2000 (21,6%).
Considerando solo le donne dello stesso target, la differenza risulta ancora più marcata: 9% contro 17,4%.
Il 7° Italian Barometer Obesity Forum
Sono questi alcuni dei dati Istat 2023 sull’epidemiologia dell’obesità, in Italia, presentati in occasione del 7° Italian Barometer Obesity Forum“Obesità in Italia 2025: Dati, Impatti e Prospettive politico, sanitarie e legislative di intervento”; un appuntamento annuale che, anche quest’anno, ha trovato spazio nella cornice della Sala Zuccari del Senato a Roma lo scorso 8 luglio, nel corso del quale istituzioni, esperti, società scientifiche e associazioni di pazienti si sono confrontati per definire le migliori strategie da mettere in campo per contrastare quella che può essere considerata, ormai, una vera e propria pandemia.
L’evento è stato realizzato su iniziativa della Senatrice Daniela Sbrollini, in collaborazione con gli intergruppi parlamentari: Obesità, diabete e malattie croniche non trasmissibili; Qualità di vita nelle città; Sanità digitale e terapie digitali; Prevenzione delle emergenze e l’assistenza sanitaria nelle aree interne, con l’Italian Barometer Diabetes Observatory (IBDO) Foundation, Istat, Coresearch, Crea Sanità, Bhave, Università di Roma Tor Vergata – Dipartimento di medicina dei servizi, le società scientifiche di area1, Italian Obesity Network, Open Italy, Amici Obesi e con il contributo non condizionato di Novo Nordisk nell’ambito del progetto internazionale Driving Change in Obesity.
Una malattia multifattoriale influenzata da abitudini scorrette
Nel corso dell’evento è stata ribadita l’origine multifattoriale della patologia nella quale gioca un ruolo determinante la genetica. Da non sottovalutare però le abitudini alimentari scorrette e la sedentarietà che, in particolare nelle ultime decadi, hanno preso il sopravvento, concorrendo ad un aumento della prevalenza della malattia.
Nell’ultimo ventennio si è registrato un incremento del 4% di persone in eccesso di peso, passate dal 42,6% del 2003 al 46,9% del 2024. Al netto della componente legata all’invecchiamento, l’incremento è stato dell’1%.
Discorso diverso va fatto per l’obesità che nel medesimo periodo ha registrato un’impennata del 30% (dal 9 all’11,8%). Anche riducendo la componente dell’invecchiamento si registra comunque un +21,5% «con un minore impatto dell’invecchiamento della popolazione sulla componente dell’obesità che, nel tempo, è aumentata in misura maggiore nelle età giovanili e adulte, sebbene le prevalenze restino più elevate nell’età anziana» ha sottolineato Roberta Crialesi, responsabile del Servizio Sistema integrato salute, assistenza e previdenza dell’Istat.
Quanto alle abitudini alimentari, un’analisi dell’Istat ha messo in evidenza un peggioramento intervenuto nel corso degli ultimi 30 anni: se nel 1994 il 94% della popolazione di oltre 10 anni di età consumava regolarmente frutta e verdura su base quotidiana, la percentuale nel 2024 risultava del 78,2%. E un trend analogo ha interessato l’attività fisica.
Ripartire dalla prevenzione
Il presidente di IBDO Foundation, Paolo Sbraccia, ha evidenziato che: «una delle caratteristiche più allarmanti dell’obesità è la sua associazione con complicanze che colpiscono quasi tutti gli organi e apparati, come diabete tipo 2, ipertensione, dislipidemia, apnea ostruttiva del sonno, osteoartrite, sindrome dell’ovaio policistico e malattie cardiovascolari, le quali rappresentano la principale causa di morte tra le persone con obesità, con un chiaro legame tra l’indice di massa corporea (BMI) e rischio di infarto del miocardio, ictus e scompenso cardiaco».
Per quanto si tratti di una malattia multifattoriale che richiede una presa in carico multidisciplinare e integrata e non di una responsabilità individuale, per la quale servono professionisti adeguatamente formati per riconoscerla e trattarla, un importante supporto può arrivare anche dalla prevenzione e quindi da una attività di sensibilizzazione su corretti stili di vita e rischi correlati all’obesità che chiama in prima linea medici di famiglia e farmacisti.
L’estate rappresenta il momento preferito dell’anno per molti bambini. La chiusura delle scuole, le giornate più lunghe e l’assenza di una routine rigidamente scandita sono sinonimo di libertà, giochi all’aperto e qualche bagno al mare. Eppure, le estati sempre più bollenti, impongono un’attenzione maggiore per proteggere i più piccoli da rischi di malore.
Accanto a servizi pubblici come il numero 1500 attivato dal Ministero della Salute, il pediatra e il farmacista territoriale rappresentano le figure cardine cui rivolgersi per la salute dei più piccoli. Con il dottor Osama Al Jamal, Segretario Nazionale della Tesoreria FIMP – Federazione italiana Medici Pediatri e Segretario Regionale SIP – Società Italiana di Pediatria e con il dottor Francesco Carlo Gamaleri, farmacista territoriale, ma ancor prima pediatra, componente del Consiglio Direttivo dell’Ordine dei Farmacisti delle Province di Milano, Lodi, Monza e Brianza e Direttore Scientifico di Tema Farmacia News, abbiamo approfondito il tema per redigere un vademecum per un’estate in salute.
La voce del pediatra
I bambini e gli anziani sono le fasce più esposte e fragili della popolazione. Per questo è importante applicare poche ma essenziali regole per assicurare loro buona salute.
«Innanzitutto bisogna evitare un’esposizione diretta al sole nelle aree centrali della giornata. Questo vale ovviamente per tutti e non soltanto per i più piccoli, ed è importante ricordare che lo stesso si applica anche se si è al mare, perché anche in acqua si è esposti ai raggi solari» ha sottolineato il dottor Al Jamal.
Via libera dunque a giochi sull’arenile e bagni, mai nelle ore più calde. «È poi importante utilizzare una adeguata protezione solare per evitare scottature, indossare abiti comodi, chiari, in fibre naturali, evitando tessuti sintetici o fibre contenenti plastiche» ha suggerito.
Osama Al Jamal, Segretario Nazionale della Tesoreria FIMP – Federazione italiana Medici Pediatri e Segretario Regionale SIP
«È quindi essenziale far idratare i bambini il più possibile, offrendo loro da bere con frequenza: acqua e non bevande gassate o succhi zuccherati che possono avere effetti negativi sulla loro salute. A tavola infine, prediligere un’alimentazione ricca di frutta e verdura. Non si tratta dunque di consigli medici veri e propri quanto più di pratiche di buon senso importanti per trascorrere un’estate in salute con i più piccoli. Le temperature anomale di queste settimane, con caldo e umidità eccessivi, richiedono un’attenzione particolare imponendo in particolare un’alimentazione adeguata e un corretto apporto di liquidi» ha concluso il dottor Al Jamal.
La voce del farmacista
Quello delle ondate di calore, delle temperature roventi e dei disagi che si portano dietro è un problema che coinvolge anche le farmacie, primi presidi sul territorio per qualunque cittadino. «Il primo suggerimento, in qualsiasi contesto, è quello di osservare i bambini che, in particolare nelle fasce di età più precoci, sono soggetti a passaggi repentini dallo stato di benessere a quello di malessere, dovuti all’alimentazione piuttosto che agli sbalzi di temperatura» ha sottolineato il dottor Gamaleri, pediatra ancor prima che farmacista.
In particolare in estate, la legittima voglia di giocare può avere la meglio sulla merenda, sul bere e su altre attività essenziali a garantire il benessere dei più piccoli. «È dunque molto importante osservare il bambino con attenzione, stando attenti a cogliere eventuali segnali di disagio – soprattutto in un momento storico in cui i device tecnologici assorbono gran parte dell’attenzione – e mantenendo una forte relazione, essenziale anche per garantire il rispetto di poche semplici regole».
Francesco Carlo Gamaleri, consigliere Ordine Farmacisti Milano, Lodi, Monza Brianza
Per il farmacista, è poi importante «insegnare con l’esempio, partendo dalla tavola, con un’attenzione particolare a frutta, verdura e ad una buona idratazione. Si tratta di indicazioni valide tutto l’anno, ancor più importanti nel periodo estivo. Per quanto riguarda le regole giornaliere per un’estate in spiaggia, ci allineiamo a quel che insegnano i pediatri e le buone pratiche della Società Italiana di Pediatria – SIP» ha sottolineato il Dottor Gamaleri, enfatizzando la necessità di un allineamento nelle indicazioni tra i diversi professionisti sanitari.
Le buone pratiche in spiaggia
Per l’utilizzo delle creme solari, sotto i 6 mesi è necessario fare molta attenzione: la pelle è molto delicata e sottile e la crema rischia di alterare la termoregolazione del bambino e quindi la sua capacità di dissipare il calore. Via libera invece alla protezione solare dai 6 mesi in poi. Per i più piccoli meglio prediligere creme ed emulsioni fluide, evitando gli erogatori spray.
Attenzione a grandi e piccini alle aree poco esposte – pieghe del gomito, ginocchio, ascelle, collo, area dietro le orecchie, piedi e caviglie – dove la pelle è più delicata e rischia di infiammarsi facilmente, ricordando inoltre che è possibile scottarsi anche stando all’ombra con il riverbero degli specchi d’acqua.
Al mare attenzione alle otiti irritative, causate da qualche granello di sabbia. È sempre bene fare qualche lavaggio con la fisiologica. È inoltre importante il cambio costume per non far macerare la pelle perché infezioni da candida alle pieghe e dermatiti sono sempre in agguato.
Per lavarsi, preferire detergenti lenitivi poco schiumogeni e idratanti.
Attenzione aglieritemi solari nel bambino che nelle decadi successive sono forieri di lesioni dermatologiche.
Le creme protettive vanno scelte con attenzione e consumate nella stagione.«Nella stagione successiva gli acidi grassi e le basi lipidiche che fanno da veicolo al solare rischiano di irrancidire e possono favorire l’insorgenza di dermatiti. Inoltre, se i solari rimangono vuol dire che non sono stati usati in modo adeguato: vanno applicati almeno ogni due ore, mezz’ora prima del bagno anche se sono water resistant. Attenzione agli sbalzi di temperatura, anche per il bagno dopo il pasto. Nel caso di uno snack leggero non c’è più un’indicazione ad attendere molto a lungo come un tempo; il pericolo è però connesso allo sbalzo di temperatura. Evitare quindi entrate brusche in favore di un ingresso in acqua più soft e graduale. Infine, in caso di passeggiate, indossare indumenti leggeri, comodi, di colori chiari e in fibre naturali, ricordare il cappellino e mai muoversi senza liquidi – da somministrare poco per volta e spesso» ha concluso il Dottor Gamaleri.
I 5 punti chiave
Osservare il bambino
Evitare l’esposizione al sole nelle ore centrali della giornata
Indossare abiti comodi, chiari, in fibre naturali
A tavola prediligere frutta e verdura e mantenere un’adeguata idratazione
Utilizzare la protezione solare più adeguata in base all’età del piccolo