Raffaella Ferrari, direttore scientifico di Farmacia News

Com’è noto, l’aggiornamento dei prezzi dei medicinali di fascia C soggetti a prescrizione medica può avvenire soltanto nel mese di gennaio di ogni anno dispari, secondo quanto stabilito dall’articolo 1 comma 3 del Decreto Legge n. 87/2005 (Decreto Storace). L’incremento è a discrezione delle aziende titolari dell’Autorizzazione all’immissione in commercio, ma è vigilato, non potendo per legge superare l’inflazione programmata.

Inoltre, l’articolo 125 del Testo Unico delle Leggi Sanitarie (TULS) (n.1265 del 27 luglio 1934) vieta di vendere un medicinale con prezzo diverso da quello segnato sulla confezione. Ciò significa che il prodotto ceduto deve avere il prezzo allineato a quello riportato in banca dati e questo vale sia per le rimanenze in magazzino sia per i farmaci ricevuti nei mesi successivi.

L’insieme delle due norme (la seconda delle quali mai depenalizzata) determina un carico di lavoro aggiuntivo per i farmacisti, costretti, loro malgrado, nel mese di gennaio di ogni anno dispari, ad apporre il prezzo aggiornato sulle confezioni per adempiere all’obbligo di legge.

Dobbiamo anche considerare che, mai come quest’anno, la crisi economica in corso ha prodotto conseguenze sul prezzo dei medicinali di fascia C. Benché questo incremento non possa superare un certo limite massimo, una prima valutazione sull’entità degli aumenti di prezzo pare attestarsi intorno al 10% e ciò inciderà sicuramente sul portafoglio degli italiani.

Stiamo parlando di farmaci considerati non essenziali, ma comunque molto utilizzati, come le benzodiazepine, le pillole anticoncezionali, colliri e pomate antibiotiche, farmaci per la disfunzione erettile. È facile immaginare, quindi, come la differenza tra il prezzo sulla confezione e quello evidenziato sullo scontrino di vendita venga vista come un’operazione di lucro del farmacista e possa portare a sgradevoli discussioni che di certo non giovano alla categoria.

Ad essere sinceri, l’obbligo di prezzare le scatolette ci appare inutile, anacronistico e poco green. Sembra assurdo che le aziende debbano continuare a stampigliare sul cartoncino un prezzo che in brevissimo tempo sarà obsoleto. La soluzione normativa più logica mi sembra quella di eliminare in futuro il prezzo su tutti i farmaci, facendo riferimento al codice a barre apposto sulla confezione e sempre aggiornato nel gestionale.

Più realisticamente, tuttavia, credo sia giunto il momento di rivedere un TULS ormai datato che non appare in linea con molti aspetti della nuova professione. Ci meritiamo norme moderne e coerenti con l’evoluzione della professione. Mi auguro che il prossimo anno dispari non ci veda alle prese con prezzatrici e scatolette, ma concentrati nella costruzione di una farmacia sempre più vicina ai cittadini e alle loro necessità, protagonista della nuova rete sanitaria territoriale.