Classificazione e proprietà delle fibre alimentari

Che cosa si intende esattamente per fibra alimentare? Nel tempo, sono state date diverse definizioni:

1953
“Le fibre alimentari sono i residui di componenti vegetali commestibili resistenti agli enzimi digestivi umani” attribuita a Eban Hipsley [“Dietary Fibre and pregnancy toxaemia” di Eben H. Hipsley; British Medical Journal, 1953 Aug 22; 2(4833): 420–422.]

1960-1970
Grazie a una descrizione botanico-fisiologica gli studiosi aggiungono a sostanze quali cellulosa, emicellulosa e lignina, le cellulose modificate, gomme vegetali, pectine e mucillagini.

2010
“La fibra alimentare è la somma dei carboidrati non digeribili (nel piccolo intestino umano) e della lignina” [“Scientific opinion on dietary reference values for carbohydrates and dietary fibre”; EFSA Journal 2010; 8(3):1462.].

Classificazione delle fibre alimentari

Grazie alle varie definizioni succedutesi nel tempo, si è arrivati a identificare e caratterizzare le principali categorie di fibre alimentari:

  • polisaccaridi non amidacei: cellulose, emicellulose (arabinoxilani e arabinogalattani), pectine e idrocolloidi (gomme, mucillagini, βglucani);
  • oligosaccaridi resistenti: polifruttani (inulina e fruttoligosaccaridi Fos), galattoligosaccaridi (Gos) e altri oligosaccaridi resistenti derivanti dai legumi;
  • amido resistenti: più precisamente si parla di amido resistente fisicamente incluso (i granuli amidacei non sono accessibili agli enzimi digestivi; per es. orzo e avena non macinati), amido resistente granulare nativo (i granuli di amido resistono alle α-amilasi; è il caso dei tuberi di patate e delle banane acerbe), amido resistente retrogradato (l’amido diventa resistente a seguito di processi di cottura e poi di raffreddamento; è quanto si osserva per il riso), amido resistente chimicamente trasformato (amido artificiale, ottenuto attraverso processi di esterificazione e di eterificazione);
  • lignina: si tratta di un polimero del fenilpropano, presente nelle pareti dei vegetali e associato alle fibre alimentari polisaccaridiche.

La più classica delle classificazioni sulla base delle caratteristiche chimico-fisiche distingue tra fibre solubili e insolubili:

  • fibre solubili: sono fortemente idrofile e in grado di inglobare molecole d’acqua, arrivando a formare dei gel; vanno incontro al processo di fermentazione colica, liberando così acidi grassi a catena corta (acido butirrico, propionico e acetico) essenziali per la salute del microbiota intestinale; rallentano lo svuotamento gastrico e il transito intestinale, aumentano il senso di sazietà, favoriscono l’eliminazione degli acidi biliari mentre riducono l’assorbimento di grassi e zuccheri;
  • fibre insolubili: sono in grado di fissare le molecole d’acqua trattenendola in grandi quantità; aumentano la massa fecale e accelerano il transito intestinale, riducendo il tempo di contatto di eventuali sostanze nocive con la mucosa dell’intestino stesso.

L’apporto giornaliero di fibre alimentari

L’Autorità Europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha avvalorato i benefici delle fibre alimentari indicando come ottimale un loro apporto giornaliero di circa 25 grammi, specie per una migliore salute cardiovascolare e per una riduzione del rischio di diabete, oltre che per favorire il mantenimento del peso corporeo ideale. Anche nel caso delle fibre alimentari occorre procedere con buon senso, senza eccessi e limitandone l’impiego in situazioni cliniche quali colon irritabile, patologie gastrointestinali su base infiammatoria, occlusione intestinale e condizioni di malassorbimento, malnutrizione o disidratazione.