Dalla ricerca un metodo volto a misurare la cosiddetta plasticità, cioè la capacità di modificare l’attività del cervello e il comportamento, fondamentale per passare dalla psicopatologia al benessere mentale.

È quanto emerge da uno studio condotto dall’Istituto Superiore di Sanità, pubblicato nei giorni scorsi dalla rivista internazionale Nature Mental Health.

Il modello e gli obiettivi

«Abbiamo impiegato una tecnica matematica nota come network analysis – ha spiegato il coordinatore dello studio Igor Branchi del Centro di Riferimento per le Scienze comportamentali e la Salute mentale dell’Istituto Superiore di Sanità – L’obiettivo era dimostrare come la plasticità possa essere misurata matematicamente valutando la forza della connettività nella rete dei sintomi, ossia la frequenza con cui i sintomi della depressione si modificano assieme. Maggiore è la sincronia delle variazioni di diversi sintomi, più alta è la coerenza (connettività) del sistema e minore è la sua plasticità: in questo lavoro si dimostra come configurazioni più connesse siano più difficili da modificare rispetto a configurazioni in cui i legami tra sintomi sono meno forti».

La verifica del modello matematico

Al fine di verificare il metodo, i ricercatori hanno esaminato i dati provenienti da uno degli studi più rilevanti sulle strategie di trattamento della depressione – noto come STAR*D e fornito dal National Institute of Mental Health degli Stati Uniti – analizzando l’iter di miglioramento della depressione in oltre 4mila soggetti.

«L’analisi ha confermato come il nostro approccio matematico sia in grado di misurare la capacità dei pazienti di modificare il proprio stato depressivo. In particolare, abbiamo dimostrato come la forza della connettività dei sintomi, misurata all’inizio dello studio, fosse più debole nei pazienti che avrebbero successivamente mostrato una maggiore plasticità, presentando un miglioramento significativo (responders), rispetto a quelli che avrebbero invece mostrato un miglioramento meno sensibile (non-responders). Inoltre, abbiamo evidenziato una correlazione altamente significativa tra la connettività dei sintomi e sia il miglioramento dello stato depressivo sia la predisposizione a cambiare umore in base alla qualità percepita della vita», ha proseguito il coordinatore dello studio.

Verso nuovi approcci terapeutici 

Il metodo adottato consente di predire le possibilità di cambiamento dei sintomi depressivi ma non è in grado di prevedere con certezza il futuro stato di salute di un soggetto sul quale intervengono numerose variabili.

L’operazionalizzazione della plasticità, fornendo uno strumento matematico utile a predire resilienza, vulnerabilità e recupero, apre la strada a nuovi approcci per il trattamento della depressione e più in generale dei disturbi psichiatrici.