Le emozioni negative preludono a un’assunzione eccessiva di calorie e a una dieta di scarsa qualità. Un contesto emotivo negativo induce difatti a scelte alimentari poco sane, in particolar modo nei weekend. Lo evidenzia uno studio di recente pubblicazione sul Journal of Nutrition Education and Behavior, che ha focalizzato l’attenzione sui bambini statunitensi

I tassi di sovrappeso e obesità infantile sono cresciuti costantemente nelle ultime due decadi. Negli Stati Uniti il problema è particolarmente sentito, tanto che attualmente è stimato che un bambino su 5 soffra di obesità. Considerate le implicazioni a lungo termine dell’obesità infantile su morbilità e mortalità, questo trend in continua crescita rappresenta una grave preoccupazione per la salute pubblica.

È ormai di dominio pubblico che le determinanti che incidono sull’obesità infantile possono essere diverse: sociali, ambientali e culturali. Diversi studi, per esempio, hanno identificato fattori come il basso status socioeconomico, l’insufficiente accesso ai parchi e spazi aperti, l’accessibilità limitata al cibo, come predittori di sovrappeso infantile e obesità.

Tuttavia, è meno noto quali siano i fattori “soggettivi” che portano a scelte alimentari sbagliate, contribuendo nel tempo ad aumentare i rischi di sviluppo dell’obesità. Comprendere questi processi significa quindi migliorare le pratiche di prevenzione dell’obesità infantile. Partendo dal presupposto che il ‘cibo spazzatura’ ha aumentato nel tempo i fattori di rischio e i tassi di obesità, appare dunque fondamentale comprendere quali atteggiamenti si accompagnano a comportamenti alimentari poco sani.

Lo studio

Un team di ricercatori della University of Southern California di Los Angeles guidati da Christine Hotaru Naya, al fine di valutare la relazione esistente tra emozioni negative e alimentazione, ha coinvolto in uno studio (“Children’s Daily Negative Affect Patterns and Food Consumption on Weekends: An Ecological Momentary Assessment Study”) 195 bambini, di cui il 51% di sesso femminile e un’età media di 9,65 anni.

Tramite un’applicazione per cellulari, i bambini venivano contattati 7 volte al giorno per due settimane per riferire circa il proprio umore e l’assunzione di cibi poco sani come patatine, dolci e bevande zuccherate nelle due ore precedenti l’intervista.

Tra le diverse tipologie di ‘junk food’, i dolci risultavano gli alimenti maggiormente consumati. Difatti i bambini avevano riferito di aver assunto dolci almeno una volta al giorno per il 40% del tempo analizzato. A seguire patatine fritte, assunte una volta al giorno nel 30% dei giorni e le bevande zuccherate, assunte almeno una volta al giorno nel 25% dei giorni esaminati. Quanto all’umore, lo stesso era in media negativo, seppure stabile.

Associando il consumo di cibi non sani con lo stato dell’umore, il team di ricerca ha evidenziato che “il consumo di patatine era più elevato nei giorni in cui l’umore era più variabile, rispetto a quando era stabile”. Inoltre, il team di ricerca ha messo in luce che il ricorso a cibi poco sani è più frequente nei fine settimana, in cui i pasti sono meno strutturati.

Fonte:

  • Christine H. Naya, Daniel Chu, Wei-Lin Wang, Michele Nicolo, Genevieve F. Dunton, Tyler B. Mason, Children’s Daily Negative Affect Patterns and Food Consumption on Weekends: An Ecological Momentary Assessment Study, Journal of Nutrition Education and Behavior, Volume 54, Issue 7, 2022, Pages 600-609, ISSN 1499-4046