Accade spesso che dei medicinali vengano ritirati dal commercio, con diverse motivazioni. Alcuni possono essere revocati per rinuncia dell’azienda produttrice, altri per difetti che possono costituire reale rischio per la salute (contaminazione chimica o microbica, dosaggio errato, eventi avversi noti).
In maggioranza sono sospesi per cause che non costituiscono rischio significativo per il cittadino, come difetti di chiusura del contenitore o problematiche legate a etichettatura e foglietto illustrativo. Un esempio recente è il caso di due farmaci a base di levo-tiroxina, per i quali è stato ridotto il periodo di validità.
In questi mesi le farmacie hanno ricevuto indicazioni quasi giornaliere sul ritiro di alcuni lotti e sulla limitazione temporanea di altri, accompagnate da un elenco di raccomandazioni precauzionali rivolte ai pazienti in terapia, i quali devono essere avvisati verbalmente o attraverso comunicazioni esposte nel punto vendita.
La centralità del farmacista
Inutile ricordare che il farmacista ha l’obbligo di verificare la presenza del farmaco nel suo magazzino e di sospenderne immediatamente la vendita. Come ben sappiamo, i prodotti ritirati devono essere collocati con apposita dicitura in un contenitore separato, che dovrà essere conservato in attesa del ritiro, a disposizione per eventuali controlli da parte del servizio farmaceutico territoriale o dei carabinieri del NAS. Tutte queste azioni sono volte a garantire la qualità dei medicinali venduti e, di conseguenza, la sicurezza dei pazienti. È importante capirne la logica nella pratica quotidiana, che va oltre gli obblighi di legge, dedicando attenzione a un compito all’apparenza scontato.
I farmacisti sono le prime sentinelle della salute sul territorio: non dobbiamo sottovalutare l’attività di farmacovigilanza che ci viene assegnata, confrontandoci con i medici prescrittori quando serve. La segnalazione delle sospette reazioni avverse rappresenta uno strumento indispensabile nella tutela della salute pubblica ed è di grande aiuto per gli organismi di controllo come AIFA o EUDRAVIGILANCE, che ottengono indicazioni in tempo reale sul rapporto rischio beneficio dei farmaci.
Per questo motivo, credo che tutti noi dovremmo dedicare più tempo a questo aspetto della professione: imparando per esempio a conoscere in ogni sua parte la scheda ADR, pronti a compilarla in caso di bisogno, non solo per assolvere un obbligo ispettivo. Allo stesso modo, dovremmo prendere l’abitudine di consultare gli avvisi di sicurezza sul sito del Ministero, ponendo attenzione anche a ciò che non è farmaco, come i dispositivi medici e gli integratori (ieri iperico, oggi monacolina da riso rosso fermentato, domani melatonina e ashwagandha?), per assolvere pienamente il nostro compito e garantire un migliore servizio al cittadino.