Lo scorso 9 giugno è stata promossa presso il Rettorato UNIMI una riunione plenaria del programma “Ospedale Territorio per la continuità assistenziale nella rete socio sanitaria milanese”, per riflettere sulla medicina di prossimità e sulla formazione dei futuri professionisti che saranno protagonisti di questo network. La fotografia scattata ha restituito uno scenario di grande difficoltà che coinvolge diverse aree. dalla psichiatria infantile alle cure palliative pediatriche passando per la medicina generale, in cui la carenza di personale mette a rischio la tenuta stessa dei servizi

Nonostante le ingenti risorse investite in sanità con l’avvento della pandemia Covid-19, lo scenario post-emergenziale sembra essere preoccupante, in primis per una carenza di personale che rischia di mettere a repentaglio la tenuta stessa di molti servizi socio-assistenziali presenti sul territorio.

Lo scorso 9 giugno l’analisi si è concentrata sulla situazione nell’area milanese, coinvolgendo, presso il Rettorato dell’Università statale di Milano, le varie unità operative parte del programma “Ospedale-Territorio per la continuità assistenziale nella rete socio sanitaria milanese” per una riflessione sullo stato dell’assistenza di prossimità e sulla formazione di nuove figure professionali deputate a lavorare in quest’ambito.

La carenza di personale è stata evidenziata in particolare in alcuni ambiti in cui la mancanza di professionisti mette a rischio la tenuta stessa del sistema.

Le criticità della psichiatria infantile

In questo scenario, la psichiatria infantile dell’area milanese risente in modo particolare di questa situazione, tanto che il servizio stesso rischia di non poter essere più garantito. Ad oggi, l’area del capoluogo lombardo dispone di un solo reparto per 8 posti letto complessivi, di fronte a un disagio giovanile in aumento come documentato dagli ultimi anni segnati dall’emergenza pandemica.

«C’è tantissimo da investire nella salute mentale – ha ricordato Rossana Giove dell’ATS Milano – Anche perché garantire reparti di salute mentale vuol dire anche contribuire ad azioni di contenimento sociale. In questa partita è necessario coinvolgere anche i comuni per le cure domiciliari».

Da più parti è stata sottolineata l’importanza dei reparti di psichiatria infantile, che talvolta possono fare la differenza tra la vita e la morte. Ci si trova oggi in un contesto nuovo in cui la genetica e l’intelligenza artificiale stanno cambiando le cose, anche per quanto riguarda la prevenzione primaria. Occorre però, innanzitutto, investire sulle risorse umane.

Mancanza di turnover

I problemi tuttavia sono numerosi e di non semplice soluzione: sono carenti gli psichiatri, così come i medici di medicina generale che vanno in pensione e non vengono rimpiazzati; le case di comunità necessitano di essere riempite a fronte di penuria di professionisti. Un punto risulta ormai chiaro: andare sempre più nella direzione di una maggiore integrazione tra sociale e sanitario. Ed è chiaro che a fronte di un personale non sufficiente (la Regione Lombardia dispone di 4 medici di base per 100mila abitanti a fronte dei 6,5 di media nazionale) non è possibile fare prevenzione.

Carenza di investimenti sulle professioni di cura

«Non c’è stato alcun investimento nelle professioni di cura prima del Covid-19» è stato ricordato. Né alcun punto del PNRR oggi si focalizza sulle professionalità. La mancanza di investimenti, un confronto pubblico-privato che va sempre a favore del secondo, con molte figure professionali che lasciano il Ssn in cerca di un salario più dignitoso, sta portando a un collasso del sistema, tale per cui molti servizi dell’area del capoluogo lombardo sono costretti a chiudere non per carenza di risorse o di domanda, ma per assenza di personale.

Le criticità dell’area cure palliative pediatriche

Un’altra area che richiederebbe professionalità e che invece si ritrova a fare i conti con un numero sempre più esiguo di specialisti è l’ambito delle cure palliative pediatriche, rispetto alle quali esiste una percentuale di bisogni di cura insoddisfatti superiore al 20% nell’area lombarda. Il problema, ancora una volta, è stato più volte rimarcato, è quello di superare la logica dei sylos verso una dimensione di maggiore integrazione tra figure professionali e servizi.

Necessità di maggiore integrazione socio-sanitaria e competenze trasversali

I diversi interventi che si sono susseguiti in una mattinata densa di stimoli hanno sottolineato diversi altri elementi cruciali: esistono provvedimenti, ma si tratta di iniziative frammentate incapaci di incidere in modo sistematico sulle procedure; continua a prevalere una cultura che non tiene conto dell’integrazione tra mondo sociale e mondo sanitario; esiste una difficile comunicazione tra le diverse realtà presenti in ATS.

Cruciale appare sempre più promuovere iniziative volte a percorsi formativi condivisi, maggiore trasversalità delle competenze, modelli organizzativi che consentano un risparmio di risorse da dedicare alle assunzioni di personale.