Il cervello in ascolto. Il legame tra udito e abilità cognitive

Cervello e udito sono strettamente legati. Meno si sente, più si rischia di sviluppare un deficit cognitivo; allo stesso tempo, i processi cognitivi influiscono sulla percezione del suono. Il rapporto “Il cervello in ascolto – Lo stretto intreccio tra udito e abilità cognitive”, promosso da Amplifon e presentato a maggio a Milano (qui lo studio completo), analizza diffusamente il legame tra due vere emergenze sociali.

Il rapporto promosso da Amplifon “Il cervello in ascolto”, analizza lo stretto legame tra udito e abilità cognitive

«Tra udito e cervello sembra esserci – commenta Andrea Peracino, presidente della Fondazione Giovanni Lorenzini di Milano un legame ‘a due corsie’: da un lato i processi cognitivi incidono sul modo in cui le persone sentono, dall’altro gli stimoli sonori attivano la corteccia cerebrale a tutto campo. Si tratta di un vero e proprio intreccio, che si manifesta anche quando si riscontra un deficit: un calo uditivo può infatti ridurre il volume della corteccia cerebrale, determinando cambiamenti strutturali e funzionali nel cervello; mentre il declino cognitivo può peggiorare le capacità di ascolto e di comprensione delle parole, favorendo la comparsa dell’ipoacusia».

«Vanno poi considerati altri fattori, come lo stress e l’affaticamento generale, che possono aggravare ulteriormente gli effetti del calo dell’udito e del declino cognitivo. Tutto questo condiziona le nostre capacità cognitive nell’arco di tutta la vita», conclude Lorenzini.

Una sfida contemporanea

L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che oggi le persone con ipoacusia siano 360 milioni in tutto il mondo e che nel 2050 questo numero raddoppierà, raggiungendo 720 milioni di persone nel mondo. Soltanto in Europa il numero di persone con perdita uditiva autodiagnosticata è di 52 milioniaumenterà a 80 milioni entro il 2050.

Il cervello in ascolto – Crescita stimata del numero di persone con calo uditivo autodiagnosticato in Europa (Laureyns 2017)

La demenza è anch’essa in continua crescita a causa dell’incremento del numero degli over 85: oltre uno su due ha un deficit cognitivo. L’impatto che questo ha sui pazienti e le loro famiglie è altrettanto preoccupante, tanto che la prevenzione e il trattamento della demenza sono oggi una priorità sanitaria in tutto il mondo occidentale1.

I costi della demenza variano da Paese a Paese, ma sono comunque elevatissimi. Negli Stati Uniti, per esempio, i costi sono saliti del 35,4% dai 604 miliardi di dollari del 2010 agli 818 miliardi del 2015, rappresentando l’1,09% del prodotto interno lordo statunitense. Il costo stimato per persona varia dai quasi 42mila agli oltre 56mila dollari all’anno, a seconda dei parametri impiegati per valutare i costi connessi alle cure informali2.

Il cervello in ascolto – Costi totali delle malattie neurologiche in Europa (miliardi di euro) (Olesen et al., 2012)

Purtroppo anche il costo dell’ipoacusia non curata è molto alto. L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che il costo globale si aggiri intorno ai 750 miliardi di dollari all’anno e ai 178 miliardi di euro solo in Europa.

Sentire bene per salvaguardare la mente

Prevenire, però, è possibile. E gli studi scientifici iniziano a fornire le prove che il trattamento dei deficit acustici attraverso soluzioni uditive sia efficace per ritardare la comparsa di disturbi cognitivi, mantenendo una buona funzionalità cerebrale.

Si è visto, per esempio, che l’utilizzo di apparecchi acustici in soggetti fra i 60 e i 65 anni si associa a un punteggio più elevato ai test cognitivi3 .

Questo dato, raccolto su un numero relativamente basso di soggetti, è stato confermato in seguito su un numero più ampio di over 65 seguiti per 25 anni: l’analisi dei 3.670 partecipanti al Personnes Agées QUID Study ha mostrato che l’utilizzo di un apparecchio acustico si associa a un declino cognitivo più lento nell’arco dei 25 anni rispetto a chi ha un deficit uditivo non compensato in alcun modo4.

Il cervello in ascolto – Gli impianti cocleari migliorano nel tempo tutti i parametri relativi alla percezione del suono e alla produzione del linguaggio, ma anche elementi come l’interazione sociale o l’autostima (Mosnier et al. 2015)

Queste persone, inoltre, hanno un deterioramento cognitivo inferiore e paragonabile a quello di chi non ha deficit uditivi. Un risultato simile a quanto osservato analizzando i dati di quasi 165mila persone fra i 40 e i 69 anni: l’uso di soluzioni acustiche si associa a una performance cognitiva migliore, mentre la perdita uditiva non corretta è l’anticamera di un decadimento della funzionalità cognitiva5.

Riferimenti bibliografici

  1. Bernabei R. et al. Hearing loss and cognitive decline in older adults: questions and answers. Ageing Clin Exp Res (2014) 26:567–573.
  2. Hurd MD. et al. Monetary costs of dementia in the United States. N Engl J Med (2013) 368:1326-1334.
  3.  Lin FR. Hearing loss and cognition among older adults in the United States. The journals    of gerontology. Series A, Biological sciences and medical sciences(2011) 66:1131-   1136.
  4. Mosnier I. et al. Improvement of Cognitive Function After Cochlear Implantation in Elderly Patients. JAMA Otolaryngology–Head & Neck Surgery (2015)141:442-450.
  5. Amieva H. et al. Self-Reported Hearing Loss, Hearing Aids, and Cognitive Decline in Elderly Adults: A 25-Year Study. Journal of the American Geriatrics Society (2015) 63:2099–2104.