Attraverso il sequenziamento dell’intero esoma, un gruppo di ricercatori della Weill Cornell Medicine di New York e del New York Genome Center, ha elaborato uno strumento utile nel predire la risposta di un paziente all’immunoterapia, nonché la sua sopravvivenza dopo il trattamento. Lo studio è stato recentemente pubblicato su Nature Communications

Le immunoterapie, come gli inibitori del checkpoint immunitario (ICB) hanno trasformato il trattamento dei tumori in stadio avanzato. I pazienti con malattia non operabile o metastatica possono sopravvivere molti anni con il trattamento con ICB, sebbene solo una minoranza di essi mostri risposte durature nel tempo.

Dato il costo elevato e la potenziale tossicità di questi farmaci, una delle principali esigenze insoddisfatte in immuno-oncologia è un algoritmo robusto e clinicamente pratico per prevedere la risposta dell’ICB.

Attualmente, ci sono diversi biomarcatori che correlano positivamente con la risposta dell’ICB, come l’età del paziente, il tipo di tumore e il carico mutazionale del tumore, ovvero il numero di mutazioni di una cellula cancerosa. Quest’ultimo aspetto è generalmente calcolato dai dati di sequenziamento del gene o dell’esoma ed è il marcatore più consolidato della risposta dell’ICB. Si ritiene che i tumori ad alto contenuto di mutazioni siano più immunogenici e quindi responsivi all’ICB a causa del loro aumento del carico di neoantigeni.

Uno studio americano

Per valutare la risposta dei pazienti all’immunoterapia, i ricercatori della Weill Cornell Medicine di New York e del New York Genome Center hanno messo a punto, attraverso il sequenziamento dell’intero esoma, uno strumento predittivo sia della risposta immunoterapica sia della sopravvivenza del paziente a seguito del trattamento.

Partendo dall’utilizzo dei biomarcatori disponibili, si è quindi proceduto al sequenziamento dell’intero esoma, che permette l’analisi della parte genomica che codifica le proteine (circa 20 mila geni, pari al 2% dell’intero genoma), per evidenziare le eventuali mutazioni coinvolte nella malattia.

Gli autori di questo studio (“Recurrent somatic mutations as predictors of immunotherapy response”), quindi, hanno combinato sei studi su immunoterapie con la caratterizzazione dei criteri di valutazione della risposta nei tumori solidi (Recist) per 319 pazienti che presentavano una varietà di tipi di tumore (melanoma, tumore della testa e del collo, cancro del polmone non a piccole cellule, cancro della vescica), con l’obiettivo di identificare i biomarcatori del gene e del percorso della risposta dell’ICB.

Il sequenziamento dell’intero esoma era disponibile per tutti i partecipanti trattati con inibitori di checkpoint, 319, un numero comunque ristretto considerando la mole di informazioni che si ottiene dal sequenziamento dell’esoma.

Come previsto, dati i diversi tipi di tumore, è stata osservata un’ampia gamma di tassi di risposta tra gli studi, che andavano dal 6 al 56% dei pazienti con risposta parziale o completa. Tra questi pazienti sono stati identificati: 14 responder completi, 80 responder parziali, 47 pazienti con malattia stabile e 178 con malattia progressiva.

Per studiare i predittori genomici della risposta ICB, sono stati dicotomizzati i dati, trattando i responder completi e parziali come “responder” e i pazienti con malattia progressiva come “non responder”. In totale, i due gruppi contenevano 272 pazienti: 202 pazienti con melanoma, 41 con cancro del polmone non a piccole cellule, 22 con cancro alla vescica e 7 con cancro della testa e del collo.

I ricercatori hanno usato un sistema che distingue tra le mutazioni che portano al cancro da quelle che si verificano per caso, ma che non sono coinvolte nello sviluppo del tumore. Dall’analisi sono stati evidenziati 6 geni con un sospetto di mutational burden elevato.

Il CIRCLE – Cancer Immunotherapy Response CLassifiER

A una ricerca più approfondita è emerso che due geni fossero”‘arricchiti” tra i responder (BRAS e KRAS) mentre il TP53 e BCLAF1 risultavano “arricchiti” tra i non responder. In totale, sono stati identificati 4 geni predittivi della risposta ICB a seguito di una regressione logistica (BCLAF1, BRAF, KRAS e TP53). Il gruppo di ricerca ha quindi individuato dei pathway in grado di predire la risposta all’immunoterapia.

Combinando i 4 geni e i 3 pathway identificati, è stato messo a punto uno strumento, denominato CIRCLE (Cancer Immunotherapy Response CLassifiEr) in grado di migliorare dell’11% la capacità di prevedere la risposta all’immunoterapia rispetto al tumor mutational burden. CIRCLE, potrebbe inoltre predire in modo accurato la sopravvivenza dal cancro post immunoterapia. Lo strumento è stato validato su 165 altri pazienti con tumore.

Fonte:

  • Gajic ZZ, Deshpande A, Legut M, Imieliński M, Sanjana NE. Publisher Correction: Recurrent somatic mutations as predictors of immunotherapy response. Nat Commun. 2022 Aug 5;13(1):4558.