Le farmacie italiane: punti di riferimento nel Ssn ma poco integrate nei servizi territoriali

Le farmacie italiane sono un imprescindibile presidio del Servizio Sanitario Nazionale ma sono poco integrate sia nel servizio di assistenza domiciliare integrata (ADI) territoriale, sia nella Medicina di Gruppo nel territorio per l’erogazione di servizi alla collettività. Lo dice il Primo Rapporto Annuale sulle farmacie realizzato da Cittadinanzattiva e Federfarma

Presenti quasi ovunque e aperte quasi sempre, le farmacie in Italia sono ancora in prima linea nel contribuire a far rispettare l’aderenza alle terapie e ben si prestano al quotidiano dialogo e ascolto, specie nei confronti di persone anziane e affette da patologie croniche, donne con minori o in dolce attesa. Ma quando si tratta di strutturare servizi in rete sul territorio vengono spesso ‘dimenticate’.  Pur essendo un imprescindibile presidio del Servizio Sanitario Nazionale per capillarità e prossimità, le farmacie sono escluse o poco integrate sia nel servizio di assistenza domiciliare integrata (ADI) territoriale, sia nella Medicina di Gruppo nel territorio per l’erogazione di servizi alla collettività. Questo è quanto emerge dal Primo Rapporto Annuale sulle farmacie realizzato da Cittadinanzattiva e Ferfarma, con il supporto non condizionato di Teva, presentato il 20 novembre a Roma.

farmacia

Il Rapporto, elaborato su un quadro di 1.275 farmacie partecipanti all’indagine, di cui circa ¼ si trova nelle ‘aree interne’, presenta anche due focus tematici: uno sul ruolo nella presa in carico delle persone con patologie croniche, e uno sul ruolo della farmacia nelle Strategie delle Aree interne del Paese.

La presa in carico e la cronicità

Nel 65% dei casi le farmacie sono dotate di un sistema informatizzato o piattaforma web capace di rispondere alle necessità legate alla effettiva presa in carico dei pazienti. Mentre solo il 19% ha adottato protocolli o procedure per personalizzare il consiglio sui diversi target di utenza.

Nel 44% dei casi, la farmacia partecipa a progetti e iniziative a supporto dell’aderenza terapeutica per persone affette da patologie croniche, in particolare per patologie cardio-vascolari (73%), endocrine (67%), respiratorie (46%) e metaboliche (35%).

Un ruolo, quello legato all’aderenza terapeutica, tutt’altro che secondario, tenuto anche conto che nel 90% i servizi svolti in tali iniziative non sono remunerati. Vengono infatti remunerati solo il 4% dalla Regione, il 4% dalla ASL, il 2% dalle case farmaceutiche. Trattasi, per lo più, di progetti e iniziative di supporto all’aderenza terapeutica nei quali, al pari delle farmacie, troviamo coinvolti soggetti quali ASL (38% dei casi), case farmaceutiche (38% dei casi), l’ente Regione (25%) e i Medici di Medicina Generale (15%).

Si tratta principalmente di forme di tutoraggio alla persona (presenti nel 60% dei casi); di modalità di reminder per ricordare di assumere la terapia (41%); sono anche presenti strumenti innovativi per supportare l’aderenza terapeutica nelle patologie croniche (20%).

parafarmacie

Farmacia e Aree interne

Solo in 11 delle 72 Strategie elaborate (o in via di elaborazione) per lo sviluppo dei servizi nelle Aree interne sono presenti degli espliciti richiami al ruolo delle farmacie. La peculiarità del contesto nel quale incidono le farmacie presenti nelle Aree Interne fa sì che esse si focalizzino su particolari target di popolazione o si specializzino per alcune prestazioni: i farmacisti sono molto più sollecitati a rispondere ai bisogni della popolazione anziana. Le farmacie coinvolte nell’ADI sono il 9% tra quelle intervistate che lavorano nelle Aree Interne, e il 7% tra quelle intervistate che sono ubicate nel resto del Paese, ma quelle delle Aree Interne sono mediamente molto più sollecitate nella preparazione e/o dispensazione a domicilio di medicinali antidolorifici (+26% rispetto alle farmacie presenti nel resto del Paese). Inoltre, tra le specificità delle farmacie delle Aree Interne si registra una maggiore presenza di comunicazione/interazione diretta con i medici in caso di criticità o scostamento dal piano terapeutico definito (+15% rispetto al resto del Paese) e maggiore disponibilità alla ricezione e consegna referti e al controllo sull’uso improprio o abuso di medicinali, in particolare per i famaci da banco (+6%). Infine, tra i dati negativi, legati a oggettive difficoltà organizzative/logistiche a cui sono soggette le farmacie che operano in zone disagiate, si segnala il -17% (rispetto al resto del Paese) per il servizio CUP, -14% per test e esami diagnostici, -6% per il coinvolgimento in campagne di prevenzione e screening. Sul tema dell’aderenza terapeutica invece le farmacie presenti in queste aree, nonostante le difficoltà, riescono a raggiungere lo stesso livello di quelle nel resto del Paese.

Farmacia dei Servizi: a che punto siamo?

Di fatto, stenta ancora a decollare il modello della Farmacia dei servizi, varato in Italia nel 2009.  Nel 63% delle farmacie intervistate è presente il servizio CUP pubblico, la quasi totalità offre il servizio di prenotazione di prestazioni ed esami, mentre ci sono percentuali più ridotte per quanto riguarda il pagamento del ticket e ricezione e consegna dei referti. Nell’85% dei casi il cittadino non paga nulla per il Servizio CUP in farmacia; nel 14% paga tra 1 e 2 euro; solo 1% dei casi paga di più (3-5 euro). Sempre più frequentemente, inoltre, le farmacie erogano prestazioni analitiche di prima istanza, quali test ed esami diagnostici (78% dei casi), esami di secondo livello mediante dispositivi strumentali (64% dei casi), in misura ancora residuale servizi di telemedicina, eccezion fatta per la telecardiologia che è invece abbastanza diffusa.  Per test ed esami diagnostici effettuati in farmacia, troviamo facilmente la glicemia (96%), il colesterolo totale (92%), trigliceridi (83%), emoglobina glicata (50%). Con minor facilità è possibile trovare farmacie che effettuano altri tipi di test.

Leggi un abstract del Primo Rapporto Annuale sulle farmacie realizzato da Cittadinanzattiva e Federfarma