Le iperpigmentazioni

Le iperpigmentazioni raggruppano diverse manifestazioni cutanee che possono essere conseguenti a difetti genetici (efelidi, nevi) o causate da molteplici fattori che intervengono dopo la nascita (ipercromie postinfiammatorie, macchie senili). Le cause che favoriscono l’insorgenza delle ipercromie, oltre al processo naturale dell’invecchiamento, sono molteplici: eccessiva esposizione al sole o alle lampade abbronzanti, assunzione di farmaci ad attività ormonale (anticoncezionali, terapia ormonale sostitutiva), allergie. Le iperpigmentazioni appaiono come delle aree della pelle caratterizzate da un accumulo eccessivo di pigmenti, in particolare si parla di ipercromie quando si tratta di sostanze diverse dalla melanina, come alcuni pigmenti endogeni (carotenoidi, emoglobina) o esogeni (farmaci, inchiostro per tatuaggi); si parla invece di ipermelanosi per indicare delle discromie causate dall’accumulo di melanina. Le iperpigmentazioni possono essere diffuse su tutta la superficie corporea, oppure possono interessare aree più o meno piccole (iperpigmentazioni focali). Le ipermelanosi possono essere divise in:
efelidi: sono chiamate comunemente lentiggini e appaiono come delle piccole macchie brune, presenti fin dalla prima infanzia soprattutto a livello del volto. Si tratta di macchie generate da un’iperattività dei melanociti presenti in alcune zone; in realtà esiste una differenza tra efelidi e lentiggini, i quanto le seconde sono più scure e la loro colorazione non subisce variazioni in seguito ad esposizione solare;
nevi: sono chiamati comunemente nei e appaiono come degli accumuli di melanociti che non subiscono variazioni cromatiche in seguito a fotoesposizione. I nevi compaiono generalmente dopo la nascita e tendono ad aumentare in numero e dimensioni fino ai 20-25 anni di età; possono essere piatti oppure in rilievo, benigni o maligni;
melasma: è chiamato anche cloasma, si manifesta frequentemente nelle donne in gravidanza ed è caratterizzato dalla presenza di macchie iperpigmentate a livello del viso. La causa principale è rappresentata da uno squilibrio ormonale;
macchie senili: compaiono con l’avanzare dell’età e sono il risultato di processi di degenerazione cutanea, non del tutto chiari, che provocano una distribuzione disomogenea della melanina che tende ad accumularsi in alcune aree del viso e sul dorso delle mani;
morbo di Addison: si tratta di una iperpigmentazione estesa a tutta la superficie del corpo, causata da un iposurrenalismo (ridotta produzione di corticosteroidi da parte delle ghiandole surrenali).

Trattamento dermocosmetico delle iperpigmentazioni

Gli accumuli di melanina responsabili della formazione delle macchie possono essere localizzati nell’epidermide, nel derma o in entrambi i compartimenti, per questo l’approccio dermocosmetico deve essere scelto a seconda del tipo di discromia. I prodotti dedicati al trattamento delle ipercromie agiscono attraverso diversi meccanismi, anche se le strategie depigmentanti possono essere raggruppate in tre tipologie principali:
riduzione dell’imbrunimento della cute;
inibizione della biosintesi della melanina;
aumento del turnover epidermico.

I moderni trattamenti depigmentanti tendono ad associare diverse strategie depigmentanti, al fine di aumentare l’efficacia e ridurre i tempi. Tra le sostanze che limitano l’imbrunimento della cute ricordiamo principalmente i filtri solari, che agiscono assorbendo buona parte delle radiazioni ultraviolette ed impedendo che queste attivino il processo della melanogenesi. Per quanto riguarda l’inibizione della biosintesi della melanina, gli ingredienti più utilizzati  agiscono diminuendo l’attività dell’enzima tirosinasi, responsabile della trasformazione della tirosina negli intermedi necessari per l’assemblamento del pigmento melaninico. Un ingrediente storico, anche se oggi vietato nei prodotti cosmetici, è l’idrochinone: oltre a manifestare un’azione citotossica selettiva nei confronti dei melanociti, esso è in grado di bloccare l’attività della tirosinasi, offrendosi come substrato alternativo. L’utilizzo dell’idrochinone può provocare irritazioni, allergie, ma anche iperpigmentazioni post-infiammatorie. L’arbutina è un glucoside idrochinonico presente nelle foglie dell’uva ursina, in grado di inibire la tirosinasi competendo con il substrato nel sito attivo. La veicolazione dell’arbutina attraverso le nanostrutture (ciclodestrine) consente di aumentarne ulteriormente l’efficacia favorendo un rilascio protratto della sostanza. L’acido ascorbico (vitamina C) e i suoi derivati manifestano un modesto effetto schiarente, in quanto, oltre ad agire da antiossidanti, inibiscono la melanogenesi e accelerano il turnover cutaneo. In virtù di queste proprietà, i derivati dell’acido ascorbico rappresentano degli ingredienti ideali per il trattamento e la prevenzione dell’invecchiamento cutaneo. Un altro agente in grado di inibire l’azione della tirosinasi è l’acido azelaico, una sostanza prodotta in natura dal Pityrosporum ovale (un lievito normalmente diffuso sulla pelle). L’acido kojico agisce disattivando la tirosinasi attraverso chelazione dello ione rame presente nell’enzima. Questo ingrediente, che in passato era estratto dalla crusca di riso, oggi viene prodotto per via biotecnologica da Aspergillus oryzae. L’acido kojico dipalmitato (forma esterificata) è in grado di liberare acido kojico nei pressi del sito d’azione enzimatico, in seguito a idrolisi da parte delle esterasi. I prodotti esfolianti aumentano il turnover cutaneo, in quanto favoriscono il distacco controllato delle parti più superficiali dello strato corneo, schiarendo la cute ed aumentandone la luminosità. Queste sostanze, a seconda della concentrazione utilizzata, del tempo di applicazione e del grado di penetrazione possono agire a diversi livelli di profondità. Gli alfa-idrossiacidi (AHA) sono acidi carbossilici organici dotati di un gruppo ossidrilico legato al carbonio in posizione alfa; in natura sono presenti nella canna da zucchero (acido glicolico), negli agrumi (acido citrico), nelle mele (acido malico), ma anche nel latte (acido lattico). A basse concentrazioni gli alfa-idrossiacidi presentano proprietà idratanti, mentre a concentrazioni maggiori agiscono da esfolianti. L’acido lattico è la sostanza che conferisce al latte vecchio il caratteristico gusto acido, tuttavia è presente anche nell’ananas, nel mirtillo, nel carciofo e in altri vegetali. In cosmetologia l’acido lattico è utilizzato non solo nel trattamento dei disordini pigmentari, ma anche nel trattamento del fotoinvecchiamento, in virtù delle ottime proprietà idratanti e leviganti. Anche l’acido glicolico è molto utilizzato nel trattamento delle ipercromie: numerosi studi hanno dimostrato la sua utilità nel trattamento dei disordini pigmentari (in particolare nel melasma e nelle iperpigmentazioni postinfiammatorie). I poliidrossiacidi (gluconolattone) manifestano effetti cutanei simili agli alfa-idrossiacidi, ma risultano più delicati. In presenza dell’umidità cutanea, l’anello del gluconolattone si apre liberando l’acido nella forma attiva; questo meccanismo rappresenta una sorta di rilascio protratto che migliora il profilo di tollerabilità cutanea. Il retinolo (vitamina A) a livello della cute esercita un’azione riepitelizzante e favorisce il mantenimento dell’integrità e delle funzionalità cutanee. L’allantoina è una imidazolidinilurea ricavata da alcune piante e dotata di proprietà cheratoplastiche, riepitelizzanti ed emollienti. I trattamenti depigmentanti richiedono molta costanza, in quanto i risultati non sono visibili da subito e questo tende a disincentivare i clienti-pazienti. In questo senso il consiglio dermocosmetico in Farmacia rappresenta un ottimo strumento educativo nei confronti degli utilizzatori finali, che non solo devono perseverare nell’applicazione dei prodotti, ma devono anche adottare uno stile di vita corretto, limitando l’esposizione solare ed utilizzando detergenti adeguati.

Andrea Bovero