L’epatite C, cause e sintomi

L’epatite C è una malattia infettiva causata dal virus HCV che appartiene alla famiglia dei Flaviviridae. L’HCV è stato scoperto nel 1989 e da allora sono state identificate 6 varianti virali (nominate da 1 a 6), che differiscono tra loro per il genotipo e oltre 90 sottotipi (a, b, c, ecc.).sofosbuvir figura
I 6 genotipi virali sono diversamente distribuiti nel mondo con una prevalenza del tipo 1. In particolare, la variante 1a è diffusa soprattutto nel Nord America, il genotipo 1b in Europa, il tipo 2 in estremo Oriente (Giappone, Taiwan), il tipo 3 in Asia centrale (soprattutto in India), quello 4 in Medio Oriente e in Africa, il genotipo 5 in Africa meridionale e il 6 in Asia sudorientale.
In Italia il genotipo prevalente è l’1b, che infetta il 51% dei soggetti con HCV, mentre il restante è suddiviso tra genotipo 2 (28%), 3 (9%) e 4 (4%). L’HCV è costituito da una particella sferica, provvista di un rivestimento esterno di circa 50 nm di diametro. Il genoma virale è costituito da una molecola di RNA lineare a elica singola, con polarità positiva di circa 9,5 kb, che è in grado di codificare la sintesi di proteine strutturali (una proteina del nucleocapside e due proteine del rivestimento esterno) e di proteine non-strutturali, importanti per la replicazione virale (includono una proteasi virale, una elicasi e una RNA-polimerasi RNA-dipendente NS5B), come riassunto in figura.
Il virus si trasmette mediante contatto diretto con sangue infetto, per esempio tramite lo scambio di siringhe tra tossicodipendenti o, come succedeva in passato, attraverso le trasfusioni; raro, ma comunque possibile, il contagio sessuale. Altre potenziali fonti di contagio sono rappresentate dalla condivisione di rasoi, spazzolini o forbici da unghie con persone infette e l’esecuzione di tatuaggi e piercing con materiali non sterili.
Tale virus può causare importanti malattie al fegato, tra cui cirrosi e cancro; nei casi più gravi, il trapianto dell’organo rappresenta l’unica soluzione per salvare la vita al paziente.
Contrariamente alle altre epatiti, in cui la cronicizzazione della malattia è l’eccezione e non la regola, solo il 30% circa delle persone infettate da HCV sono in grado di debellare il virus attraverso il proprio sistema immunitario, e ciò accade nel giro di circa sei mesi. Il restante 70% non si libera del virus stesso e sviluppa un’infezione da HCV a lungo termine o cronica.

Sintomatologia associata all’epatite C

L’epatite C, sia acuta sia cronica, decorre in maniera silente. Il 70–80% dei soggetti non avverte alcun sintomo dopo averla contratta. Per tale motivo l’epatite C può addirittura richiedere decenni prima di dare manifestazioni clinicamente rilevanti e quindi essere diagnosticata.
I sintomi non differiscono in maniera sostanziale da quelli delle altre epatiti e includono debolezza, dolori articolari, prurito cutaneo, dolore muscolare, mal di stomaco e ittero (il presentarsi di un colorito giallastro della cute e delle sclere oculari).

Terapia

Fino a pochi anni fa lo standard di cura era costituito dalla associazione di interferone pegilato e ribavirina, che, pur consentendo la guarigione in una discreta percentuale di casi, provocava effetti collaterali in una quota non trascurabile di pazienti, di grado tale da comportare la sospensione prematura del trattamento nel 10-20% dei soggetti trattati. Dal gennaio 2014 è in commercio in Europa il primo di una lunga serie di antivirali ad azione diretta, il sofosbuvir, che in base ai risultati degli studi clinici attualmente disponibili sembra consentire la guarigione e sembra essere al tempo stesso più tollerabile e sicuro di tutte le altre terapie utilizzate finora grazie alla minore frequenza di eventi avversi, a una minore durata del trattamento (12-24 settimane) e alla possibilità in alcune situazioni di essere utilizzato nell’ambito di regimi terapeutici senza interferone.

Antonio Lavecchia, Dipartimento di Farmacia, Università di Napoli Federico II