L’iperico, un perfetto esempio di medicamento in verde dai molteplici pregi, ma anche dai tanti difetti: due facce della stessa medaglia, la fitoterapia, che può mostrare al tempo stesso luci e ombre.
Infatti, ciò che è naturale può offrire tanto benefici inaspettati quanto effetti indesiderati, in grado di vanificare terapie farmacologiche o aggravare situazioni patologiche già critiche. L’iperico (Hypericum perforatum) ci conquista da subito con le sue sommità fiorite, ricche di flavonoidi preziosi (tra cui l’ipericina, l’iperoside, la rutina e la quercetina) che ritroviamo nei suoi estratti secchi e nelle sue tinture madri e che si distinguano per gli effetti antidepressivi, ansiolitici e sedativi.
Iperico, non solo antidepressivo
Svariate ricerche scientifiche hanno avvalorato tutto questo mostrando come l’assunzione di iperico induca un fisiologico incremento dei livelli di serotonina e di melatonina. Per tradizione, l’infuso dell’erba di San Giovanni (in inglese St. John’s worth) – altro nome dell’iperico – è noto esercitare attività antinfiammatoria, antivirale e antibatterica a livello delle vie genito-urinarie, delle alte vie respiratorie e dei bronchi.
In parallelo il suo oleolito (ricavato per macerazione delle sommità fiorite in un mezzo oleoso, come l’olio di oliva, di mandorle o di girasole) è da secoli apprezzato per le proprietà lenitive, emollienti, rigeneranti e cicatrizzanti: per questo lo si impiega su eritemi e ustioni, ma anche cicatrici e piaghe e persino, in campo cosmetico, su smagliature e pelli acneiche.
Studi sull’ipericina in ambito oncologico
Tra i suoi flavonoidi, l’ipericina in particolare è stata al centro di svariati studi nel corso dell’ultimo decennio, studi che l’hanno identificata quale potente sostanza fotosensibilizzante utile per la terapia fotodinamica (in inglese Photo DynamicTherapy o PDT), una terapia dermatologica dalla valenza sia medica sia estetica, di grande interesse per la cura di lesioni cutanee di vario genere (tumorali e pretumorali, da fotoaging e fotodanneggiamento, acneiche e cheratosiche). Va inoltre considerata la tendenza dell’ipericina ad accumularsi di più nei tessuti neoplastici rispetto a quelli normali; in questo modo si rende utile quale biomarker fluorescente nella diagnosi fotodinamica (in inglese Photo Dynamic Diagnostics o PDD). Rimanendo in campo tumorale, l’ipericina attivata dalla fotoirradiazione è persino in grado di trasformarsi essa stessa in un potente agente pro-ossidante, dalle proprietà antiangiogeniche e antineoplastiche.
Effetti collaterali e interazioni importanti
Passando al “lato oscuro” dell’iperico, in svariati casi si è rivelato essere un potente agente fotosensibilizzante, a seguito dell’esposizione ai raggi solari e a lampade abbronzanti, per quanto stiamo parlando di un’azione correlata a delle prolungate somministrazioni e ad alti dosaggi.
L’aspetto più inquietante riguarda invece la sua spiccata attitudine a interagire con innumerevoli classi di farmaci, scatenando pericolose interazioni farmacocinetiche e farmacodinamiche: riduce l’effetto anticoagulante del warfarin e quello degli anticoncezionali orali, la biodisponibilità di ciclosporina, teofillina, digossina, anticonvulsivanti come la carbamazepina e svariati antiemicranici. Grande cautela va osservata qualora l’iperico venga associato ad antidepressivi triciclici e SSRI, per non incorrere nella rischiosa “sindrome serotoninergica”, talvolta dagli esiti fatali. Tornando più nello specifico all’ipericina, essa può indurre l’espressione di alcune proteine ABC (ATP-Binding Cassette), dei trasportatori transmembrana spesso coinvolti al fenomeno della multiresistenza farmacologica da parte delle cellule tumorali.
Frontiers in Plant Science; May 2016, Volume 7, Article 560, The American Association of Pharmaceutical Scientists Journal, December 2009, Vol. 11, No. 4, Pages 710-727.