Per combattere il melanoma l’obiettivo è quello di predire l’efficacia dei farmaci, anche sperimentali e non necessariamente disegnati per questa neoplasia. Il Working Group di Alleanza contro il Cancro, Rete oncologica fondata dal Ministero della Salute, utilizzerà gli organoidi, ovvero parti dello stesso tessuto tumorale prelevato dai pazienti
Predire l’efficacia di un percorso terapeutico vuol dire risparmiare tempo e risorse, elementi entrambi cruciali nel trattamento di una patologia oncologica, ma non soltanto. Il paziente dal canto suo evita di sottoporsi a terapie che risulterebbero inefficaci e il sistema sanitario può “salvare” così delle risorse da dirottare altrove.
È questo l’obiettivo del Working Group di Alleanza contro il Cancro, la rete oncologica fondata dal Ministero della Salute che si prefigge di utilizzare gli organoidi, parti di tessuto tumorale prelevato direttamente sui pazienti, per predire l’efficacia dei trattamenti contro il melanoma. «La sempre maggiore disponibilità di terapie nel prossimo futuro rende questo progetto particolarmente importante» ha chiarito Giandomenico Russo, già Direttore Scientifico dell’Idi di Roma e coordinatore del Wg melanoma.
Gli organoidi e le differenti soluzioni al vaglio
Gli organoidi sono repliche in miniatura di organi e tessuti umani; si tratta di un modello innovativo in uso nella ricerca biomedica per la riproduzione in vitro di organi e tessuti umani a livello tridimensionale. Questo modello è andato via via a rimpiazzare quello cellulare che «non consentiva di riproporre condizioni di sperimentazione attendibili a causa dell’assenza di microambiente nativo costituito da altre popolazioni cellulari (immunitarie, collagene, fibroblasti etc.)» ha ricordato ancora Russo.
Le strutture coinvolte nello studio (Idi e Ifo di Roma, Irccs Giovanni Paolo II di Bari, IEO e Istituto nazionale tumori di Milano e Irccs Irst Dino Amadori di Meldola, associati alla Rete) stanno utilizzando 4 differenti tecnologie di tipo organoide al fine di trovare la soluzione migliore.
Le 4 tipologie di organoidi
«Nella prima tipologia, il tessuto viene imbevuto in particelle di collagene. Nella seconda è posizionato in una camera micro-fluidica dove vengono somministrate sostanze differenti. Nella terza vengono mescolate cellule della cute con quelle tumorali. Nella quarta, infine, viene utilizzato un bioreattore, una sorta di cilindro rotante, dove le cellule cancerogene vengono fatte crescere affinché si stabilizzino con quelle accessorie. Non potendole portare a più lunga coltura di una decina di giorni vi è la necessità di trattarle farmacologicamente con i vari protocolli esistenti in quel momento per il melanoma. O, anche, non specificamente disegnati per la cura di questa patologia» ha chiarito il coordinatore del Working Group.
Le successive analisi forniranno una serie di risposte relative all’efficacia dei farmaci dettata dalla reazione delle cellule ai trattamenti. In caso di feedback positivi sarà possibile procedere sul paziente, soprattutto in quelli per i quali non si dispone più di farmaci utilizzabili.
Una metodica per sviluppare terapie in tempi rapidi
Il melanoma è una neoplasia che crea attorno a sé un ambiente protettivo. Comprendere e riprodurre in laboratorio l’ambiente consente di individuare le migliori combinazioni terapeutiche per ciascun paziente. «Il lavoro del Working group della Rete è importante perché utilizza una serie di nuove tecnologie per riprodurre fedelmente i tumori dei diversi pazienti e il loro microambiente protettivo, in modo da poter sviluppare rapidamente terapie personalizzate e molto più efficaci» ha sostenuto Ruggero De Maria, presidente di Alleanza contro il Cancro.