Nuovi vaccini anti-Covid in arrivo nel 2022

Via libera di Ema al prodotto dell’azienda americana, mentre è in corso la valutazione per quello francese. I due vaccini sfruttano tecnologie più consolidate, dalle proteine ricombinanti alla tradizionale disattivazione del virus

Sono in arrivo per il 2022 nuovi vaccini anti-Covid. L’Agenzia europea del farmaco (Ema) ha dato il via libera all’immissione condizionata in commercio nell’Ue del vaccino Nuvaxovid, prodotto da Novavax (società di biotecnologie americana), e sta svolgendo il processo di valutazione di Vla2021 della francese Valneva. I nuovi preparati potrebbero convincere anche gli ultimi esitanti alla «terapia genica» a mRna.

Covid e nuovi vaccini, come funzionano

Nuvaxovid sfrutta la tecnica delle proteine ricombinanti e Vla2021 la tradizionale disattivazione del virus, come nel caso dei vaccini antinfluenzali. «Nuvaxovid contiene la proteina Spike purificata inserita in nanoparticelle lipidiche, ciascuna contenente circa 14 copie della proteina virale – spiega Giovanni Maga, direttore dell’Istituto di Genetica Molecolare “Luigi Luca Cavalli-Sforza” di Pavia – Una volta inoculato, le proteine vengono “catturate” dalle cellule sentinella del sistema immunitario e innescano la risposta antivirale che conferisce l’immunizzazione.

Valneva, invece, utilizza un SARS-CoV-2 inattivato, ovvero “distrutto” chimicamente così da non poter essere più infettivo. In pratica il virus è ridotto a una miscela delle sue componenti (proteine e lipidi) che agiscono da antigeni».

Novavax e Valnev, quale efficacia?

Un primo punto a loro favore, rispetto alla novità della tecnica utilizzata, mRna, che suscita ancora qualche timore, è che questi nuovi vaccini usano tecniche collaudate. «I vaccini a virus inattivato o a subunità ricombinanti sono utilizzati per molte altre patologie infettive come poliomelite (vaccino Salk), influenza e molti vaccini pediatrici. Si tratta, insomma, di un approccio in uso da molti decenni».

Una limitazione dei due attuali vaccini a mRna è che sono basati sulla produzione della Spike, una parte del virus tra l’altro mutevole, come dimostra il proliferare di varianti e di mutazioni proprio su quella proteina. Nasce da qui anche l’auspicio a sviluppare un vaccino che abbia un determinante comune (finora non realizzato). «Un possibile vantaggio rispetto ai vaccini basati su singolo antigene (Spike) è che la risposta immunitaria indotta da Vla2001 è diretta contro molteplici componenti del virus, potenzialmente rendendolo efficace contro diverse varianti – chiarisce Maga – Rispetto ai vaccini basati solo su Spike, Valneva utilizza il virus intero inattivato non la singola proteina, quindi si ha una risposta contro almeno tre antigeni principali del virus (S, N e M)».

Funzionano anche contro le varianti

I dati attualmente a disposizione darebbero risultanti confortanti, anche contro le varianti. Occorrerà però verificare quanto duri la protezione sia da reinfezione sia dagli effetti sintomatici più gravi, che si è visto nel primo caso comincia a scemare a partire dal quarto mese dopo la vaccinazione, come dimostra uno studio dell’Università di Oxford che ha preso in considerazione oltre 95mila casi indice (soggetti identificati come positivi) sottoposti a tracciamento di contatto.

«Nei trial clinici il vaccino di Novavax ha dimostrato di indurre anticorpi neutralizzanti anche contro le varianti con efficacia superiore al 90% e se ne sta studiando l’effetto nei confronti della Omicron. La protezione verso la malattia è risultata del 90% contro la variante alfa e del 96% contro il ceppo non mutato. Anche Vla2001 ha mostrato la capacità di indurre risposta immunitaria superiore al vaccino AstraZeneca e diretta contro le tre principali proteine strutturali del virus: Spike (S), Nucleocapside (N) e Matrice (M)».

Un profilo di sicurezza anche superiore

La questione degli effetti avversi è uno dei maggiori freni alla vaccinazione. L’ultimo rapporto di farmacovigilanza di Aifa disponibile, il nono, parla di circa 100mila reazioni segnalate, di cui circa 15mila gravi, (su oltre 80 milioni di dosi somministrate, quindi un profilo di sicurezza molto elevato). Sui decessi il presidente Giorgio Palù ha chiarito che quelli correlabili sono 16 dei 608 segnalati.

«I vaccini di Novavax e Valneva hanno mostrato ottimi profili di tollerabilità e sicurezza, paragonabili se non superiori a quelli attualmente in uso. I vaccini basati su tecnologia a mRna o vettore adenovirale sono, comunque, efficaci e sicuri e hanno di fatto consentito di mitigare notevolmente l’incidenza delle ospedalizzazioni e decessi conseguenti all’infezione. Non c’è alcun motivo di diffidare dei vaccini attualmente approvati che contengono principalmente una soluzione tampone, sali, zuccheri e lipidi come formulanti. Non è vero che la Spike indotta da vaccino dia problemi cardiovascolari, alla luce ad ora delle evidenze disponibili».

La questione adiuvanti

La presenza in questi vaccini di adiuvanti, come per l’antinfluenzale, necessari per stimolare la risposta immunitaria, potrebbe però risultare un freno? «Novavax utilizza come adiuvante Matrix-M – spiega Maga – una nanoparticella lipidica formata da saponina e colesterolo. Valneva utilizza come adiuvante sale di alluminio e un piccolo Dna sintetico, CpG1028, formato da 22 nucleotidi che stimola la risposta immunitaria ed è già utilizzato in vaccini anti epatite B. Il sale di alluminio è un comune adiuvante di molti vaccini, per esempio alcuni antinfluenzali per l’anziano. Il contenuto di alluminio nei vaccini varia da 0,25 a 2,5 mg. La dose limite di sicurezza giornaliera raccomandata dall’Oms è di 60 mg. Noi in media ogni giorno ingeriamo dai 5 ai 20 mg di alluminio derivanti dal consumo di vegetali nella dieta. Quindi quello presente nella singola dose vaccinale non ha alcun effetto sulla salute».

Il vaccino cubano

Desta interesse, infine, anche il vaccino cubano, Soberana 2, sviluppato dal locale Istituto vaccinale Finlay, che è quasi riuscito ad azzerare i morti  in pochi mesi dall’inizio della campagna. Tanto che è in corso uno studio osservazionale all’Ospedale Amedeo di Savoia di Torino. «Cuba ha una lunga tradizione biotecnologica e in particolare nella produzione di vaccini – aggiunge, infine, Maga – Oltre ad avere un sistema sanitario molto ben organizzato, vanta anche un’adesione elevatissima alla campagna. L’elevata efficacia si riflette nel rapido abbassamento dei contagi, anche se non sappiamo ancora quanto a lungo duri l’immunità.  Il vaccino Soberana 2 è basato su una tecnologia già utilizzata per altri vaccini, come quello anti-meningococco. Si tratta di un vaccino coniugato a subunità. In altre parole, una porzione della proteina Spike viene espressa in cellule in coltura in laboratorio, purificata e coniugata a un frammento (totalmente innocuo) della tossina difterica. Questa proteina ibrida ha una aumentata capacità di stimolare il sistema immunitario. Non si tratta quindi di un vaccino ad acidi nucleici, ma inocula la proteina già “pronta” come in molti vaccini tradizionali (per esempio quello anti-influenzale). I dati delle sperimentazioni cliniche dimostrano un’elevata efficacia (intorno o superiore al 90% nel prevenire i contagi) quando somministrato in due dosi con un terzo richiamo, il vaccino Soberana Plus, basato anch’esso su una porzione della proteina Spike ma non coniugato».