Artiglio del diavolo e boswellia, utilizzate in ambito delle patologie dell’apparato osteo-articolare, sono accomunate da un’attività antinfiammatoria e analgesica. I loro diversi meccanismi d’azione, tuttavia, generano alcune piccole differenze di applicazione

Le piante utili al trattamento delle patologie dell’apparato osteo-articolare devono possedere la capacità di intervenire sull’insieme dei fattori che contribuiscono a creare il quadro patologico. Sarà necessario, quindi, pensare alle due componenti fondamentali del problema: l’infiammazione e il dolore.

Assolvono a questa funzione le piante il cui fitocomplesso è caratterizzato dalla presenza di specifici gruppi di principi attivi, quali gli eterosidi antrachinonici e salicilici, gli alcaloidi, i triterpeni e i glicosidi iridoidi. Rappresentanti d’eccezione di questi ultimi due gruppi di principi attivi sono due rimedi naturali impiegati con notevole frequenza nelle formulazioni fitoterapiche indicate per il trattamento delle infiammazioni muscolo-scheletriche: l’artiglio del diavolo e la boswellia.

Seppur accomunate da un’attività antinfiammatoria e analgesica, questi due fitoterapici possiedono meccanismi d’azione tali da giustificare alcune piccole differenze di applicazione. Si meritano, quindi, di essere osservati da vicino, così da evidenziare punti di contatto ed eventuali differenze.

Artiglio del diavolo: benefici e proprietà

Harpagophytum procumbens o Arpagofito è una pianta a glicosidi iridoidi. Si tratta di sostanze amaroidi come l’arpagoside, l’arpagide e la procumbide, molecole iridoidi dotate di proprietà antireumatiche e antiflogistiche simili a quelle dell’indometacina e del fenilbutazone.

Il meccanismo d’azione, per quanto non ancora definitivamente chiarito, sembrerebbe basarsi principalmente sulla capacità dell’arpagoside di inibire, ad alte concentrazioni, l’attività della ciclossigenasi (COX-2), nonché la sintesi, e quindi la produzione, dell’ossido nitrico (NO), attraverso l’inibizione dell’espressione di alti livelli di ossido nitrico-sintetasi indicibile (iNOS), un modulatore dell’infiammazione.

Nel complesso la pianta, oltre a limitare la liberazione e quindi la concentrazione ematica di sostanze pirogene come le chinine e le prostaglandine, sarebbe in grado anche di ridurre la sensibilità a livello delle terminazioni nervose periarticolari.

Tra le attività farmacologiche attribuite all’arpagofito, sono state ampiamente dimostrate in laboratorio quella antinfiammatoria e analgesica periferica, ma anche quella miorilassante (spasmolitica), in virtù della capacità di regolare il flusso del calcio nella muscolatura liscia.

Indicato principalmente nel trattamento delle malattie degenerative dell’apparato muscolo-scheletrico e locomotore, oltre che nei dolori articolari in genere, l’harpagophytum ha trovato non poche conferme scientifiche nell’ambito di studi e metanalisi cliniche anche nel trattamento della lombalgia, dell’osteoartrite e del dolore osteo-articolare migrante.

Boswellia: non solo stati infiammatori

Per quanto riguarda la gommoresina di boswellia (Boswellia sacra e B. serrata Roxb., nota con il nome di incenso indiano o olibanum), responsabile dell’efficacia è una miscela di acidi triterpenici pentaciclici derivati dall’acido boswellico (acido betaboswellico, acido acetil betaboswellico, acido cheto betaboswellico, acido acetil-11-cheto betaboswellico), contenuti nell’essudato resinoso ottenuto per incisione dalla corteccia. Sono presenti, nella frazione resinosa, anche acidi triterpenici tetraciclici (acidi tirucallenici), beta-sitosterolo, alcuni flobafeni e piccole quantità di olio essenziale.

 

L’estratto di Boswellia serrata, quando opportunamente titolato e standardizzato in acidi boswellici, risulta indicato come rimedio naturale nel trattamento degli stati infiammatori, soprattutto di tipo cronico, come l’artrite, l’osteoartrite e i reumatismi dei tessuti molli. Non mancano i dati clinici (da sperimentazione su pazienti volontari affetti da osteoartrite) che mettono in evidenza la capacità della boswellia di ridurre non solo la sensazione di dolore, ma anche la rigidità mattutina tipiche di queste patologie infiammatorie.

Per l’azione antinfiammatoria è stato ipotizzato un meccanismo d’azione che comprende l’inibizione selettiva della produzione dei leucotrieni (mediatori coinvolti nei meccanismi di flogosi, al di fuori della cascata dell’acido arachidonico, relativa a prostaglandine e trombossano), ma anche, più recentemente, l’inibizione della PGE-sintetasi microsomie e della catepsina-G.

Gli estratti resinosi di boswellia serrata vanno annoverati anche tra le sostanze naturali indicate nel trattamento delle forme neuropatiche di dolore, soprattutto in presenza di protrusioni del disco intervertebrale.

Oltre che per l’apparato osteo-articolare, dimostra un tropismo elettivo verso l’apparato gastroenterico e respiratorio, evidenziando una preziosa azione antinfiammatoria sull’intestino (sindrome del colon irritabile, colite ulcerosa, morbo di Crohn, dissenteria) e sui bronchi (bronchite cronica e asmatica).

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