Un anziano su due nel nostro Paese assume dai 5 ai 9 farmaci al giorno e quasi il 60% della popolazione ultra-65enne manifesta scarsa aderenza alle terapie, in particolare contro depressione, ipertensione, diabete e osteoporosi. Questi sono alcuni dei dati emersi dall’indagine voluta da Aifa sull’appropriatezza prescrittiva per il paziente anziano.
Lo studio, primo del suo genere in Italia, è stato condotto analizzando i dati della letteratura e quelli di utilizzo in Italia, con l’obiettivo di quantificare l’ampiezza del fenomeno della politerapia e della qualità prescrittiva su tutta la popolazione anziana italiana (7,3 milioni di donne e 5,2 milioni di uomini per un totale di oltre 12 milioni di persone) attraverso l’utilizzo di un set di indicatori di qualità appositamente costruito dal Geriatrics Working Group (Gwg) dell’Aifa. Il Gwg comprende geriatri, farmacologi ed epidemiologi di comprovata esperienza e fama internazionale, che hanno ricevuto il mandato di sviluppare questi indicatori da utilizzare come base per i programmi di monitoraggio sull’impiego dei farmaci e per progettare interventi educativi che migliorino la prescrizione farmacologica a livello nazionale.
I risultati dell’indagine hanno evidenziato che in alcuni casi gli effetti positivi dei farmaci non sono pienamente recepiti e che a volte ci sono comportamenti potenzialmente a rischio che richiedono approfondimenti e lo sviluppo di nuove strategie per limitarli.
“La tutela della salute del paziente anziano attraverso il ricorso al farmaco”, spiega Sergio Pecorelli, presidente dell’Agenzia Italiana del Farmaco, “richiede particolare attenzione sia da parte del medico prescrittore che deve valutare l’opportuno bilanciamento tra i rischi e i benefici delle terapie, sia da parte della rete familiare e di assistenza che supportano l’anziano nel processo di cura favorendo la corretta assunzione dei medicinali”.
In sintesi i dati dimostrano che la metà della popolazione anziana assume da 5 a 9 farmaci al giorno e che l’11% della popolazione anziana assume più di 10 farmaci al giorno. In totale quasi sette milioni e mezzo di italiani anziani assumono 5 o più farmaci al giorno. Di conseguenza, e come atteso, il livello di aderenza al trattamento è problematico: circa il 50% dei pazienti ipertesi o con osteoporosi ha un’aderenza bassa e le percentuali sono ancora più elevate per i farmaci antidiabetici e per i farmaci antidepressivi. I bassi livelli di aderenza implicano che i pazienti non traggono tutto il beneficio possibile dai farmaci che assumono (controllo dei valori pressori, controllo dei valori glicemici, prevenzione delle fratture ecc.).
Altro dato importante riguarda l’uso concomitante di farmaci che possono provocare delle interazioni dannose (aumentando, ad esempio, il rischio di sanguinamento ed emorragie oppure di aritmie o insufficienza renale) e che, sebbene percentualmente basso (in genere minore dell’1%), coinvolge tuttavia un numero non irrilevante di pazienti (ad esempio, circa 100.000 pazienti anziani hanno ricevuto associazioni di farmaci che possono aumentare il rischio di sanguinamento ed altri 36.000 pazienti sono stati esposti all’uso contemporaneo di due o più farmaci che aumentano l’intervallo QT e, quindi, potenzialmente favoriscono l’insorgere di aritmie cardiache.
Considerazioni simili valgono per gli indicatori relativi ai farmaci che non dovrebbero essere utilizzati nei pazienti anziani: le percentuali sono basse (0,4-0,7% della popolazione), ma i numeri assoluti importanti (47.000-87.000 pazienti). La presenza di condizioni croniche multiple richiede trattamenti a lungo termine con regimi farmacologici complessi e in Italia ad assumere 10 o più farmaci al giorno sono 1,4 milioni di anziani.
“Gli indicatori di inappropriata prescrizione presentati nell’articolo”, sottolinea Massimo Fini, direttore Scientifico dell’IRCCS San Raffaele Pisana e tra i componenti del Gwg, “sono il frutto di un lungo lavoro svolto dal Working Group Aifa di Geriatria per dotare anche il nostro Paese di uno strumento per la valutazione della qualità della prescrizione basato non più sull’esperienza di Stati Uniti o Inghilterra, ma sui farmaci effettivamente utilizzati dai nostri medici. I risultati hanno dimostrato come comportamenti inappropriati siano molto frequenti, particolarmente per la sottoprescrizione di farmaci per terapie di lunga durata, ma anche per il rischio causato da combinazioni inadeguate di molecole. Nella situazione attuale, sempre più caratterizzata da quadri di complessità clinica in cui i pazienti sono contemporaneamente affetti da più malattie croniche, una prescrizione indiscriminata non è la soluzione e diventa quindi prioritario fornire il medico di strumenti che lo aiutino a utilizzare i farmaci nel modo più adeguato”.