La ricerca, condotta dai ricercatori dell’Università di Palermo sotto la guida della Professoressa Todaro, e sostenuta da Airc, individua i meccanismi che inducono resistenza alle terapie e potrebbe consentire, in futuro, lo sviluppo di strategie innovative per il trattamento dei tumori caratterizzati da un fenotipo aggressivo

Il tumore della mammella rappresenta la neoplasia maggiormente diagnosticata tra le donne, con un numero di nuove diagnosi ogni anno pari a 55mila. Benché la diagnosi precoce e l’avanzamento costante della ricerca medica abbiano portato oggigiorno a una sopravvivenza a 5 anni superiore all’87%, restano ancora numerosi i casi, diagnosticati in fase avanzata, in cui le terapie non sembrano determinare alcuna risposta, con il conseguente insorgere di metastasi e recidive che sovente portano al decesso delle pazienti.

Tumore al seno, la ricerca

Diversi studi avevano messo in luce l’esistenza di cellule altamente resistenti ai chemioterapici, responsabili di recidive e metastasi. In questo contesto, i ricercatori del dipartimento Promise dell’Università di Palermo guidati dalla Professoressa Matilde Todaro, in uno studio che ha avuto anche il sostegno di Airc (Associazione italiana per la Ricerca sul Cancro), hanno identificato una popolazione di cellule staminali tumorali, presenti nei tumori resistenti all’ormonoterapia e ai farmaci chemioterapici, caratterizzata da un’alta espressione di molecole coinvolte nei meccanismi di riparazione del Dna.

«Abbiamo identificato un meccanismo con cui i tumori della mammella possono resistere ai comuni trattamenti anti-tumorali – ha sostenuto la professoressa Todaro – L’uso di terapie in grado di colpire selettivamente le cellule tumorali più aggressive risparmiando le cellule sane dovrebbe permettere di contrastare la progressione dei carcinomi della mammella». Questo potrebbe consentire in futuro lo sviluppo di trattamenti targettizzati e innovativi per quelle tipologie di tumori giudicati più aggressivi.