Farmacie in trincea: “La farmacia non è quella di Covid-19”

Pubblichiamo la testimonianza della Dott.ssa Silvia Colombo, farmacista presso Farmacia Metalla di Milano, che ci ha voluto raccontare cosa vuol dire svolgere il proprio lavoro ai tempi del Coronavirus 

«La farmacia non è questa. Non è quella di Covid-19. È calato il silenzio di colpo, un silenzio innaturale che ci sta tenendo sospesi. Non si può più entrare insieme in farmacia ma solo uno per volta. L’ambiente prima era chiassoso, profumava di pulito, c’era il caldo piacevole del riscaldamento o il fresco che entrava dalla porta aperta perché è primavera, anche se non ce ne siamo accorti. C’erano i sorrisi, i nostri e i vostri, le risate, le chiacchiere, il dolore condiviso da abbracci e strette di mano. C’erano le pacche sulle spalle, il contatto di mani e talvolta anche i baci. C’era un rapporto stretto tra noi e voi. Insieme ai farmaci c’erano parole, consigli, contatti. Ora non più.»

«Sembriamo venuti dallo spazio, con mascherine che schiacciano il naso, ci fanno respirare aria in prestito e, non so per quale logica, ci rendono anche sordi. I guanti in lattice stretti ci tolgono la capacità di presa, ci limitano il tatto. Abbiamo una tuta sopra il camice: la misura giusta non c’era, dovevamo proteggerci in fretta così i sovracamici che ci hanno consegnato sono enormi, ci tolgono il respiro e impediscono il movimento. Siamo diventati di colpo astronauti dietro a paratie improvvisate di policarbonato, per creare una barriera in più tra noi e voi. Non si vedono più i sorrisi, solo gli occhi: occhi che si muovono veloci, per vedere se state entrando in troppi; occhi che vi scrutano per capire se state bene; occhi lucidi perché no, non state tutti bene…

Bisogna disinfettare il banco, il bancomat i telefoni e i PC. Ora c’è solo odore di alcool e disinfettante. Ce’ puzza di paura, di malattia. Ci sono sguardi persi, senza parole nel maneggiare le bombole di ossigeno, che si maneggiano troppo ora, troppo spesso e che adesso pesano per davvero. E poi di nuovo quel silenzio, quel silenzio penetrante. Non è questa la farmacia. Rivoglio, come unica paura, la paura bella , quella dell’ uscita dei turni di inizio anno, dove scoprirai se lavorerai a Pasqua o a Ferragosto. Dove ti arrabbi per un attimo ma poi “chissenefrega”. La paura di portare a casa la pelle…invece no, è una paura che non si può più sopportare. Non è questa la farmacia, la farmacia è quella che fa rumore. Il vostro e nostro rumore. Il rumore della vita.»

Dott.ssa Silvia Colombo

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