Gli zuccheri nell’alimentazione

La Nutrition Foundation of Italy, presieduta dal professor Andrea Poli, ha messo l’accento su come sovente il dibattito sugli zuccheri finisca per identificarli come i principali “nutrienti responsabili dell’incremento di sovrappeso e obesità” cercando di sfatare i falsi miti correlati al gusto dolce.

frutta

Infatti, mentre la comunità scientifica è in proposito divisa, come mostra il diffondersi di una “letteratura discordante”, è dimostrato che “diete eccessivamente restrittive” basate su “tentativi di controllo del peso tramite l’esclusione selettiva di vari alimenti” sono spesso inutili oppure dannose. Lo ha detto nel corso di un recente evento, organizzato da NFI, il professore associato di Psicologia clinica dell’università Cattolica del Sacro Cuore, Gianluca Castelnuovo, che ha di fatto invitato a non demonizzare i cibi dolci sottolineandone altresì gli effetti benefici sulla gestione dello stress. Quanto ad Andrea Poli, il numero uno della Fondazione, si è soffermato sulle revisioni dei consumi ottimali di zuccheri previste dalle nuove linee guida stilate dalla stessa Organizzazione mondiale per la sanità.

Si raccomanda”, ha detto Poli riportando i pareri espressi dall’Oms, “di limitare il consumo di zuccheri al di sotto del 10% delle calorie totali giornaliere, suggerendo che un’ulteriore riduzione al 5% potrebbe comportare benefici aggiuntivi per la salute. Senza dubbio alla base di questa revisione c’è anche la condivisibile idea che livelli elevati di assunzione di zuccheri siano associati a una cattiva qualità della dieta. Tuttavia c’è qualche perplessità della comunità scientifica su queste decisioni.

Da un lato”, ha argomentato Poli, “queste linee guida sembrano focalizzare l’attenzione su un unico componente dell’alimentazione: si corre così il rischio di perdere di vista l’apporto calorico totale o, peggio ancora, lo stile di vita nel suo complesso. Dall’altro lato, se correttamente interpretate, queste linee guida confermano che il consumo moderato di zuccheri è perfettamente compatibile con una alimentazione corretta e bilanciata”, è stata la sua conclusione.

Consumi di zuccheri in linea con i Larn

Importante è poi notare, come ha fatto con la sua relazione la responsabile della ricerca di NFI Franca Marangoni, che nel nostro Paese l’assunzione media di zuccheri è perfettamente rispettosa degli stretti parametri fissati dalle direttive più recenti. “Gli studi disponibili”, ha detto Marangoni, “riportano in Italia livelli di assunzione di zuccheri totali, cioè da cibi e bevande dolci, frutta e latte, piuttosto contenuti, al di sotto sia della soglia limite indicata come accettabile dai recenti Larn (Livelli di assunzione di riferimento di nutrienti ed energia) che suggeriscono per gli zuccheri solubili un apporto che non superi il 15% delle calorie giornaliere, e sia della media europea”. Anche perché studi come quello di Epic (European prospective investigation into cancer and nutrition) citato da Marangoni evidenziano come, su nove nazioni analizzate, l’Italia sia quella in cui la frutta gioca il contributo più importante alla quota degli zuccheri quotidianamente utilizzati.

Mentre il professor Carlo La Vecchia del dipartimento di Scienze cliniche e di comunità dell’università degli Studi di Milano, ha mostrato come

adeguate evidenze epidemiologiche consentono di escludere un’associazione fra dolcificanti non calorici e il rischio di diverse neoplasie comuni”,

Ilenia Grandone si è soffermata sul ruolo di un dolcificante naturale alternativo.

Il medico specialista di Scienza dell’alimentazione dell’Azienda ospedaliera Santa Maria di Terni ha parlato infatti di Stevia rebaudiana, originaria del Sud America e nota da millenni, i cui estratti hanno un potere dolcificante da 200 a 300 volte superiore a quello dello zucchero a fronte di un potere calorico irrisorio. Come altri edulcoranti a basso apporto calorico, può essere utilizzata per bevande, yogurt, prodotti da forno e marmellate. In più, “sembrerebbe avere effetti positivi sul senso di sazietà, sui livelli glicemici e insulinemici post-prandiali” ed essere “in grado di influenzare positivamente l’insulino-sensibilità”, ha commentato Ilenia Grandone.

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