L’assunzione regolare di omega 3 può fornire un contributo nel trattamento dello scompenso cardiaco e nella prevenzione della morte improvvisa postinfartuale. È questo l’aspetto più innovativo dei risultati presentati da Aldo Maggioni, direttore del centro studi Anmco (Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri). Gli omega 3 sono noti, a livello medico, per i loro effetti benefici nel trattamento della ipertrigliceridemia, ma recenti studi condotti su 7.000 pazienti hanno dimostrano che, in caso di scompenso cardiaco, l’aggiunta di 1g/die di omega 3 ai normali trattamenti riduce la mortalità di un ulteriore 10% e l’ospedalizzazione del 14%.
Sebbene la riduzione possa sembrare “moderata in termini percentuali”, ha spiegato Maggioni, in occasione dell’incontro “Omega3 – Alimenti, Integratori e Farmaci: le evidenze cliniche” tenutosi il 22 gennaio scorso presso il Circolo della Stampa a Milano. Inoltre, va considerato che è stata ottenuta “on-top di tutti gli altri trattamenti e senza aver avuto nessun problema rilevante di tollerabilità o di sicurezza. Per questo motivo, il trattamento è entrato nelle Linee Guida europee per il trattamento dello scompenso cardiaco cronico”, ha precisato il medico. Questa sindrome, ha ricordato, è la prima causa di ospedalizzazione in Italia dopo i 65 anni.
Farmaci non integratori
Alessandro Mugelli, professore ordinario al Dipartimento di neuroscienze, Area del farmaco e del bambino, dell’Università di Firenze, ha comunque tenuto a sottolineare che ci troviamo nell’ambito della prevenzione secondaria, quindi dell’utilizzo degli omega 3 in forma di farmaci. Ha, pertanto, invitato a non estendere oltre queste conclusioni. Non vi sono, infatti, implicazioni che gli integratori contenenti omega 3 abbiano alcun effetto sulla prevenzione primaria degli eventi cardiovascolari.
Integratori e farmaci, infatti, sono categorie ben distinte, come ebbe modo di spiegarci Bruno scarpa, direttore dell’Ufficio IV del Ministero della Salute (Alimentazione particolare e integratori) in occasione dell’inchiesta “Integratori alimentari – In farmacia vince la qualità” pubblicata sul numero di novembre 2015 di Farmacia News: “Se a un prodotto destinato a essere ingerito vengono attribuite finalità terapeutiche, la sola classificazione normativamente consentita è tra i farmaci, mentre se gli vengono attribuiti effetti benefici sulla salute, il prodotto si colloca tra gli alimenti, integratori compresi”.
L’integratore è un alimento, non un farmaco
“L’integratore nasce nell’area dell’alimento”, ha confermato, intervenendo all’evento, Paola Minghetti, professore associato del dipartimento di Scienze Farmaceutiche sezione di tecnologia e legislazione farmaceutica dell’Università degli Studi di Milano. Come per qualsiasi altro alimento, naturalmente, deve essere garantita la sicurezza, ma niente di più: non è richiesta alcuna sperimentazione clinica per dimostrarne l’efficacia, le concentrazioni non sono fissate per legge, la biodisponibilità potrebbe non essere mai stata valutata e non esistono nemmeno garanzie di riproducibilità tra lotto e lotto, perché i limiti normativi non sono così restrittivi come nel caso dei farmaci. “L’integratore alimentare, infatti, non può vantare proprietà terapeutiche”. Maggioni ha comunque rivelato che uno studio sul valore degli omega3 in prevenzione primaria è attualmente in corso in Italia.
Nel frattempo, per la prevenzione primaria degli eventi cardiovascolari, Mugelli consiglia di affidarsi a una dieta equilibrata e comprendente cibi contenenti omega 3 (associata a un corretto stile di vita).
Il ricorso all’utilizzo degli integratori può invece rappresentare un’opzione nel caso di effettive carenze di qualche elemento funzionale provocate da stati patologici o da specifiche condizioni ambientali. In quel caso, proprio per la variabilità di preparazioni disponibili, Mugelli suggerisce di rivolgersi a un farmacista, che può offrire indicazioni e un supporto competente nella scelta.