La presentazione del 15° Italian Diabetes Barometer Report mette in luce un quadro preoccupante: 73 i decessi per diabete in Italia su base quotidiana, con un’incidenza della patologia aumentata del 68% nell’ultimo decennio. Con il Covid-19 si è inoltre ridotto l’accesso alle prestazioni sanitarie, con le donne tra le principali rinunciatarie

Prevenzione: è questa la parola chiave attorno a cui ruota il messaggio emerso dalla presentazione della 15esima edizione dell’Italian Diabetes Barometer Report. Il rapporto è stato realizzato, come di consueto, dall’Italian barometer diabetes observatory (Ibdo) Foundation in collaborazione con Istat, con il contributo di Coresearch e Bhave e il contributo non condizionante di Novo Nordisk.

Come ha sottolineato Giuseppe Novelli, presidente della Fondazione Lorenzini, componente dello Steering Committee di Ibdo Foundation ed Editor in Chief del Diabetes Monitor, dell’Università di Roma Tor Vergata, «Dopo 25 anni di studi genetici abbiamo compreso che certe variabili sono reversibili. I geni sono coperti da un “vestito”, l’epigenetica, ma siamo noi a creare questo vestito, con stili di vita, alimentazione, attività fisica. I corretti stili di vita rappresentano dunque la chiave di volta. Appare dunque determinante puntare all’educazione alla salute, da avviare nelle scuole, nelle fabbriche, nelle industrie»

Prevenire la patologia

Il diabete è una malattia cronica non trasmissibile che, se non adeguatamente gestita, porta a complicanze molto invalidanti (cecità, complicanze cardiovascolari, amputazione degli arti inferiori) e finanche alla morte. Sono 73 i decessi in Italia direttamente imputabili al diabete ogni giorno e circa il triplo quelli che vedono il diabete tra le concause; 750 a livello europeo. Nell’ultimo decennio la prevalenza di diabete di tipo 2 è aumentata del 68%, con un’incidenza fortemente correlata all’aumentare dell’età. Proseguendo su questi trend, le stime Oms prevedono un aumento ulteriore dell’incidenza di patologia del 51% entro il 2045.

Ancor più che rispetto ad altre patologie, nel diabete di tipo 2 la prevenzione gioca un ruolo chiave; grazie a stili di vita corretti l’insorgenza della patologia può essere prevenuta in 1 caso su 2. Un altro elemento determinante è legato alla diagnosi precoce e al corretto trattamento. Basti pensare che la diminuzione di 1 punto percentuale di emoglobina glicata consente di ridurre del 14% il rischio di infarto, del 37% il rischio di complicanze cardiovascolari e del 21% i decessi.

Gli effetti della pandemia

Nell’ultimo biennio la situazione, anche per quanto attiene al diabete, è profondamente peggiorata. Innanzitutto, le restrizioni messe in campo per ridurre il contagio da Sars-Cov-2 hanno portato i pazienti a maggiore sedentarietà, aumento di peso, scelte alimentari scorrette unite ad un maggiore consumo di alcool e tabacco.

Allo stesso tempo, è stata riscontrata una crescente rinuncia alle cure, da parte soprattutto delle donne, sia per paura del contagio, ma prevalentemente legata a ragioni economiche o mancata volontà di cambiare stili di vita. È emerso, inoltre, un aumentato divario Nord/Sud nell’accesso alle cure e nella presa in carico, ma si sono profilate anche nuove opportunità per il paziente, come la telemedicina e il teleconsulto.

I costi diretti della patologia

Al di là del peso sociale e sanitario, il diabete impatta pesantemente anche a livello economico: a livello globale il paziente diabetico costa 3 volte di più di un paziente medio. Evidenza questa confermata anche a livello italiano, in cui il costo medio pro-capite si aggira intorno a 2.800 euro, così ripartiti: 40% spese di ricovero; 16% spese legate all’assistenza specialistica; 31% farmaci non ipoglicemizzanti; 9% ipoglicemizzanti; 4% device, con una stima complessiva di 9 miliardi di euro annui. Ad incidere in maniera determinante sui costi sono le comorbilità, sovente numerose, dei pazienti diabetici.

Guardare al futuro

In un momento di passaggio così importante, in cui si sta portando avanti una riforma del sistema sanitario nazionale che punti in primis all’assistenza territoriale, appare opportuno ribadire l’importanza di team multidisciplinari di presa in carico che siano in grado di gestire la patologia e tutte le sue complicanze.

I fondi del Pnrr rappresenteranno un’opportunità imprescindibile anche per la diabetologia, nel tentativo di superare i forti divari regionali ancora presenti. Basti in tal senso pensare che in Campania vengono eseguiti circa 400 interventi di amputazione per complicanze diabetiche ogni anno a fronte di 120 in Piemonte. Al tempo stesso occorre puntare alla patient advocacy, perché solo da una corretta conoscenza della patologia e dei suoi rischi sarà possibile arrivare a efficaci e condivise strategie di prevenzione.