Personalizzare la cura e personalizzare la longevità, arrivando cioè a offrire terapie e trattamenti “ad personam”, grazie alla stratificazione dei dati attraverso processi di machine learning, Intelligenza Artificiale, tecnologie, poi calati in ricerca e terapie. Identificazione di nuovi biomarcatori “misuratori” di longevità, bersaglio per farmaci innovativi o, più concretamente, funzionali a perfezionare stili di vita – dieta e attività fisica -. I comportamenti virtuosi che restano, ad oggi, i capisaldi e gli unici veri modulatori della longevità, prodromi di una longevità in salute.

Questa è la sfida della ricerca scientifica e della medicina attuale che ha ben presente l’impossibilità attuale di riportare indietro le lancette dell’orologio biologico, ma di ritardarne il tempo di scorrimento, certamente sì. Servono più ricerca, soprattutto ricerca indipendente svincolata dai puri interessi di mercato, formazione dentro le scuole, nelle accademie, sul territorio. Serve il supporto dei luoghi della cura – dalla farmacia alle terme –  transitando dall’ospedale a una “presa in carico” del quotidiano.

È necessaria una rottura dai paradigmi culturali del passato da una medicina e centri di Cura della Vecchiezza, a una Medicina e centri dei Sani, dove si cura lo stato di benessere in prevenzione e predittiva/protettiva di una longevità di qualità, per approdare a una medicina e centri della Longevità. Se ne è parlato al Milan Longevity Summit (26 marzo).

Dalla genetica agli stili di vita

La longevità è un fattore innato e “acquisito”: contano certamente i geni su cui, tuttavia, impattano in maniera importante le buone abitudini: «Le aspettative di vita (life span) – dichiara Silvio Garattini, farmacologo e Presidente dell’Istituto Mario Negri di Milano – sono oggi stimate a 81 anni per gli uomini e 85 per le donne, ponendo il nostro Paese al terzo posto in termine di longevità, ma che scende drasticamente al 15° posto, in termine di vita sana (health span), con molti dei nostri anziani pluricomorbidi e politratattati.

Il fenomeno trova una spiegazione nel fatto che l’attenzione della medicina si è concentrata sulla cura, un aspetto fondamentale che ha permesso il progresso in scienza e ricerca, lo sviluppo di molecole molto attive di trattamenti che hanno migliorato la qualità di vita, favorendo l’aspetto di mercato che ha l’interesse a promuovere la cura. Da qui, ad esempio, l’abbassamento dei livelli di colesterolo e quindi la necessità di assunzione per una più vasta gamma di popolazione di statine. Il mercato, tuttavia, ha fatto dimenticare che le malattie in molti casi sono evitabili con stile di vita sani, tra queste il 40% dei tumori. È necessaria una rivoluzione e culturale, che sposti l’attenzione sulla prevenzione, oltre che alla cura».

Prevenzione significa portare informazione specialistica ai medici, ma nelle Università mancano corsi/materie a essa dedicate; ai decisori, ma in Italia non abbiamo una Scuola Superiore di Sanità per coloro che si occuperanno di “governance” sanitaria, e soprattutto nelle scuole dove personale adeguatamente formato educhi i bambini e gli adolescenti che i mattoni della longevità si pongono da giovani con comportamenti preventivi e protettivi.

«È necessario che i medici ricevano una informazione indipendente, svincolata da quella del puro mercato. È importante – prosegue Garattini – che insieme al farmaco i medici prescrivano buone abitudini di vita e che le loro performance vengano valutati sul profitto, ovvero sul numero di pazienti in cui sono stati in grado di ridurre abitudini al fumo, peso ponderale, assunzione di una dieta sana». O “programmata”: ad esempio, vi sono evidenze sull’efficacia della dieta mima-digiuno: «Un recente studio – aggiunge Valter Longo, direttore del Longevity Institute della USC (University of Southern California) di Los Angeles (US) – che abbiamo recentemente pubblicato, mostra gli effetti di 3 o 4 cicli della dieta mina digiuno sull’età biologica, ridotta di circa 2 anni e mezzo. Il valore aggiunto è dato dal fatto che siamo ricorsi, come parametro di valutazione, non all’epigenetic clock, basato sulla metilazione del Dna, ma sul Bio Age clock, di Morgan Levine, basati su fattori di rischio accettati dalla comunità medica e considerati importanti per la salute: quali la proteina C reattiva, la pressione sanguigna sistolica, il colesterolo totale: marcatori di cui è stato valutato l’impatto predittivo in termini di probabilità di morte con un algoritmo appositamente studiato».

La prevenzione

A favorire la cultura della prevenzione, può contribuire sensibilmente il territorio, come la farmacia, osservatorio privilegiato della transizione demografica verso la longevità: «La farmacia avrà un ruolo chiave nell’intercettare in misura sempre maggiore i bisogni degli anziani – dichiara Annarosa Racca, Presidente Federfarma Lombardia – che dai 65 anni in poi si recano in farmacia in media più di una volta al mese, fino a una volta alla settimana con il progredire degli anni. La farmacia è impegnata su più fronti in ambito di prevenzione, con lo screening del colon retto, parte delle tante opportunità offerte dalla farmacia dei servizi, veri e propri punti di salute in cui l’anziano può ad esempio misurare il valore di colesterolo e glicemia, fare un Holter Pressorio e diversi altri test.

Investiremo molto sul Fascicolo Sanitario Elettronico, il nostro passaporto sanitario, che raccoglie tutte le indagini diagnostiche e le terapie in atto o assunte dal paziente; abbiamo contribuito a sostenere l’anziano dal punto di vista economico, sensibilizzando all’uso dei generici. Continueremo a investire nella farmacia dei servizi, sempre più orientata alla telemedicina, e a monitorare gli avanzamenti della medicina, proiettata a farmaci personalizzarti che richiederanno l’apprendimento all’uso da parte di un professionisti. La farmacia è pronta a educare il territorio a vivere bene e in salute».

Anche le terme stanno acquistando un ruolo crescente in ambito di prevenzione e trattamento: «Il sistema termale è esploso con la pandemia – conclude Massimo Caputi, Presidente Federterme – oggi le cure termali sono ad esempio a supporto nella terapia del Long Covid e riscoperte in tutta Europa, con un ruolo anche di riabilitazione, oltre che di prevenzione e cura. Sono noti ad esempio gli effetti di alcune acque sulle patologie del fegato e trigliceridi, e recenti studi dimostrano l’azione anti-invecchiamento e antiossidante delle acque termali, superiori agli integratori, inserendole in un contesto anche di longevità. Da queste acque estrarremo prodotti, perfettamente rispondenti ai criteri ETIS varati dall’Unione Europea, 50 principi che impongono la sostenibilità di un prodotto a metà fra turismo e medicina e che venderemo in farmacia».