Diabete tipo 1, quali barriere ostacolano l’uso del microinfusore

Nonostante l’utilizzo dei microinfusori garantisca una gestione migliore dei livelli glicemici nei pazienti con diabete di tipo 1, il loro utilizzo è ancora molto limitato: ad usarlo solo il 18% dei pazienti adulti e il 27% di quelli in età pediatrica. I risultati di una review pubblicata di recente su AboutOpen Diabetology

Per i pazienti affetti da diabete di tipo 1, per i quali l’insulina rappresenta un salvavita, le opzioni terapeutiche sono due: quella tradizionale, attraverso diverse iniezioni quotidiane di insulina, oppure l’utilizzo del microinfusore sottocutaneo.

Nonostante diversi studi abbiano mostrato come l’utilizzo del microinfusore garantisca risultati migliori nella gestione della malattia, a oggi sono ancora pochi i pazienti che scelgono questa opzione. A far uso di questo sistema, nel nostro Paese, sono infatti appena il 18% dei pazienti con diabete di tipo 1, 27% per quanto attiene all’età pediatrica, livelli ben lontani da percentuali più significative come il 40% degli Stati Uniti.

È quanto emerge da una review pubblicata di recente su AboutOpen Diabetology dal titolo “Oltre le barriere all’uso della terapia insulinica sottocutanea continua nel diabete di tipo 1: una nuova opportunità dai microinfusori senza catetere”, in cui gli autori fanno il punto sulle barriere che ostacolano una maggiore diffusione di questa tecnologia e che spesso sono causa di drop out da parte dei pazienti più giovani.

Fattori modificabili e non modificabili

La review considera le barriere che impediscono la maggiore diffusione di una tecnologia come appartenenti a due diverse categorie: i fattori non modificabili e i fattori modificabili. Tra i non modificabili rientrano i fattori socio-economici, l’accesso alle cure e altri parametri di natura demografica. Nel secondo insieme invece quelli che possono essere affrontati a livello personale o nel contesto familiare.
In questo quadro si inserisce la tecnologia, che consente il passaggio dalle iniezioni multiple di insulina all’infusione sottocutanea continua: anche in questo caso, ritengono gli autori, è possibile intervenire sui fattori modificabili per aumentarne la diffusione, valutando gli ostacoli e possibilmente superandoli grazie al supporto del team diabetologico che saprà indicare il device più indicato per il paziente.

Le principali barriere

Un’indagine condotta su un campione di 1.503 pazienti, effettuata attraverso un questionario che contemplava una lista di 19 barriere, ha rivelato che i pazienti hanno identificato come barriera principale i costi (di forniture, dispositivo, copertura assicurativa), un problema presente in regimi sanitari assicurativi diversi dal nostro.

A seguire sono stati indicati: il non gradire indossare dispositivi, incluso il fastidio di doverli portare (47%), non gradire la presenza del dispositivo sul proprio corpo (35%). È emerso inoltre che i pazienti più giovani hanno identificato un numero maggiore di barriere e che lo stesso è avvenuto per le pazienti di sesso femminile. Per quanto riguarda i pazienti pediatrici, i genitori considerano ostativi due fattori: il fardello fisico sul bambino; l’apprensione circa l’efficacia del microinfusore.

L’interruzione del trattamento in bambini e adolescenti in Italia si attesta al 6,1%.

La nuova frontiera: le patch-pump

Partendo dalle esigenze e dalle preferenze dei pazienti, recentemente sono stati sviluppati microinfusori di dimensioni più piccole, senza catetere. Sono i cosiddetti patch pump, che aderiscono al corpo grazie a un cerotto adesivo. I benefici sono numerosi: dimensioni più piccole, maggiore discrezione, dispositivi più leggeri, assenza del catetere che determina meno problemi con il set di infusione di insulina, ago non visibile, piena libertà di movimento, semplicità di uso e caratteristiche del design apprezzate dai pazienti.

Attualmente questi device possono essere controllati da remoto, consentendo anche grande accuratezza e precisione nell’erogazione dell’insulina e di eventuali boli correttivi e rappresentando una valida opportunità terapeutica per i pazienti con diabete di tipo 1.