Nella riunione di fine ottobre, il Comitato per la Sicurezza di Ema ha confermato la raccomandazione circa il ritiro delle autorizzazioni all’immissione in commercio nell’Unione Europea per i medicinali a base di amfepramone. Questi medicinali, per il trattamento dell’obesità, non sono comunque autorizzati in Italia
Il Comitato per la sicurezza (Prac) dell’Agenzia europea per i medicinali (Ema) ha confermato la raccomandazione di ritirare le autorizzazioni all’immissione in commercio nell’Unione Europea per i medicinali per l’obesità a base di amfepramone.
L’amfepramone, anche detto diethylcathinone e dietilpropione, rientra tra i farmaci psicoanalettici semplici a massima psicoselettività e impronta adrenergica. Si tratta di una molecola amfetamino-simile, pertanto ad azione stimolante.
Sono medicinali autorizzati in alcuni Stati Membri UE per il trattamento di pazienti obesi, con indice di massa corporea di almeno 30 kg/m2, per i quali altri metodi di riduzione del peso non sono stati efficaci. I medicinali a base di amfepramone sono autorizzati per un periodo di trattamento che va dalle 4 alle 6 settimane, e comunque non superiore ai 3 mesi. Questi farmaci non sono autorizzati nel nostro Paese e l’amfepramone è incluso nella tabella I della Legge 309/90, che disciplina le sostanze ad azione stupefacente.
Le ragioni della raccomandazione del Prac
La raccomandazione di fine ottobre fa seguito al riesame della precedente raccomandazione del Prac di giugno 2022, richiesta dai titolari delle autorizzazioni all’immissione in commercio.
È emerso, infatti, che le misure per limitare l’uso di questi medicinali per motivi di sicurezza non sono state sufficientemente efficaci. Sovente i medicinali venivano assunti per un periodo prolungato, superiore ai 3 mesi, che risultava essere comunque il periodo massimo raccomandato, aumentando così potenzialmente il rischio di gravi effetti collaterali, come ipertensione arteriosa polmonare (pressione sanguigna alta nelle arterie dei polmoni) e dipendenza.
I medicinali, inoltre, vengono utilizzati anche in pazienti con una storia di malattie cardiache o disturbi psichiatrici, aumentando il rischio di problemi cardiaci e psichiatrici. Sono state infine rilevate evidenze d’uso in gravidanza, con rischi potenziali per il nascituro.