Stando all’Organizzazione Mondiale della Sanità – OMS, l’emicrania è la terza malattia più frequente e la seconda più debilitante per il genere umano: a soffrirne a livello globale il 14% della popolazione.

Ad esserne maggiormente colpite sono però le donne, con un rapporto di 1 a 3 rispetto agli uomini, anche per via di fluttuazioni ormonali e ciclo riproduttivo. Nonostante queste evidenze, la presa in carico delle donne con emicrania presenta ancora numerose criticità: dalla mancanza di un approccio multidisciplinare alla carenza di riferimenti medici a livello territoriale, dalla disomogeneità di percorsi diagnostico-terapeutico-assistenziali a deficit nella formazione e nella comunicazione.

Il gruppo di lavoro Onda-ANIRCEF e i suoi obiettivi

Sono questi i primi risultati derivanti da un gruppo di lavoro composto da Fondazione Onda e Anircef – Associazione neurologica italiana per la ricerca sulle cefalee, presentati in occasione di un evento promosso alla Camera dei Deputati dall’Onorevole Ilenia Malavasi lo scorso 31 gennaio dal titolo “Percorso emicrania donna: organizzazione dell’assistenza integrata”, organizzato con il contributo non condizionante di Teva e il patrocinio di Al.Ce. Group Italia- CIRNA Foundation Onlus e di AIC onlus, Associazione Italiana per la Lotta contro le Cefalee. 

Il gruppo di lavoro ha per obiettivo lo sviluppo di un nuovo modello di gestione delle pazienti con emicrania che tenga conto delle peculiarità dei diversi cicli vitali femminili e di alcuni aspetti specifici relativi al genere femminile per garantire una presa in carico multidisciplinare appropriata, tempestiva ed efficace.

«Il progetto, realizzato grazie allo sforzo congiunto di Fondazione Onda e ANIRCEF, rappresenta un altro importante passo nel nostro impegno a tutela della salute, in particolare delle donne, che sono di gran lunga le più colpite da questa malattia e con sintomi più forti. I risultati che presentiamo oggi rappresentano indubbiamente l’inizio di un grande lavoro da portare avanti. Ci auguriamo che l’esperienza di questo gruppo di lavoro possa portare all’elaborazione di un modello bio-psico-sociale di gestione delle donne con emicrania, tenendo conto di tutte le specificità delle fasi di vita femminili, partendo dalla pre-adolescenza per poi arrivare alla menopausa. Ringraziamo, per questo, tutti i soggetti che hanno aderito con impegno all’iniziativa», ha sostenuto la Presidente di Fondazione Onda, Francesca Merzagora.

Donne, emicrania e fasi della vita

A soffrire di emicrania in modo significativo in età adulta è circa 1 donna su 4. Le prime manifestazioni dell’emicrania dell’età adulta compaiono con l’arrivo del menarca, che, in alcuni casi può essere anche molto invalidante con ricadute anche sulle scelte scolastiche.

Nel periodo adolescenziale e nelle giovani donne inoltre, il ricorso alla pillola contraccettiva è assai frequente. Resta tuttavia che nelle donne con emicrania con aura, l’uso di estrogeno-progestinici aumenta il rischio di ictus ischemico: di 3 volte rispetto alla popolazione generale, che è di 8 casi ogni 100mila abitanti, nel target 26-34 anni e fino a 144 casi ogni 100mila abitanti nelle over35.

Gravidanza e allattamento

Oggetto di focus anche la gravidanza e l’allattamento, periodi in genere favorevoli per la donna con emicrania: sperimentano un miglioramento dei sintomi il 65% delle pazienti con emicrania senza aura, il 55% di quelle con aura.

A fronte, tuttavia, il 30% delle donne non sperimentano una riduzione o scomparsa dei sintomi e una parte di queste registra addirittura un peggioramento della situazione. I trattamenti farmacologici disponibili per il periodo gestazionale sono pochi, anche se risulta efficace il ricorso a terapie non farmacologiche, come tecniche di rilassamento o agopuntura (ma ci sono pochi centri e il trattamento è riconosciuto come LEA solo in poche regioni). 

Da notare inoltre, è stato sottolineato, che in particolare nei casi di emicrania con aura esistono dei rischi per la gestante che vanno gestiti in team: la preeclampsia, cioè l’ipertensione gestazionale associata ad un alto livello di proteine nelle urine è uno di quelli, con un rischio aumentato di 13 volte rispetto a donne che non presentano emicrania, piuttosto che rischi trombotici. 

Rimane, invece, una zona d’ombra, la procreazione medicalmente assistita – PMA, a causa della mancanza di dati sufficienti in letteratura. Nella pratica clinica si registra tuttavia un alto tasso di abbandono della PMA da parte delle donne dopo il primo tentativo.

La stimolazione ormonale utilizzata per il prelievo degli ovociti, infatti, è identificata come la causa principale degli attacchi di emicrania e dell’esacerbazione dei sintomi associati. La presenza di emicrania, inoltre, deve essere attentamente considerata prima di sottoporsi a tecniche di riproduzione assistita e il ginecologo deve prendere in considerazione la somministrazione di protocolli più leggeri.

Emicrania e menopausa

Ancora, in menopausa, un momento molto delicato per la donna, i sintomi dell’emicrania si alleviano in un terzo delle donne. In 1/3 l’andamento rimane stabile, in genere acuendosi con fenomeni ipertensivi, mentre nel terzo restante tende a cronicizzarsi.

La terapia ormonale sostitutiva può rappresentare una opzione efficace, ma sono necessari formazione e informazione e PDTA dettagliati. Anche nelle pazienti oncologiche, infine, il trattamento è spesso associato ad un peggioramento dei sintomi dell’emicrania, il che è particolarmente evidente con le terapie ormonali contro il tumore del seno.

Necessaria una gestione coordinata e integrata

Alla luce di questo scenario, che evidenzia chiaramente come nelle donne l’emicrania sia non solo più comune ma più invalidante, con ricadute pesanti sia in termini di comorbidità sia in termini di implicazioni sulla qualità della vita – relazionale, professionale, familiare – emerge chiaramente la necessità di una gestione coordinata e integrata della donna con emicrania, di una maggiore collaborazione tra tutti gli specialisti coinvolti, di una adeguata formazione dei professionisti – dal MMG al farmacista, al ginecologo, allo psicologo, al pediatra.

Un approccio integrato serve ad offrire alle pazienti tempestività, appropriatezza ed efficacia nei trattamenti, fattori questi che concorrono ad un miglioramento della qualità di vita delle pazienti e ad una maggiore sostenibilità per il SSN.