Secondo quanto afferma Rachele Aspesi, Farmacista & Dietista specializzata in Nutraceutica, è compito dei farmacisti avvisare della presenza di alcool nelle formulazioni farmacologiche, specialmente nel caso di soggetti che fanno uso sia di numerosi farmaci sia di alcool nella vita sociale.
Occorre fare, inoltre, particolare attenzione alle persone che assumono farmaci che potrebbero interagire con l’alcool, compreso quello utilizzato come eccipiente in altre formulazioni, in quanto si potrebbero generare fenomeni di interazioni svariati, il cui risultato non è altro che la modifica degli effetti del farmaco a causa dell’alcool o la trasformazione dell’effetto dell’alcool, causata da una particolare molecola terapeutica; in entrambi i casi, spesso, le interazioni sono dovute a interferenze reciproche nei rispettivi metabolismi. L’etanolo è in grado, infatti, di generare interazioni con meccanismo farmacocinetico, come nel caso di numerosi farmaci metabolizzati a livello del citocromo P-450 epatico, il quale viene inibito dall’uso costante di dosi, anche non necessariamente massicce, di alcool. Oppure esso può interagire anche attraverso meccanismo farmacodinamico, generando effetti potenzianti o inibitori nei confronti di alcuni principi attivi terapeutici usati in concomitanza (ipoglicemizzanti orali, insulina, benzodiazepine).
È compito del farmacista anche sottolineare la presenza di alcool in alcuni farmaci per pazienti in trattamento con disulfiram, il medicinale per eccellenza usato per dissuadere dal consumo di alcool; esso agisce interferendo con il metabolismo dell’etanolo e producendo un innalzamento delle concentrazioni di acetaldeide. Le conseguenze sono sgradevoli e d’intensità variabile a seconda della quantità di alcool introdotto: sudorazione, coliche intestinali, nausea, vomito, visione offuscata, dispnea, iperventilazione, tachicardia, ipotensione, confusione.
Occorre, infine, far presente la presenza di alcool in preparati medicinali a pazienti che non vogliono assumere etanolo, per esempio perché astemi o soggetti che se ne astengono per motivi religiosi, come i musulmani.
Caterina Lucchini