Il via libera della Commissione Europea è arrivato alla luce dei risultati dello studio di fase tre ikema, che ha mostrato come la combinazione di farmaci riduca del 47% il rischio di progressione di malattia e morte nei pazienti recidivati sottoposti ad almeno una precedente terapia
Lo scorso 19 aprile la Commissione Europea ha approvato l’utilizzo del Sarclisa (isatuximab) in associazione a carfilzomib e desametasone nel mieloma multiplo recidivato (secondo tumore ematologico maligno per diffusione, con circa 130mila nuove diagnosi annuali a livello globale, di cui 39mila a livello europeo). Isatuximab è un anticorpo monoclonale che si lega a un epitopo specifico sul recettore CD38 sulle cellule di mieloma multiplo
Questa approvazione si basa sui risultati ottenuti dallo studio di fase 3 Ikema, uno studio clinico randomizzato e multicentrico effettuato su 302 pazienti con mieloma multiplo recidivato di 69 centri in 16 Paesi. L’obiettivo primario dello studio Ikema era quello di testare la sopravvivenza libera da progressione. La terapia di combinazione con Sarclisa ha ridotto il rischio di progressione della malattia o di morte del 47% rispetto a quella riscontrata in pazienti trattati con la cura standard a base di desametasone e carfilzomib.
Gli endpoint secondari
Gli endpoint secondari dello studio Ikema hanno valutato la profondità della risposta della terapia di combinazione con isatuximab rispetto alla terapia standard a base di desametasone e carfilzomib. Le variabili considerate sono state il tasso di risposta globale, la risposta completa, la risposta parziale molto buona e la negativizzazione della malattia minima residua. Mentre il tasso di risposta globale è rimasto simile per entrambi i gruppi con variazioni non statisticamente significative, la risposta completa è stata del 39,7% nel gruppo in terapia combinata con isatuximab a fronte del 27,6% dell’altro gruppo. Il tasso di risposta parziale molto buona è stato del 72,6% per i pazienti che hanno ricevuto la terapia di combinazione con isatuximab e del 56,1% per i pazienti trattati con terapia standard. La negativizzazione della malattia residua è stata osservata nel 29,6% dei pazienti trattati con combinazione di isatuximab rispetto al 13% riscontrato nell’altro gruppo, indicando che quasi il 30% dei pazienti trattati con la terapia di combinazione a isatuximab ha raggiunto livelli non rilevabili di mieloma multiplo.
Le reazioni avverse
Le reazioni avverse più frequenti sono state:
- reazioni all’infusione (45,8%);
- ipertensione (36,7%);
- diarrea (36,2%);
- infezione del tratto respiratorio superiore (36,2%);
- polmonite (28,8%);
- affaticamento (28,2%);
- dispnea (27,7%);
- insonnia (23,7%);
- bronchite (22,6%);
- mal di schiena (22,0%).
Reazioni avverse gravi si sono verificate nel 59,3% dei pazienti trattati con la terapia di associazione a Sarclisa e nel 57,4% dei pazienti trattati con terapia standard. La sospensione permanente del trattamento a causa di reazioni avverse è stata riportata nell’8,5% dei pazienti trattati con la terapia di associazione isatuximab e nel 13,9% dei pazienti trattati con desametasone e carfilzomib. Eventi avversi fatali sono stati riportati nel 3,4% dei pazienti trattati con la terapia di associazione Sarclisa e nel 3,3% con terapia standard.
La seconda approvazione in 12 mesi
Si tratta della seconda approvazione del Sarclisa (isatuximab) in combinazione a terapie standard in meno di 12 mesi. Nel giugno 2020, infatti, Sanofi aveva annunciato l’approvazione dell’isatuximab in combinazione a un’altra terapia standard basata su pomalidomide e desametasone (pom-dex) come trattamento per pazienti adulti con mieloma multiplo recidivato e refrattario che avessero ricevuto almeno due terapie precedenti tra cui lenalidomide e un inibitore del proteasoma, dimostrando una progressione della malattia a seguito dell’ultima terapia.
«Il 73% dei pazienti trattati nello studio Ikema con il regime isatuximab ha raggiunto una riduzione del volume della malattia pari o superiore al 90% e quasi il 30% ha conseguito una risposta profonda con malattia non dimostrabile con le tecniche di laboratorio tradizionali – ha commentato Michele Cavo, Direttore dell’Istituto di Ematologia “Seràgnoli” Ircss azienda ospedaliero-universitaria di Bologna e principal investigator dello studio Ikema in Italia. – Essendo il mieloma una patologia al momento priva di cura nella maggior parte dei pazienti e andando questi incontro a sequenziali ricadute della loro malattia, è importante proseguire con determinazione nello sviluppo di innovative opzioni di trattamento».