In oltre 100 Paesi l’ultimo giorno del mese di febbraio si celebra la Giornata Mondiale delle Malattie Rare, un’iniziativa istituita nel 2008 nella giornata del 29 febbraio, data “rara” che ricorre solo una volta ogni 4 anni. Per malattie rare si intendono quelle patologie che colpiscono non più di 5 individui ogni 10mila persone. Sono tante ed eterogenee: possono essere, per esempio, patologie genetiche, oncologiche, degenerative.

Nel nostro Paese si conoscono tra le 6 e le 10mila malattie rare, anche se ad oggi è possibile curarne solo una parte estremamente residuale, pari a circa 300. In Italia ne sono colpite circa 2 milioni di persone (si stima siano 300 milioni a livello globale), il 70% delle quali in età pediatrica.

Le malattie rare non coinvolgono tuttavia solo coloro che ne sono affetti, ma anche le famiglie e il mondo dell’associazionismo. C’è dunque un crescente bisogno di attenzione, capillarizzazione, personalizzazione e accessibilità a cure qualificate. Non solo: i soggetti affetti da malattie rare non hanno bisogno soltanto di cure e assistenza, ma ancor più del riconoscimento della propria dignità e di inclusione sociale.

I traguardi raggiunti

Gli ultimi due anni segnati dalla pandemia da Covid-19 hanno rappresentato un momento di svolta importante anche per le malattie rare. Nel 2020 con l’istituzione, con Decreto Ministeriale, presso l’Istituto superiore di sanità, di un gruppo di lavoro sullo screening neonatale esteso, ma anche e soprattutto, nel 2021, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Testo Unico sulle Malattie Rare, un obiettivo a lungo perseguito.
Inoltre, nel mese di dicembre 2021, la prima risoluzione delle Nazioni Unite che pone le malattie rare tra le priorità dell’Agenzia, adottata da 193 Paesi.

«L’Istituto superiore di Sanità (Iss), che in questo ambito ha il suo perno nel Centro nazionale malattie rare, è da sempre impegnato al fianco dei team regionali e delle associazioni di pazienti – ha dichiarato Silvio Brusaferro, presidente dell’Iss, in occasione del convegno “Malattie rare: traguardi raggiunti e sfide future”, tenutosi lo scorso 21 febbraio e organizzato da Uniamo Federazione italiana malattie rare e Istituto Superiore di Sanità in collaborazione con il Ministero della Salute – Le malattie rare, inoltre, sono un vero e proprio paradigma per altre malattie. Lo sono dal punto di vista organizzativo, grazie alle reti, europee e internazionali, lo sono per la ricerca perché permettono di indagare i meccanismi patogenetici anche di altre malattie, lo sono infine per il rapporto del paziente con chi è attorno a lui».

I prossimi obiettivi

Eva Pesaro, vicepresidente di UNIAMO (Federazione italiana malattie rare, che opera da oltre 20 anni per la tutela e la difesa dei diritti delle persone con malattia rara e delle loro famiglie e ha oltre 150 associazioni affiliate), ha ricordato che «L’approvazione del piano nazionale malattie rare dovrà integrarsi all’interno del Pnrr, incentivare la ricerca su queste patologie unitamente a una più stretta collaborazione pubblico-privato. A livello di diagnosi e cura sarà necessario implementare l’utilizzo di tecniche omiche nella pratica clinica e altre modalità di diagnosi precoce; promuovere e sviluppare la collaborazione nazionale e internazionale per lo sviluppo di una rete per le patologie non diagnosticate e ultra rare; provvedere a un aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, con l’emanazione del decreto tariffe e l’aggiornamento del nomenclatore. Per quanto riguarda la formazione e l’informazione, l’impegno intrapreso è quello di supportare corsi specifici per le malattie rare, implementare i corsi obbligatori con specifiche sessioni dedicate alle malattie rare; stimolare le società scientifiche a introdurre, nei loro convegni, specifici speech sulle malattie rare e diffondere la conoscenza di queste patologie anche nelle professioni sanitarie. oltre a promuovere una informazione scientifica corretta a riguardo».

L’importanza della legge 167/2016

In Italia, la legge 167 del 2016 ha segnato un punto di svolta importante per le malattie rare attraverso l’istituzione dello screening neonatale esteso, che ha affidato all’Iss il centro di coordinamento. La prima indagine, di fine 2018, che mirava a comprendere la situazione degli screening neonatali in Italia, restituì una foto della penisola in cui lo screening neonatale veniva effettuato con non poche difficoltà e con forti disomogeneità territoriali.

«Tra le progettualità future, un’azione propulsiva in merito al recepimento da parte delle regioni della normativa nazionale perché tutti i centri di screening abbiano i medesimi standard qualitativi per garantire uniformità di trattamento» ha sostenuto il dottor Piccioli, direttore generale dell’Iss e responsabile del Centro di Coordinamento dello screening neonatale.

Il Testo Unico

«Moltissimo è stato fatto, ma c’è ancora molto da fare – ha sostenuto Domenica Taruscio, Direttore del Centro per le Malattie Rare – Il testo unico fornisce una cornice normativa che mira ad uniformare il trattamento delle malattie rare su tutto il territorio italiano e promuovere la ricerca preservando le buone pratiche e i percorsi sviluppati negli ultimi anni»

Per il futuro occorre garantire i finanziamenti

«Siamo in un momento storico unico, abbiamo concluso alcuni percorsi aperti da molto tempo, e abbiamo le risorse per dare gambe ad una serie di progettualità» ha sostenuto Andrea Urbani, Direttore generale della Programmazione Sanitaria del Ministero della Salute.

Sul tema delle risorse è intervenuto anche il Vice Ministro alal Salute Pier Paolo Sileri, ricordando che esistono ancora esigenze non soddisfatte e che per poter avanzare ulteriormente il problema dei finanziamenti rimane quello cruciale, senza i quali non è possibile realizzare nulla. «Dopo due anni di pandemia dobbiamo reinventare un modello di sanità efficiente all’interno del quale va dato adeguata attenzione alle malattie rare».