In Italia i consultori familiari dovrebbero essere 1 ogni 20 mila abitanti, ma di fatto sono uno ogni 32.325. Forte inoltre la carenza di personale. Il quadro emerge dall’indagine realizzata dall’Iss e finanziata dal Ministero della Salute

I consultori familiari dovrebbero essere uno ogni 20 mila residenti in Italia. Nella realtà, le strutture presenti sono una ogni 32.325 abitanti. Un altro elemento di criticità è determinato dalla carenza di personale al loro interno, tanto che le ore di lavoro settimanali per il ginecologo sono inferiori di 6 rispetto allo standard, -11 per l’ostetrica, -25 per l’assistente sociale e -1 per lo psicologo.

Sono questi i risultati che emergono dall’indagine condotta dall’Istituto superiore di sanità e finanziata dal Ministero della Salute relativa ai consultori familiari per il periodo 2018-2020. Un’indagine articolata in due volum,i che ha fotografato la rete degli oltre 1.800 consultori presenti in Italia a livello nazionale.

“La capacità attrattiva dei consultori familiari risulta chiaramente associata con il loro bacino di utenza: maggiore è la diffusione nel rispetto della loro natura di servizio di prossimità, più numerosa è l’utenza che vi si rivolge. Questo dato sottolinea l’importanza di arrestare e invertire il processo di costante riduzione del numero di sedi e del depauperamento delle risorse umane, in atto da decenni, che si traduce nella impossibilità di lavorare secondo i principi della multidisciplinarietà e dell’offerta attiva. Si tratta inoltre di un fenomeno che mina l’identità dei consultori familiari che si vedono costretti a penalizzare le attività programmatiche di prevenzione e di promozione della salute rivolte alla comunità” si legge nel report.

L’organizzazione del rapporto

Il rapporto si articola in due volumi. Il primo analizza i risultati principali dell’indagine, seguiti da approfondimenti su alcune tematiche di interesse prioritario; il secondo si concentra sui risultati di carattere regionale, consentendo un confronto dell’offerta di servizi tra i diversi territori.

I temi affrontati dal rapporto Iss sono la salute della donna durante il corso della vita, l’interruzione volontaria di gravidanza e la contraccezione, i consultori e le giovani generazioni, il percorso nascita, l’accompagnamento alla genitorialità, la salute mentale perinatale, il contrasto alla violenza di genere.

Buona l’assistenza alla nascita, trascurati i giovani

Dal rapporto emerge come ci sia un buon livello di programmazione per quanto concerne i corsi di accompagnamento alla nascita (94,4%), l’educazione affettiva e sessuale (88,9%) e l’allattamento (87,8%). Discreta anche l’attenzione alla prevenzione oncologica, di poco inferiore all’80%. Scarsa l’attenzione all’uso di sostanze (26,1%), e poche soprattutto le attività rivolte ai giovani.

La situazione a livello regionale

Dall’indagine emerge, come evidenziato in precedenza, un numero di consultori ben al di sotto di quanto previsto dalla legge 34 del 1996 che ne prevede uno ogni 20 mila residenti. Solo in 5 Regioni e Province Autonome il numero di consultori è di 1 ogni 25 mila residenti; in altre 5 Regioni e PA italiane tuttavia, il numero è di appena 1 struttura ogni 40 mila residenti. Molto diversa è anche la disponibilità delle figure professionali nei diversi territori: la disponibilità del ginecologo oscilla dalle 5,4 ore della PA di Bolzano alle 22,4 ore dell’Emilia Romagna; quella dell’ostetrica dalle 12,4 della Liguria alle 80 della PA di Trento.

Anche la disponibilità di psicologi e assistenti sociali appare generalmente sottodimensionata e molto variabile. Le ore settimanali della figura dello psicologo variano da 1,9 (Piemonte) a 31,2 (Lombardia) mentre quelle dell’assistente sociale variano da 0 (Valle d’Aosta) a 29,8 (Basilicata). Nonostante a livello nazionale la situazione evidenzi una generale carenza di strutture e di personale, ad una lettura più attenta si evidenzia una forte variabilità regionale.

Puntare sul territorio

“In questi anni di emergenza pandemica da Covid-19 – ha scritto il presidente dell’Istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro nella presentazione – si è rafforzata nel Paese la consapevolezza dell’importanza di disporre di una rete integrata di servizi territoriali di base in grado di assicurare capillarmente la presa in carico delle persone e delle comunità, garantendo l’accessibilità e la continuità delle cure anche alle fasce di popolazione socialmente più svantaggiate e più difficili da raggiungere.

L’auspicio è che i risultati di questo progetto possano concretizzarsi in uno strumento di confronto utile ai professionisti che operano sul territorio e ai decisori che, a vari livelli, sono chiamati a riflettere e a dare risposte sul futuro di questi servizi strategici in un’ottica di valorizzazione della tutela e promozione della salute, inserendoli a pieno titolo nella riorganizzazione territoriale prevista dal Pnrr”.