Covid-19 e disturbi del sonno

La pandemia ha inciso negativamente sul sonno nel 46% degli italiani. È uno dei dati emersi dal World Sleep Study 2021. Il 35% degli intervistati si dice interessato a fruire di servizi di telemedicina per affrontare problemi legati al sonno

Dall’inizio della pandemia da Covid-19 sono aumentati i casi di insonnia, legati ad ansia e a depressione. Numerosi studi hanno evidenziato quanto l’emergenza sanitaria in corso abbia contribuito all’aumento di fenomeni ansiosi e depressivi, influendo anche sul sonno. A rivelarlo è il World Sleep Study 2021, sesta edizione della ricerca volta a rilevare atteggiamenti, percezioni e comportamenti relativi al sonno in 13 Paesi del mondo (Italia, Australia, Brasile, Cina, Francia, Germania, India, Giappone, Paesi Bassi, Singapore, Corea del Sud, Regno Unito e Stati Uniti), con un campione, per ciascuno, di circa mille individui. 

Dallo studio emerge che la pandemia ha inciso negativamente sul sonno nel 46% degli italiani, con un impatto maggiore sulle donne (50% vs 41% degli uomini). Un dato significativamente superiore alla media globale, che si attesta invece al 37%. Ancor più marcato il gap in relazione allo stress, che con il 41% rimane il primo fattore di disturbo del sonno in Italia, con un’incidenza quasi doppia di quella riscontrata sul campione totale (24%). È proprio la pandemia la prima causa di questo stress per il 60% degli italiani, dato superiore rispetto alla media riferita a tutti i Paesi, la quale si attesta al 47%. Su scala globale, le preoccupazioni maggiori derivano dai problemi finanziari.

A innescare il circolo vizioso da “ansia pandemica”, stress e disturbi del sonno, contribuisce in modo significativo l’utilizzo dello smartphone, consultato a letto dall’84% degli italiani (75% media globale) e dal 42% come ultimo rito prima di addormentarsi. Da questo studio, inoltre, emerge che internet viene consultato anche per cercare suggerimenti sul sonno e sulle modalità più efficaci per migliorarlo.

Un impulso alla telemedicina

Un dato interessante per la salute pubblica è che la situazione pandemica ha dato un impulso anche alla telemedicina. È stato infatti rilevato che circa la metà di chi ha usufruito di un servizio da remoto lo ha fatto per la prima volta durante l’ultimo anno.  Nello specifico, il 35% degli italiani si dice interessato a fruire di servizi di telemedicina per affrontare problemi legati al sonno. Un dato che sale addirittura al 51% tra chi soffre di apnee notturne.

Con riferimento a quest’ultimo aspetto, lo studio ha anche evidenziato gli effetti della pandemia sull’utilizzo della CPAP (ventilazione meccanica a pressione positiva continua) da parte di quanti affetti da questi disturbi notturni. A livello globale, si assiste a una sensibile riduzione del loro utilizzo, adesso al 18%, dimezzatosi rispetto ad un anno fa (36%). Il 72% dei pazienti ha riferito di aver interrotto la terapia a causa del Covid-19, chi per difficoltà finanziarie (55%), chi per accesso limitato alle forniture (44%).

I dati sopra riportati evidenziano il sensibile impatto che il Covid-19 ha avuto sulla vita dei cittadini, andando a incidere non soltanto sulla stessa vita delle persone, ma anche sul loro stile di vita, mutato a causa dell’isolamento sociale, dell’accresciuta sedentarietà, della ridotta attività fisica, incidendo, addirittura, sul riposo notturno.