In Italia i dati più recenti evidenziano un numero di pazienti con diabete tipo 2 pari a 4 milioni, anche se la stima potrebbe non contemplare quanti hanno una patologia non ancora diagnosticata.

Nella sola regione Friuli-Venezia Giulia, i pazienti diagnosticati ammontano a circa 100mila, cui se ne aggiungono ulteriori 30mila che non sono ancora a conoscenza della patologia.

«Si tratta di una patologia moto diffusa e spesso legata a stili di vita non sempre corretti. Eventi come quello di oggi rappresentano un’occasione per divulgare un importante messaggio legato alla prevenzione, che tutti noi medici siamo chiamati a diffondere tra i nostri assistiti», ha sostenuto Gian Luigi Tiberio, Presidente dell’Ordine dei Medici, Chirurghi e Odontoiatri di Udine, intervenuto in occasione dell’evento “La pandemia Diabete T2: dai modelli organizzativi alle criticità gestionali alle nuove opportunità di cura – Friuli-Venezia Giulia” organizzato da Motore Sanità, con il contributo incondizionato di Menarini Group e la collaborazione scientifica di AMD.

Puntare a corretti stili di vita e combattere la sedentarietà

Il ruolo cruciale della prevenzione è stato enfatizzato anche da Andrea Da Porto, Presidente AMD Friuli-Venezia Giulia, che ha ricordato l’importanza di puntare a stili di vita corretti: «Sappiamo che per il diabete tipo 2, quello più diffuso, è essenziale fare prevenzione e intervenire tempestivamente sugli stili di vita per ridurre il rischio di insorgenza e l’impatto delle complicanze sullo stato di salute del paziente. È quindi urgente investire in programmi di cura e di prevenzione nei quali la promozione di sani stili di vita sia al primo posto. In Italia, oltre il 30% delle persone con diabete ha uno stile di vita sedentario e la nostra Regione non fa eccezione in questo senso: un dato estremamente preoccupante che necessita di un’inversione di rotta». 

L’attività fisica e la diagnosi precoce possono infatti avere un impatto determinante su una migliore qualità di vita con una riduzione del rischio di sviluppare complicanze e ridotti costi a carico del SSN.

Il costo delle complicanze e l’avanzamento della ricerca

Il diabete in Italia colpisce 4 milioni di persone, con costi diretti e indiretti sul sistema sanitario particolarmente rilevanti. Basti pensare al peso delle complicanze – cardiovascolari, renali, oculari o a carico degli arti inferiori – sia sulla salute sia sulla spesa sanitaria, pari al 9% di quella complessiva.

«Negli ultimi anni, la ricerca farmaceutica e tecnologica hanno fatto passi da gigante e oggi le soluzioni terapeutiche a disposizione per la gestione quotidiana del diabete tipo 2 sono sempre più vicine alle specifiche esigenze delle persone con diabete. Gli ultimi dati Annali AMD dimostrano un progressivo superamento dell’inerzia terapeutica a beneficio dell’utilizzo dei cosiddetti farmaci innovativi dalla comprovata efficacia per la riduzione delle complicanze cardio-renali e una migliore gestione del compenso glicemico. Tuttavia, a livello strutturale, permangono alcune criticità che andranno progressivamente risolte attraverso lo sviluppo di sinergie con tutti i professionisti coinvolti nella presa in carico della persona con diabete per l’implementazione di un modello efficace ed efficiente in grado di garantire la migliore qualità di cura attuale e futura, anche in ragione dell’aumento della prevalenza. Come società scientifica siamo costantemente al lavoro affinché il nostro SSN sia in grado di offrire una presa in cura equa e accessibile su tutto il territorio nazionale», ha evidenziato Riccardo Candido, Presidente Nazionale AMD e Presidente FeSDI.

Insufficienza renale e diabete

Oltre il 25% dei pazienti in dialisi nella regione sono diabetici, è stato ricordato, a fronte di un 6,7% della popolazione generale, segno evidente che quella renale è una complicanza molto frequente.

«Questa popolazione diabetica con insufficienza renale terminale in trattamento dialitico presenta numerose complicanze associate, condizionando una prognosi particolarmente severa e richiedendo particolari attenzioni e cure polispecialistiche per la sua gestione. Anche i trapiantati renali, pur essendo una popolazione selezionata, presentano una prevalenza di diabete mellito analoga (23%), in parte legata alla preesistenza di questa condizione e in parte dovuta anche allo sviluppo di diabete post-trapianto fortemente condizionato dalle terapie immunosoppressive necessarie. Anche questi pazienti presentano quindi la necessità di cure polispecialistiche dedicate. Diabete e insufficienza renale si influenzano negativamente a vicenda in maniera pesante, essendo entrambi fattori importantissimi di rischio cardiovascolare» ha messo in luce Giuliano Boscutti, Direttore SOC Nefrologia, Dialisi, e Trapianto Renale, Azienda ospedaliero-universitaria “S. Maria della Misericordia” di Udine, il quale ha aggiunto: «sono le complicanze vascolari periferiche, cardiovascolari e cerebrovascolari ad essere particolarmente frequenti e severe in questa popolazione, condizionandone pesantemente la qualità di vita, il consumo di risorse e la prognosi». 

Innovazione farmacologica e prognosi

Se fino a poco tempo fa l’unico modo di contenere l’evoluzione della nefropatia diabetica era monitorare la glicemia e la pressione, oggi si sta assistendo ad un’importante e rapida innovazione farmacologica capace di rivoluzionare il sistema di cura e la prognosi dei pazienti.

«Stiamo ora vivendo un momento di rapida innovazione farmacologica (SGLT2 inibitori, Finerenone) che, insieme anche a nuovi farmaci capaci di ridurre il rischio della iperpotassiemia farmaco-indotta, sembrano promettere un mutamento radicale delle prospettive di trattamento. E questo si riflette in un importante miglioramento della prognosi renale e cardiovascolare. Tempi nuovi e nuove prospettive terapeutiche richiedono modifiche anche organizzative che, senza abbandonare le conquiste della medicina specialistica, facilitino l’accesso alle nuove risorse resesi disponibili a un numero molto ampio di pazienti in modo razionale, senza saturare ed ingolfare i sistemi sanitari che necessariamente hanno mezzi e risorse limitate», ha concluso Boscutti.