Hiv, strategie per fronteggiare l’infezione nella relazione 2019 del Ministero

I dati italiani risultano incoraggianti, con un’incidenza di nuove diagnosi in progressiva decrescita in tutte le Regioni e al di sotto della media UE. A livello globale tuttavia l’HIV e l’AIDS rimangono un problema preoccupante di salute pubblica per il contrasto dei quali è importante che le più efficaci strategie di contrasto vengano implementate

È stata trasmessa al Parlamento lo scorso 30 luglio la Relazione del Ministero della Salute sullo stato di attuazione delle strategie atte a fronteggiare l’infezione da Hiv.

A livello globale, stando ai dati del report UNAIDS 2020, sono 38 milioni coloro che vivono con l’Hiv. Di questi, solo 25,4 milioni sono in trattamento. Ne consegue che ben 12,6 milioni di soggetti sono in perdurante attesa di cure. L’incidenza delle nuove infezioni, a livello, globale, ha subito un calo di quasi un quarto (23%) dal 2010 grazie soprattutto a una sostanziale diminuzione dell’incidenza in Africa orientale e meridionale (-38%). Le infezioni sono, invece, aumentate del 72% nell’Europa dell’Est e in Asia centrale, del 22% in Medio Oriente e Nord Africa e del 21% in America Latina. A livello globale, nel 2019 sono stati conteggiati 690mila decessi per Aids e 1,7 milioni di nuove infezioni da Hiv.

L’accesso alla terapia antiretrovirale, aumentata negli ultimi anni, stando alle stime, avrebbe evitato 12,1 milioni di decessi per Aids dal 2010. I progressi per la prevenzione della trasmissione da Hiv restano tuttavia troppo lenti. Gli obiettivi posti dall’Assemblea Nazionale delle Nazioni Unite di porre fine all’epidemia di Aids entro il 2030 richiederebbero un impegno maggiore da parte di tutti i Paesi. I punti chiave per ridurre le nuove infezioni da Hiv, come suggerito dagli organismi internazionali, consistono nel garantire una diagnosi tempestiva, la cura e il trattamento per coloro che convivono con l’Hiv; indirizzare le risorse di prevenzione verso le popolazioni chiave; garantire che le strategie di prevenzione più efficaci siano implementate e continuare a condurre ricerche.

Hiv, i dati europei

Nel 2019, lo European centre for desease prevention control (Ecdc) ha riportato 136.449 nuove diagnosi di infezione da Hiv in 47 dei 53 Stati membri della Regione Europea dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms). Sono stati inoltre diagnosticati 12.535 casi di Aids in 45 Paesi.

Il 74% di queste diagnosi, generalmente, sono state effettuate entro 90 giorni dalla diagnosi di Hiv. Questo indica che la maggior parte dei casi di Aids sono dovuti a diagnosi tardiva di infezione da Hiv. Si stima che ogni anno, nel corso dell’ultimo decennio, siano state infettate più persone di quante ne siano state diagnosticate. Al contrario, la proporzione di coloro che vivono con Hiv non diagnosticato nei Paesi dell’UE sta diminuendo, tendenza che indica quanto sia importante rafforzare gli interventi di prevenzione dell’Hiv basati sull’evidenza, adattati al contesto epidemiologico locale e rivolti alle persone più a rischio.

Hiv, i dati italiani

I dati più recenti, relativi al 2018, mostrano che nell’anno sono state segnalate 2.847 nuove diagnosi di infezione, con un’incidenza di 4,7 casi ogni 100mila abitanti. Un dato leggermente inferiore alla media UE di 5,1 nuovi casi per 100mila residenti. L’incidenza delle nuove diagnosi in Italia ha mostrato una leggera diminuzione tra gli anni 2012-2015, seguita a un andamento stabile nel triennio 2015-2017. Nel 2018 è stata osservata invece un’evidente diminuzione di incidenza dei casi in tutte le Regioni. Nell’anno di riferimento, tra le Regioni con un numero superiore a un milione e mezzo di abitanti, le incidenze più alte sono state registrate in Lazio, Toscana e Liguria. I soggetti Hiv-positivi sono risultati in prevalenza maschi (nell’85,6% dei casi) di età media 39 anni, mentre per le donne l’età media è di 38 anni. La maggior parte delle nuove diagnosi registrate nel 2018 è attribuibile ai rapporti sessuali non protetti, che pesano per oltre l’80%.

«Nel 2018, quasi il 75% delle persone diagnosticate con Aids non aveva ricevuto un trattamento antiretrovirale prima della diagnosi. Nel tempo è aumentata la proporzione delle persone con nuova diagnosi di Aids che ignora la propria sieropositività e ha scoperto di essere Hiv-positiva nel semestre precedente la diagnosi di Aids, passando dal 48,2% nel 2000 al 74,6% nel 2018» si legge nella relazione. Segno questo che grandi passi sono stati fatti, ma resta ancora molto lavoro da fare.

L’impegno costante del Ministero e dell’Iss

Come sottolineato dal Ministro della Salute Roberto Speranza nell’introduzione alla Relazione, è di fondamentale importanza coinvolgere tutti gli attori che operano nel campo dell’Hiv, per condividere nuove strategie da implementare per porre fine all’epidemia.
La Relazione illustra quindi nel dettaglio le attività poste in essere dal Ministero della Salute per quanto concerne informazione, prevenzione, diagnosi, terapia, assistenza e progetti. Evidenzia, inoltre, le attività svolte dal Comitato Tecnico Sanitario. Il documento illustra, infine, le attività portate avanti dall’Istituto Superiore di Sanità per quanto attiene a sorveglianza, ricerca, formazione e consulenza telefonica (Numero verde Aids e Ist).