Tenere il passo con la medicina basata sull’analisi delle differenze interindividuali, come la farmacogenetica e il Therapeutic Drug Monitoring, diviene importante per tutte le figure sanitarie, in particolare medici e farmacisti.
Qual è il ruolo del farmacista nell’era della medicina personalizzata? Ci hanno aiutato a capirlo Antonio D’Avolio, del laboratorio di Farmacologia Clinica e Farmacogenetica presso l’Università degli Studi di Torino e Dario Cattaneo, dell’UO Farmacologia Clinica – Polo Universitario Luigi Sacco di Milano. Con la personalizzazione della medicina attraverso i nuovi strumenti a disposizione della diagnostica, come per esempio il Therapeutic Drug Monitoring (TDM) o la farmacogenetica e/o la farmacogenomica, il ruolo delle varie figure “sanitarie” come i biologi e biotecnologi laboratoristi e i farmacisti è in evoluzione con maggiori responsabilità e conoscenze scientifiche da gestire e utilizzare al meglio. «Queste nuove conoscenze, per quanto riguarda i farmacisti, devono essere applicate in ambito sanitario per migliorare la gestione delle terapie, in maniera tale che il paziente ne possa trarre un beneficio immediato e contestualmente il sistema sanitario nazionale possa razionalizzare le sue risorse al meglio. Il farmacista/farmacogenetista», ci illustra Cattaneo, «come figura ospedaliera è già una realtà in alcuni Paesi europei come l’Olanda. È sicuramente auspicabile che questo possa avvenire anche in Italia in un futuro non troppo lontano e questo però dovrebbe prevedere anche una riforma/aggiornamento dei corsi di laurea magistrale in Farmacia». Questa è una “materia” relativamente nuova e quindi in continua e rapida evoluzione. Ogni anno (si potrebbe dire addirittura quasi ogni mese) vengono scoperte nuove varianti alleliche (polimorfismi) associate a una diversa risposta (sia in termini terapeutici che tossici) a uno o più trattamenti farmacologici. I test diagnostici vengono di conseguenza continuamente aggiornati e quindi diventa fondamentale che anche il farmacista, come tramite diretto tra farmaco e paziente, si aggiorni costantemente per poter fornire informazioni adeguate al paziente e interagisca con diverse figure professionali tra cui i clinici (specialisti in diversi ambiti) e i farmacologi clinici.
In ospedale
Un altro ambito oltre la farmacogenetica in cui la figura del farmacista, in particolare quello di reparto, può interfacciarsi tra il clinico e il laboratorio e inserirsi nell’ottica della medicina personalizzata è il TDM. «In questo contesto», ci illustra D’Avolio, «il farmacista è chiamato a contribuire e a far chiarezza su quali farmaci e con quali metodologie effettuare il TDM per migliorare l’uso dei vari farmaci utilizzati nella pratica clinica». Per arrivare a fare ciò il farmacista che si cimenterà in quest’ambito, dovrà farsi carico di una continua formazione scientifica, perché solo ultimamente stanno emergendo le ulteriori evidenze scientifiche relative al TDM negli ambiti più disparati. Oltretutto, sempre molto recentemente, sono iniziati a essere pubblicati i vari lavori scientifici che delineano e confermano come il corredo genetico di ognuno di noi può influenzare le concentrazioni plasmatiche di moltissimi farmaci, alcuni dei quali presentano delle attività diverse correlate ai diversi livelli di concentrazione ematica, plasmatica o intracellulare. «In questo ambito», continua D’Avolio, «il farmacista potrebbe fungere da interfaccia tra i laboratoristi e il clinico, suggerendo e/o confermando a quest’ultimo l’utilità o meno del test TDM in un dato ambito clinico e/o per una data molecola e/o terapia». Altro interessante campo di collaborazione potrebbe essere quello di supportare il clinico alle prese con i nuovi farmaci generici, soprattutto nei casi in cui l’uso di nuove formulazioni è ancora limitato per timore e scetticismo. Spesso la valutazione sui propri pazienti della cinetica, attraverso il TDM, dei farmaci generici somministrati può confortare il clinico sull’uso di queste “nuove” formulazioni. Ma quali competenze deve avere il farmacista per poter approcciare il TDM correttamente? Le competenze devono essere relative alla completa conoscenza della farmacocinetica e della farmacodinamica dei farmaci utilizzati, nonché delle linee guida delle varie terapie e le più recenti pubblicazioni scientifiche sull’argomento. Vi è inoltre un aspetto più tecnico legato alle modalità di raccolta e conservazione dei prelievi ematici per il dosaggio dei vari farmaci; infatti a questo livello ci possono essere dei passaggi critici per alcune molecole che ne potrebbero alterare la corretta determinazione e di conseguenza una pessima analisi ed interpretazione del risultato.
Si può concludere sottolineando che le mansioni del farmacista stanno già cambiando. In Italia vi sono già strutture pubbliche che eseguono test farmacogenetici nella pratica clinica quotidiana per la personalizzazione della terapia farmacologia, soprattutto per quei farmaci caratterizzati da basso indice terapeutico (farmaci oncologici, antiretrovirali, antivirali, antipsicotici, ecc). Essendo questa una disciplina nuova e in crescente evoluzione, è ipotizzabile che in futuro i test farmacogenetici prenderanno sempre più piede, diventando una componente imprescindibile della medicina diagnostica di laboratorio.
Therapeutic Drug Monitoring
Il TDM è stato proposto e inserito nelle diverse linee guida cliniche come un’ulteriore possibilità di successo clinico-terapeutico (soprattutto in setting clinici e pazienti particolari) col fine di ottimizzare il regime di trattamento. Esso consiste principalmente nella determinazione delle concentrazioni plasmatiche di farmaco nei pazienti e porta a stabilire una relazione tra attività e/o tossicità. Tra i principali motivi per cui si richiede il TDM le evidenti differenze interindividuali riscontrate tra le concentrazioni plasmatiche di farmaco in pazienti che prendono lo stesso farmaco alla stessa dose. Inoltre, il TDM può essere utilizzato per valutare l’efficacia delle dosi dei nuovi farmaci, le nuove combinazioni di farmaci, le interazioni farmacologiche e gli effetti avversi. Il TDM è proprio un esempio concreto di un nuovo ruolo che il farmacista ospedaliero e quello di reparto si stanno trovando e si troveranno a ricoprire.
Il farmacista che forma il paziente
La farmacogenetica assume un ruolo estremamente rilevante nella medicina personalizzata in quando può permettere l’identificazione di quei pazienti che, per il loro background genetico, rispondono in maniera inadeguata a una terapia farmacologica considerata standard. Per esempio la genotipizzazione dei pazienti per quanto riguarda i principali citocromi coinvolti nel metabolismo dei farmaci (CYP3A, CYP2D6, CYP2C9, CYP2C19 ecc.) permette di identificare quei pazienti che sono scarsi o estensivi metabolizzatori, e quindi aggiustare conseguentemente la posologia (aumentando la dose nel primo caso e riducendola nel secondo) nel singolo individuo. Le evidenze già disponibili in letteratura dimostrano come tale approccio si associ a una migliore risposta terapeutica e, soprattutto, a una riduzione importante degli effetti collaterali di tipo iatrogeno. «Come diretto interlocutore per il paziente», commenta Cattaneo, «il farmacista si troverà a dover fungere da formatore, guidando il paziente all’interpretazione di termini tecnici inerenti alla genetica classica, alla farmacocinetica e alla farmacologia clinica, e aiutandolo anche nell’interpretazione referti di indagini diagnostiche farmacogenetiche eseguite».
Caterina Lucchini