Se ho potuto apportare il mio contributo, ogni volta che sono stato invitato quale relatore a un convegno in cui ci si dovesse confrontare sul posizionamento attuale e futuro della farmacia nel contesto del Ssn, lo devo all’esperienza che ogni giorno incremento stando al banco della mia farmacia.

Molto l’ho appreso dal confronto con gli utenti che varcano la soglia tutti i giorni, forte dell’esperienza maturata in tanti anni, accanto a mio padre all’inizio della mia vita professionale e poi come titolare di farmacia, prima in centro città, ora nell’hinterland di Brescia. Certo, anche partecipando a Roma al Comitato centrale di Fofi e a Milano in Regione come delegato Fofi della Lombardia ho potuto, da un lato, venire a conoscenza delle novità che interessano il nostro mondo e, dall’altro, apportare io stesso il mio contributo. Contributo che ho pur sempre potuto affinare con la presenza essenziale dietro il banco, interagendo con i pazienti quotidianamente, che talvolta presentano esigenze di farmaci altre volte giungono con bisogni complessi di salute.

Di quanto sia importante respirare l’aria di questo ambiente me ne sono reso conto ancor più quando ascolto colleghi che, per diversi motivi, si stanno un po’ allontanando dal contatto quotidiano con i cittadini e maturano solo quello di cui vengono informati, indirettamente. Questo contatto diventerà ancor più determinante se crediamo in una farmacia territoriale, di prossimità, in cui la nuova figura del farmacista si dovrà accreditare per la professionalità con cui saprà erogare tutti quei servizi che le autorità regionali ci hanno e ci avranno concesso. Non più, quindi, il farmacista come mero dispensatore di scatole di farmaci, prescritti dal medico al momento della visita come si era abituati a identificarlo, ma come professionista attivo e prezioso nella nuova configurazione del Ssn.

Questa mia riflessione non dovrà servire solo a me come memorandum nel mio lavoro quotidiano, ma in modo particolare a quei giovani colleghi che sono entrati in farmacia seguendo le orme dei padri, oppure, avendo liberamente scelto di abbracciare questa professione. A proposito delle nostre vere competenze, come spesso ci spiega il nostro presidente nazionale della Fofi, Andrea Mandelli, è doveroso ricordare che gli ultimi tre anni hanno ribadito la centralità di quella rete di prossimità, al servizio della salute dei cittadini, rappresentata dai farmacisti e dalle farmacie di comunità. Quel ruolo, ben al di là delle pubbliche dichiarazioni e degli attestati di stima, ci è stato ufficialmente riconosciuto dal regolamento ministeriale n. 77 sul nuovo assetto della sanità territoriale, che ha sancito formalmente il valore strategico del farmacista quale presidio del Servizio sanitario sul territorio.

Dalla ricetta dematerializzata fino al counseling offerto ai cittadini, sono molti i servizi che i farmacisti di comunità hanno garantito, con competenza e responsabilità, a tutela della salute pubblica. Servizi aggiuntivi, offerti e trasformati in modo lungimirante con quel Regolamento, in maniera strutturale e permanente, affinché i farmacisti li possano offrire ai cittadini e al Ssn, anche al di là della fase emergenziale. Da questo punto di vista, ben prima di rivoluzioni più o meno giustificate dell’organizzazione del Ssn sul territorio, gli ultimi tre anni hanno fatto emergere chiaramente la necessità di fare squadra nei luoghi più vicini ai bisogni dei cittadini e dei pazienti. Non per assecondare il pensiero di interpreti più o meno illuminati delle evoluzioni dei sistemi sanitari, ma più laicamente e più pragmaticamente per rispondere in maniera adeguata ai bisogni delle persone.

Allora le nuove funzioni della “farmacia dei servizi” e le sinergie interprofessionali, sancite dal Regolamento sugli standard dell’assistenza territoriale, non possono che essere il punto di partenza per rilanciare l’assistenza di prossimità, partendo proprio dal farmacista, dal medico di medicina generale e dal pediatra di libera scelta, quali figure più vicine e più accessibili ai cittadini.

Occorre valorizzare le reti esistenti e promuovere collaborazioni interprofessionali con buona pace delle Case di comunità, i cui muri e le architetture burocratiche difficilmente potranno diventare i punti di riferimento per chi ha bisogno. I cittadini vedono ormai nel farmacista un professionista qualificato del sistema sanitario, a cui affidarsi per affrontare al meglio il percorso di cura e tenere sotto controllo le proprie patologie.

Il Ministro Schillaci ha dichiarato che nell’ambito della riforma delle cure primarie diventa strategico il ruolo che la farmacia dei servizi può ricoprire, contribuendo a una presa in carico delle cronicità in una logica collaborativa con gli altri professionisti sanitari. Può farlo attraverso le analisi di prima istanza, tra cui i servizi di telemedicina, che danno la possibilità di individuare precocemente patologie rispetto alle quali si rende necessario un intervento tempestivo e risolutorio.

Funzioni che possono favorire, inoltre, il processo di deospedalizzazione della sanità, riducendo il ricorso inappropriato alle strutture sanitarie, un’inappropriatezza che drena risorse economiche da utilizzare diversamente, per rendere più efficace tutto il nostro sistema. Dobbiamo sempre ricordare che abbiamo davanti una grande prateria da esplorare e che spetterà prima di tutto a noi dimostrare che i nostri presidenti nazionali non si sbagliavano quando a Roma e a Milano si battevano con forte determinazione perché ci venisse riconosciuto un ruolo determinante nel nuovo modello di Ssn che si andava configurando. Facciamo in modo, quindi, di non deludere mai tutti quei cittadini che, soprattutto negli ultimi tre anni, ci hanno concesso la loro fiducia.