In Italia il numero di pazienti con obesità ha raggiunto i 6 milioni: 1 persona su 10, dunque, nel nostro Paese, è clinicamente obesa. L’obesità è causa di numerose comorbidità: diabete tipo 2 in quasi il 60% dei casi, cardiopatia ischemica nel 21% dei casi e fino al 42%, con una riduzione dell’aspettativa di vita che oscilla tra i 10 e i 15 anni.

Il paziente obeso, inoltre, risulta maggiormente esposto a forme tumorali, come quello del colon o dell’endometrio nelle donne, ma anche a neoplasie epatobiliopancreatiche, neoplasie linfoproliferative e cancro al seno post menopausale.

L’obesità è una condizione complessa che richiede un approccio multidisciplinare e integrato di tipo psicologico, farmacologico, nutrizionale e, laddove indicato, chirurgico.

Accesso alle cure, innovazione, robotica e il rapporto tra farmaci e nuovi interventi sono stati i temi al centro del Congresso della Società italiana di chirurgia dell’Obesità e delle Malattie Metaboliche, SICOB, tenutosi a Napoli il 29 e 30 agosto scorsi, seguito dal congresso della Federation of National Bariatric and Metabolic Surgery Societies (IFSO), ospitato nella stessa città dal 30 agosto al 1° settembre.

L’obesità è una malattia e non una colpa

«Tutti i dati in nostro possesso dimostrano che l’obesità è una malattia in sé stessa e come tale va riconosciuta sia dallo Stato che dalla società» ha dichiarato il professor Giuseppe Navarra, responsabile del centro di eccellenza di chirurgia bariatrica e direttore delll’UOC Chirurgia Generale a indirizzo oncologico del Policlinico G. Martino di Messina e presidente eletto SICOB (Società Italiana di Chirurgia dell’Obesità e delle malattie metaboliche).

«Questo significa capire che i malati d’obesità non hanno colpa della loro condizione. L’obesità non è un vizio, ma è il prodotto di diversi fattori, molti dei quali stiamo progressivamente isolando e comprendendo: dai processi cerebrali che regolano in maniera alterata la sensazione di sazietà alle tante disfunzioni nell’assorbimento dei nutrienti.

Accettare l’obesità come patologia significa riconoscere l’impatto gravissimo delle sue conseguenze – con malattie croniche e tumori – ma anche prepararsi a garantire quelle cure alle quali i pazienti hanno diritto: dai nuovi farmaci, all’accesso ai circa 130 Centri Chirurgici multidisciplinari certificati e regolati».

La chirurgia bariatrica

Tra le terapie, la chirurgia dell’obesità viene riservata a quei pazienti con un indice di massa corporea superiore a 30, per i quali l’intervento rappresenta una soluzione sicura ed efficace, permettendogli di ridurre fino al 70% del peso in eccesso. Tuttavia, è una chirurgia cui si ricorre molto raramente (l’1%) rispetto al bisogno effettivo.

Infatti, nonostante nell’ultimo decennio si siano toccati i trentamila interventi annui, l’effettivo bisogno è stimato intorno ai 3 milioni. Con gravi ripercussioni sui pazienti.

«Secondo uno studio condotto dall’Università dello Utah su 22mila pazienti obesi per 40 anni, la mortalità di coloro che si erano sottoposti a chirurgia metabolica e bariatrica si è rivelata decisamente inferiore a quella delle persone con obesità non operate.

A loro volta, i pazienti operati hanno una probabilità di morte inferiore del 16% in assoluto e del 29% per le malattie cardiache, del 43% per tumore, e del 72% per il diabete. La chirurgia dell’obesità va estesa ai pazienti per i quali è indicata, perché ha un impatto diretto e sostanziale sia sulla qualità di vita che sull’aspettativa di vita» ha chiarito il dottor Giuseppe Maria Marinari, responsabile U.Op. Chirurgia Bariatrica all’IRCCS Humanitas di Milano.

A rincarare la dose il Professor Marco Antonio Zappa, Presidente SICOB: «Manca la consapevolezza del fatto che si tratta di una malattia per la quale l’intervento si può rivelare un vero salva-vita. Non a caso l’obesità patologica è spesso definita il cancro del terzo millennio.

Se non ci fosse l’obesità avremmo il 12% di tumori in meno nell’uomo e il 13,5% nella donna. Tutti questi fattori fanno dell’obesità una malattia gravissima, la seconda causa di morte al mondo. Ma fino a quando continueremo a considerarla un problema estetico di cui il paziente è responsabile, non ne verremo mai fuori».

Verso una maggiore umanizzazione delle cure: il protocollo ERAS

La chirurgia bariatrica non è, tuttavia, una bacchetta magica in grado di risolvere ogni problema. «Al contrario – ha ribadito Marinari – è un intervento che richiede assoluta consapevolezza e assistenza.

Non va bene per tutti e bisogna sapere dire di no ai pazienti, facendo anche capire che l’intervento bariatrico farà venire meno non solo lo stimolo ma anche l’interesse e la gratificazione del cibo: un elemento importante e decisivo nell’equilibrio emotivo della persona.

Il paziente affetto da obesità è, infatti, una persona spesso fragile perché reduce, quando si presenta al chirurgo, da molti anni di tentativi falliti di dimagrire.

Quello di cui abbiamo bisogno, dunque, è un’umanizzazione delle cure ma, alla luce del vasto bacino di pazienti che avrebbero bisogno dell’intervento, abbiamo bisogno anche di un’urgente razionalizzazione delle risorse.

L’adozione del protocollo ERAS® (Enhanced Recovery After Surgery), in chirurgia metabolica e bariatrica è la chiave per raggiungere entrambi gli obiettivi: attraverso una serie di procedure standardizzate, superando pratiche tradizionali ma poco efficaci della chirurgia e avendo cura di includere le aspettative, le priorità e i feedback dei pazienti nel percorso di cura.

L’applicazione del protocollo ERAS riduce, di fatto, i tempi di ospedalizzazione migliorando l’esperienza del paziente e permettendo di curare più persone con le stesse risorse».

L’innovazione in chirurgia

La costante innovazione tecnologica è all’origine sia dei traguardi scientifici che della minore invasività degli interventi. Tra le più importanti innovazioni dell’ultimo quinquennio, nuovi approcci chirurgici al trattamento, sia dell’obesità che del reflusso gastroesofageo.

«L’intervento chirurgico non risolve solo il problema del peso, ma anche le comorbilità associate. Non fa eccezione il reflusso gastroesofageo, patologia associata a circa il 30% degli obesi oltre che quella che pone più difficoltà dal punto di vista chirurgico.

Il reflusso, infatti, è peggiorato dall’obesità ma, al contempo, preclude l’esecuzione di alcuni degli interventi bariatrici. È, inoltre, spesso sottovalutato nelle diagnosi, ma può portare a forme sintomatiche gravi e dolorose se trascurato.

La soluzione che abbiamo sviluppato più di cinque anni fa è stata quella di associare l’intervento di plastica anti-reflusso all’intervento di riduzione del volume dello stomaco» ha raccontato il professor Stefano Olmi, responsabile della Unità Operativa di Chirurgia Generale e Oncologica, Centro di Chirurgia Laparoscopica avanzata e Centro di Chirurgia dell’obesità presso il Policlinico San Marco a Zingonia, Bergamo.

Fissare le linee guida mondiali: il ruolo della SICOB

L’innovazione nella chirurgia dell’obesità passa anche attraverso lo sviluppo di linee guida. «La chirurgia italiana in questo ambito è una delle più influenti e rispettate al mondo» ha spiegato il professor Maurizio De Luca, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Chirurgia Generale dell’ospedale di Rovigo e vicepresidente SICOB.

Ha, poi, proseguito «non a caso, le nuove linee guida SICOB per la chirurgia metabolica e bariatrica in Italia adottano la metodologia più rigorosa al mondo (GRADE®) si basano, cioè, sull’evidenza più solida della letteratura scientifica, a sua volta soppesata in un processo di severa e preliminare analisi critica, e constano di 32 raccomandazioni stilate da 70 esperti.

Le linee guida saranno pubblicate, appena saranno approvate dall’Istituto superiore di sanità, ma il loro verdetto è chiaro: la chirurgia metabolica e bariatrica è il trattamento migliore tra quelli disponibili per il trattamento delle classi di obesi con indice di massa corporea superiore a 30. Gli interventi chirurgici offrono i migliori risultati a medio (5 anni) e lungo termine (10 anni)».

Ancora De Luca che, oltre ad essere coordinatore delle linee guida nazionali SICOB è autore delle Linee guida mondiali IFSO, ha aggiunto: «Ulteriore novità è rappresentata dall’indicazione favorevole all’intervento anche negli anziani e in alcuni casi di adolescenti. La scarsità degli interventi rispetto al numero di pazienti che potrebbero beneficiarne è imputabile al limite delle risorse del SSN destinate alla chirurgia.

Sono pochi i centri in Italia esclusivamente dedicati alla chirurgia metabolica e bariatrica e la maggior parte delle chirurgie può dedicare solo una parte delle sue energie a questi interventi che si stanno dimostrando indiscutibilmente salva vita, sul lungo periodo, per i pazienti».

L’importanza di un approccio olistico all’obesità

«L’approccio alla cura dell’obesità deve dispiegarsi su tutti i livelli» ha concluso il presidente eletto SICOB, Giuseppe Navarra.

«Nel prossimo futuro, dobbiamo estendere e aumentare la conoscenza attraverso: formazione continua delle figure professionali, confronto con i decisori politici al fine di approvare nelle diverse Regioni dei Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali (PDTA), per la cura dell’obesità.

Infine, costruire reti al pari di ciò che è avvenuto per lo Stroke, l’infarto del miocardio ecc., comunicazione all’opinione pubblica dell’obesità come patologia e della chirurgia come il più efficace strumento, insieme ad altri ovviamente, per la sua cura».