Le attività del servizio farmaceutico sono in continua evoluzione. Secondo i dati Ipsos 2023, l’impegno a proporre servizi e a svolgere il ruolo del consiglio salutistico rimangono ai primi posti della mission del farmacista.

L’attività timing consuming dedicata alla burocrazia e alle pratiche amministrative, purtroppo, rimane ancora il cruccio di questa categoria. Le attività percepite come “inoperose” potrebbero lasciare spazio ai desiderata dei farmacisti. La necessità di essere sempre più informati su farmacie e prodotti per la salute e la consapevolezza di voler svolgere un ruolo di natura manageriale sono le principali manifestazioni di interesse e in crescita nel 2023.

Bisogni di mercato non soddisfatti

L’indagine svolta dall’Osservatorio salute benessere e resilienza, insieme con l’Istituto superiore di sanità e a un fondo sanitario integrativo, ha fotografato lo sviluppo attuale e futuro della telemedicina, in 300 strutture sanitarie mediche private e private convenzionate.

La maggioranza degli intervistati (58%) ha dichiarato di non svolgere e, probabilmente, non svolgerà questa attività per la difficoltà organizzativa (24%), per scarsa collaborazione del personale sanitario (15%) e per onerosità economica (9%). Si tratta di un bisogno del mercato sanitario per una nicchia di pazienti che non viene soddisfatto. Per un hub della salute quale la farmacia questa attività può rappresentare un’opportunità da “oceano blu”.

Un nuovo mercato dove le imprese avvedute possono svilupparsi da sole per la bassa concorrenza. Intercettare una nuova domanda, attuare una nuova strategia è una sfida entusiasmante. La strategia di telemedicina può richiedere investimenti sia economici sia in risorse umane specifiche. Dove ciò non sia possibile per la sostenibilità, ci si può rivolgere a strutture organizzate capaci di svolgere questo ruolo a supporto della farmacia. Per le strutture mediche, organizzazione e collaborazione del personale sono i punti deboli dell’attività di telemedicina.

Il farmacista che realizza progetti come la telemedicina dovrà focalizzare parte dell’attenzione dedicata alla cosiddetta attività al banco verso nuovi modelli relazionali con il cliente. Il banco rimane comunque centrale perché è da qui che nascono le esigenze della clientela. Dal dialogo, si creano e sviluppano le competenze del singolo operatore sanitario. Se si decide di entrare nell’oceano blu del nuovo mercato, qualche sacrificio di timing spending andrà comunque fatto, in modo particolare nella fase strategico-operativa preparatoria e di avvio.

Essere una start up

Da anni un’azienda multinazionale statunitense ha portato avanti il modello del suo fondatore. Nelle interviste che si possono trovare online, la logica vincente della start up all’interno di una grande azienda è alla base del successo imprenditoriale. Funzioni dimensionate a una persona che lavorano a un progetto per avviarlo sono responsabili degli oneri e onori del successo. Una farmacia con una forza lavoro adeguata potrebbe fare un tentativo di questo tipo e valutarlo nel tempo. Se la sostenibilità di ogni progetto è determinante, la responsabilizzazione personale del manager e del collaboratore diventa l’investimento per il successo.

Collaborazione senza burnout

Spesso si creano in azienda situazioni di burnout, con stress da lavoro negativo. Una motivazione frequente si basa su aspetti di natura economica. Il fatturato non raggiunto e la mancanza di una buona remunerazione del personale assumono il ruolo di giustificativo per situazioni di difficile successo. Da un’analisi della Harvard business school emergono considerazioni sugli aspetti organizzativi del personale che prescindono dal solo aspetto retributivo.

L’indagine Global world of the future ha messo all’8° posto la motivazione economica come leva per il cambio di azienda. Il 75% di coloro che cambiano, in realtà, prediligono le società che mettono al centro le persone. Che il work-life-balance sia tra gli obiettivi del datore di lavoro è valutato con attenzione dai professionisti. La chiarezza manageriale e la responsabilizzazione personale del dipendente fanno parte delle leve di interesse e di maggiore fedeltà a una società. Più le organizzazioni crescono, più viene richiesta la collaborazione tra colleghi e maggiore impegno con i clienti.

Se il team lavora bene, anche l’azienda ottiene un giovamento. Il manager oberato da attività burocratiche ed economiche ha necessità di una pausa per dedicarsi a un attento processo di riflessione decisionale, in modo che possa svolgere più tranquillamente il proprio lavoro. Le soluzioni organizzative devono avere come scopo unico quello di sradicare il sovraccarico collaborativo a tutti i livelli.

Team o singolo giocatore?

Un passo manageriale fondamentale in un processo organizzativo è comprendere perché un collaboratore si impegna troppo ad aiutare gli altri del team. Il “giocatore di squadra” è diverso dall’“artista di punta”. Lo studio di Harward evidenzia come le eccessive collaborazioni a favore degli altri spesso mettono in evidenza la propria “individualità personale” come caratteristica distintiva lavorativa. Spesso, questa caratteristica diventa un alibi per far credere di essere indispensabili in azienda e bloccare l’impegno in qualsiasi nuova attività che potrebbe portare rinnovamento.

Il manager capace deve provare a eliminare eventuali collaborazioni distrattive permettendo, al dipendente capace, di concentrarsi su un nuovo progetto, mantenendo un occhio fisso sul rapporto con l’ambiente della clientela. Una volta che il collaboratore ha razionalizzato e condiviso consapevolmente la propria situazione, spetta sempre al manager sviluppare la capacità di convincimento e comprensione di quale sia la nuova strada corretta da percorrere. La responsabilizzazione personale del collaboratore segue ed è alla base del proprio successo personale, che quasi sempre coincide con quello aziendale. Continuare a essere la “zattera di salvataggio” delle persone è pericoloso.

Questa è un’espressione che il manager potrebbe esprimere quando punta con convinzione alla partenza di un nuovo progetto. Gli individui che hanno carta bianca nell’affrontare da soli i problemi di una nuova attività trovano lo spazio di recupero dal 18 al 24% del tempo collaborativo che prestavano agli altri. I ricercatori della Harward business school hanno evidenziato che la cultura del lavoro sempre in attività, la tecnologia invadente, i capi esigenti, i clienti difficili e i colleghi inefficienti costituiscono una parte certamente importante del problema, con sfide che richiedono soluzioni organizzative. Queste però fanno parte degli aspetti comuni a ogni azienda. La perdita di tempo esterna si accompagna, in realtà, a un altro nemico che cova con modalità differenti e specifiche in ogni azienda: la mentalità e le abitudini dei singoli individui, siano essi manager o collaboratori.