Dopo 15 anni di promozione dell’uso del sale iodato l’Italia è ‘iodosufficiente’. Questo implica rischi ridotti relativi alla carenza nutrizionale di iodio, primo tra tutti il gozzo e il gozzo nodulare, anche se permane qualche criticità in merito alla nutrizione iodica in gravidanza.

Inoltre, uno studio coordinato dall’Osservatorio Nazionale per il Monitoraggio della Iodoprofilassi in Italia – Osnami, dell’Istituto Superiore di Sanità – ISS, pubblicato dal Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism ha confermato la sicurezza del programma nazionale di iodoprofilassi.

Lo studio condotto dall’ISS

Lo studio – realizzato in collaborazione con il sistema di sorveglianza PASSI dell’ISS, gli Osservatori Regionali per la Prevenzione del Gozzo, i Laboratori Regionali di Screening Neonatale e l’Osservatorio Medicinali, Osmed, di AIFA – è stato condotto tra il 2015 e il 2019, analizzando il consumo di sale iodato su un campione di circa 165mila adulti e mille mense scolastiche; in oltre 4.300 ragazzi di età compresa tra 11 e 13 anni, la valutazione si è focalizzata sulla concentrazione di iodio nelle urine, la prevalenza di gozzo, noduli tiroidei e autoimmunità tiroidea.

Per quanto concerne i neonati, nel numero di circa 200mila, la valutazione ha preso in analisi la quantità dell’ormone tiroideo TSH, utilizzato come marcatore per lo screening dell’ipotiroidismo congenito e utilizzato nella valutazione dell’apporto di iodio in gravidanza. 

I principali risultati emersi

Lo studio ha evidenziato la iodosufficienza dell’Italia nonostante il ridotto consumo di sale negli anni.

Il sale iodato è risultato utilizzato dal 71,5% degli adulti e dal 78% delle mense scolastiche, con un consumo maggiore al Nord, tra le donne e nelle fasce di reddito più abbienti. La prevalenza di gozzo in età scolare si è attestata al 2,2%.

Allo stesso modo, anche la presenza di noduli tiroidei in età infantile è risultata bassa e pari a circa il 2%. Il 5,1% dei neonati mostrava un valore di TSH superiore a 5 microunità sul litro. Si è trattato di un valore di molto inferiore rispetto al passato, ma superiore al limite del 3% considerato sufficiente dall’Organizzazione Mondiale della Sanità – OMS.

Il consumo di sale iodato è risultato sicuro, con una frequenza bassa sia rispetto all’autoimmunità tiroidea in età scolare che all’ipertiroidismo in tutta la popolazione.

I risultati positivi di 15 anni di promozione 

«I dati suggeriscono che quindici anni di promozione dell’uso di sale iodato hanno significativamente migliorato la nutrizione iodica nella popolazione, portando ad una minor frequenza delle patologie legate alla carenza nutrizionale di iodio e dimostrando che il programma di iodoprofilassi nel nostro Paese è sicuro – ha commentato Antonella Olivieri, responsabile scientifica dell’OSNAMI – Rimane qualche preoccupazione per la nutrizione iodica in gravidanza, periodo della vita in cui il fabbisogno di iodio è aumentato per soddisfare le esigenze fetali».