Osteoporosi: segni, terapie e prevenzione

Nel corso della vita, circa il 40% della popolazione incorre in una frattura al femore, alle vertebre o al polso a causa della fragilità ossea

Come si caratterizza l’osteoporosi?

L’osteoporosi è una malattia sistemica dello scheletro, caratterizzata da ridotta massa minerale e deterioramento microstrutturale del tessuto osseo. Questo processo determina un aumento della fragilità dell’osso e un maggior rischio di fratture. Viene definita malattia sistemica perché interessa tutta la struttura scheletrica anche se i punti maggiormente interessati da frattura sono il polso, le vertebre e il femore. In Italia il 23% delle donne di oltre 40 anni e il 14% degli uomini ultrasessantenni è affetto da osteoporosi. Queste percentuali sono, però, in continua crescita, soprattutto in relazione all’aumento dell’aspettativa di vita della popolazione. L’osteoporosi viene distinta in forma primaria, tipica della post-menopausa e dell’età senile, e in secondaria causata da altre patologie o da alcuni farmaci.

Come si sviluppa la forma primaria?

Durante l’infanzia le ossa crescono e si riparano molto velocemente, ma quando si invecchia questo processo è molto rallentato. Le ossa smettono di crescere in lunghezza tra i 16 e i 18 anni mentre la quantità di sali minerali presenti nell’osso, che determina la sua compattezza, continua ad aumentare fino a circa 30 anni per poi iniziare a ridursi a partire dai 35 anni. Se questa riduzione risulta eccessiva e la massa ossea scende al di sotto di determinati livelli, si può arrivare alla condizione di osteoporosi. Questo accade per la combinazione di tre fattori:

  • un basso valore del picco di massa ossea, cioè il capitale osseo raggiunto attorno ai 25-30 anni;
  • la velocità con cui procede la perdita di massa ossea che, per le donne, accelera molto all’inizio della menopausa quando decade drasticamente la produzione di estrogeni, gli ormoni che influenzano direttamente la densità ossea;
  • la durata di questa perdita di massa ossea che, per le donne, è tanto più lunga quanto più la menopausa è precoce e che dipende dalla longevità dell’individuo.

A queste tre condizioni va poi aggiunto il rischio derivante da altri fattori quali la familiarità per la malattia, una costituzione minuta, una dieta povera di calcio o la carenza di vitamina D, una vita sedentaria e la presenza di patologie che aumentano il rischio o che possono determinare osteoporosi secondarie.

Quali patologie possono determinare la forma secondaria?

La forma secondaria può essere causata da:

  • malattie che comportano malassorbimento intestinale del calcio alimentare come il morbo di Crohn e la celiachia;
  • malattie che causano un’insufficiente disponibilità dei metaboliti attivi della vitamina D (Bpco, insufficienza renale cronica, epatopatie croniche);
  • malattie ormono-correlate che interferiscono con la regolazione del metabolismo osseo (ipogonadismi, menopausa precoce, amenorree prolungate, iperparatiroidismo, ipertiroidismo, malattia di Cushing e iperprolattinemia);
  • malattie che interessano direttamente l’osso, come il mieloma multiplo;
  • malattie che riducono fortemente l’attività fisica o che richiedono terapie prolungate con corticosteroidi o con i chemioterapici utilizzati nella terapia dei tumori alla mammella e alla prostata.

Come individuare i segni della malattia?

Nella maggior parte dei casi l’osteoporosi non dà alcun segno premonitore e, solo in alcuni casi, può accompagnarsi a dolore. La malattia in genere si manifesta improvvisamente con una delle tipiche fratture da fragilità ossea, spesso conseguenti a traumi di lieve entità. Diventa importante ricorrere a strumenti diagnostici che consentano di accertarne la presenza. La metodica più utilizzata è la Moc- Dxa che permette la misurazione del contenuto minerale osseo a livello del rachide lombare, del femore prossimale e del radio. Però, la valutazione lombare è spesso poco accurata dopo i 65 anni per la presenza di manifestazioni artrosiche. Dopo quest’età è preferibile, quindi, la rilevazione femorale. La densità ossea viene definita dal T-score, che esprime la deviazione standard dal picco di massa ossea rispetto al soggetto sano di controllo:

  • osteoporosi T-score > di -2,5 DS;
  • osteopenia T-score compreso tra -1 e -2,5 DS;
  • normale T-score < di -1 DS.

Di quali terapie disponiamo?

Nei soggetti che presentano fattori di rischio elevati o che hanno già subito una frattura da osteoporosi, si rende necessaria una terapia farmacologica in quanto le sole regole di prevenzione rimangono necessarie ma non più sufficienti. I farmaci attualmente disponibili sono:

  • i bifosfonati, che aumentano la densità minerale ossea limitando il processo di riassorbimento osseo. Le molecole più utilizzate sono alendronato, risedronato, ibandronato e clodronato;
  • il raloxifene, un modulatore selettivo che stimola i recettori per gli estrogeni (Serm) in alcuni tessuti, come lo scheletro, senza effetti in altri tessuti, come utero e mammella;
  • il teriparatide, molecola simile all’ormone paratiroideo, che stimola la neoformazione ossea;
  • gli anticorpi monoclonali come il denosumab, che può sostituire i bifosfonati quando questi sono responsabili di effetti avversi nel paziente, e il recente romosozumab, che aumenta la formazione ossea e ne riduce il riassorbimento.

Come assumere i bifosfonati?

Vale la pena di ricordare le modalità per assumere in modo corretto e più efficiente i bifosfonati orali. Questi farmaci si assorbono con difficoltà nell’intestino e, quindi, vanno ingeriti al mattino a stomaco vuoto e, per facilitarne l’assorbimento, non si devono assumere cibi o altri farmaci per almeno mezz’ora/un’ora. Essendo irritanti per la mucosa orale e dell’esofago, devono essere rapidamente deglutiti con un intero bicchiere d’acqua, meglio se oligominerale povera di calcio perché le acque calcaree ne riducono l’assorbimento intestinale. Inoltre, dopo l’assunzione non ci si deve sdraiare per evitare un eventuale reflusso nell’esofago. Per questo motivo i bifosfonati orali sono controindicati nel caso di patologie esofagee e nei soggetti che hanno impossibilità di rimanere a busto eretto per più di 30 minuti.

Quali evidenze sugli effetti collaterali dei bifosfonati?

L’utilizzo dei farmaci si associa a rischi potenziali per cui il loro impiego deve essere riservato ai pazienti a più elevata probabilità di frattura. Però, nel caso della terapia con bifosfonati c’è stata una eccessiva enfatizzazione degli effetti collaterali, fra questi il rischio di frattura atipica del femore.

I dati di letteratura indicano che si tratta di un evento molto raro ma, per ridurre ulteriormente questa possibilità, si suggerisce di seguire la terapia per cinque anni per poi effettuare una “vacanza terapeutica”.

Anche per quanto riguarda l’osteonecrosi della mandibola, rara complicanza del trattamento con bifosfonati e denosumab, molti pazienti rifiutano interventi di chirurgia orale o di implantologia o scelgono di interrompere la terapia per l’osteoporosi. In realtà, però, questa complicanza non è stata completamente dimostrata nel paziente non oncologico.

Perché è importante l’integrazione con vitamina D e calcio?

Per “costruire l’osso” in età pediatrica è molto importante l’assunzione di calcio e vitamina D. Quantità adeguate di questi elementi sono necessarie anche successivamente, per minimizzare la perdita di massa ossea.

Quando l’apporto di calcio con la dieta e la sintesi endogena di vitamina D non sono sufficienti a garantire il fabbisogno raccomandato, si rende necessaria una loro integrazione. Correggere i deficit di calcio e vitamina D è fondamentale in quanto i due elementi agiscono in modo sinergico con i farmaci specifici per il trattamento dell’osteoporosi nel migliorare la massa ossea e nel ridurre il rischio di frattura.

Quale contributo dalle medicine complementari?

L’agopuntura ha dato risultati positivi nella cura delle microfratture che si creano nel processo osteoporotico. Il trattamento consente un generico rallentamento del processo, ha un’azione antidolorifica e bene si associa con la fisiochinesiterapia. In ambito fitoterapico l’equiseto aiuta l’assimilazione del calcio nelle ossa, contiene silicio e agisce sulla creazione di collagene. L’erba medica, l’ortica e il fieno greco apportano sali minerali utili come magnesio, rame e zinco.

Quali le principali regole di prevenzione?

Le persone a rischio di sviluppare osteoporosi dovrebbero adottare alcune misure per mantenere le ossa in salute e ridurre il rischio di fratture:

  • fare esercizio fisico regolare. Se si considera che una sola settimana di allettamento può far perdere la quantità di massa ossea che equivale a quanto va perduto in un intero anno per invecchiamento, risulta evidente l’importanza di mantenere almeno un minimo di attività fisica come, per esempio, camminare per più di 30 minuti al giorno;
  • astenersi dal fumo e limitare il consumo di alcol;
  • adottare un’alimentazione varia ed equilibrata, assumere adeguate quantità di calcio e vitamina D e ridurre il consumo di sale in quanto il sodio aumenta l’eliminazione del calcio nelle urine;
  • predisporre un ambiente domestico a basso rischio di cadute da inciampo o scivolamento.