È stata presentata la XX edizione del Rapporto dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane, che evidenzia un aumento delle cronicità, a fronte di una non migliorata prevenzione, tra nascite sotto soglia e una popolazione sempre più anziana. Ancora inadeguata l’adesione ai programmi di screening

La salute degli italiani è a rischio. È questo quanto emerge dal XX Rapporto dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni italiane, realizzato grazie al contributo non condizionante di Astrazeneca, Lilly e MSD Italia.

I connazionali hanno stili di vita poco salutari e ricorrono di rado a strategie preventive. A questo si aggiunge l’irrefrenabile invecchiamento della popolazione, tra crisi delle nascite e allungamento dell’aspettativa di vita. Nei prossimi 30 anni, l’età media supererà i 50 anni. Inoltre, stando alle stime, entro il 2050 la popolazione residente passerà dai 59,2 milioni di abitanti attuali ai 54,2 milioni. A causa di un sistema di welfare inefficiente, inoltre, l’Italia si distingue come uno dei Paesi nei quali l’età delle madri è tra le più alte d’Europa: una su 3 ha tra i 35 e i 40 anni. Di fronte a questo scenario, il sistema sanitario risulta sempre più fragile e sotto-finanziato, almeno rispetto a quello di altri paesi europei.

La spesa sanitaria pubblica 2022

Nel 2022 la spesa sanitaria pubblica si è attestata a 131 miliardi (6,8% del PIL), quella a carico dei cittadini a circa 39 miliardi (2% del PIL), significativamente più bassa della media UE27. Per quanto attiene alla spesa pro-capite, pari a 2.558 euro, l’Italia si colloca al 13° posto nell’UE, ben al di sotto di paesi come Francia e Germania, ma anche ad Olanda, Austria e Svezia in cui si attesta sopra i 4 mila euro. Per quanto riguarda il rapporto spesa sanitaria sul PIL, l’Italia si colloca in decima posizione insieme alla Finlandia.

La pandemia

La pandemia ha avuto in Italia un peso molto significativo e ben al di sopra di quello registrato negli altri Paesi europei. Nel Bel Paese l’eccesso di mortalità nel 2020 rispetto al periodo pre-pandemico è stato del +10,2%, rispetto a una media UE del +5,7%. Tuttavia, nel 2021 l’eccesso di mortalità, complice l’introduzione della campagna vaccinale, è sceso sotto la media UE (+3,6% a fronte di un +7%). Tutto questo ha portato ad una riduzione della speranza di vita in quasi tutti i paesi di circa 1,2 anni, ancora non del tutto azzerata.

La mortalità evitabile

I dati relativi alla mortalità eliminabile mostrano una diminuzione negli anni; la stessa rimane tuttavia molto elevata (pari a 63,98 ogni 100 mila abitanti nel biennio 2018-19), segno evidente di campagne di screening ancora inefficaci. A riprova di ciò, il fatto che il 70% dei decessi evitabili registrati negli ultimi 2 anni disponibili è dovuto ai tumori maligni del colon-retto (19,13%), alle malattie cerebrovascolari (17,96%), ai tumori maligni della mammella (16,88%) e malattie ischemiche del cuore (16,03%). I dati più bassi relativi alla mortalità evitabile si registrano nella PA di Trento (46,42 ogni 100mila abitanti) mentre quelli più elevati in Campania (81,41 ogni 100mila abitanti).

Le conseguenze del Covid sulla prevenzione

La gestione dell’emergenza pandemica e il suo impatto sulle strutture sanitarie pubbliche si sono tradotte da una parte in una riduzione dell’offerta dei programmi di screening e dall’altra in una riduzione dell’adesione alle campagne di prevenzione da parte della popolazione. Inoltre, soprattutto nelle Regioni meridionali si riscontra ancora una scarsa adesione.

Secondo i dati PASSI, nel biennio 2020-2021 il 47% della popolazione femminile si è sottoposta a screening per il tumore della cervice uterina aderendo ai programmi offerti dalle Asl, ma una quota rilevante, pari al 30%, si è sottoposta a screening cervicale a scopo preventivo e nei tempi raccomandati per iniziativa spontanea. Nel Nord e nel Centro la quota di donne che si sottopone a screening per il tumore della cervice uterina nell’ambito di programmi organizzati è significativamente maggiore della quota di donne che lo fa su iniziativa spontanea (60% vs 25% nel Nord e 53% vs 32% nel Centro). Nelle Regioni meridionali la quota di donne che si sottopone a screening nell’ambito di programmi organizzati è fra le più basse (34%) e confrontabile con la quota di donne che lo fa su iniziativa spontanea.

La copertura media nazionale dello screening per il tumore del colon-retto è molto lontana dall’atteso: dai dati PASSI 2020-2021, il 44% della popolazione target riferisce di essersi sottoposta, a scopo preventivo, aduno degli esami per la diagnosi precoce dei tumori colorettali. Forte il gradiente geografico Nord-Sud e Isole: la copertura dello screening per il tumore del colon-retto raggiunge valori più alti fra i residenti al Nord (67%), ma è significativamente più basso fra i residenti del Centro (56%) e del Sud e Isole (25%). Ampia la variabilità fra Regioni: il dato più elevato di copertura si registra in Friuli Venezia Giulia con il 73%, quello più basso in Calabria con il 10% (dati standardizzati per genere ed età).

L’assistenza territoriale

L’assistenza territoriale andrà a rappresentare un tassello essenziale nella sanità del futuro, ma ancora nel 2021 il numero di visite specialistiche (23,6 milioni) era inferiore a quelle riscontrate nel 2019, anno pre-pandemia, pari a 26,7 milioni. Per quanto riguarda invece le visite specialistiche di controllo nel 2021 ne sono state erogate 25 milioni e 243.346, delle quali circa il 58% prescritte da un medico specialista; nel 2019 erano circa 32 milioni e 700 mila.

Italiani e stili di vita

Gli stili di vita degli italiani risultano spesso scorretti, tanto che sovrappeso e obesità risultano dilaganti: il 12% della popolazione, quasi 6 milioni di adulti, è obesa e, complessivamente, il 46,2% dei soggetti di età ≥18 anni è in eccesso ponderale. L’attività fisica interessa peraltro una percentuale troppo bassa di soggetti se è vero che un terzo ha dichiarato di non praticare attività fisica o sport nel tempo libero. Una sedentarietà dilagante e preoccupante interessa anche i più giovani, che hanno assistito a un crollo nella pratica sportiva che tra il 2020 e il 2021 ha perso 15 punti percentuali, con conseguenze gravi anche in termini di eccesso ponderale e insorgenza di diabete, dilagante tra obesi e sedentari.

Ad aumentare la depressione: l’aumento prescrittivo dei farmaci antidepressivi è stato riscontrato a partire da un decennio fa, anche se il picco più significativo si è evidenziato tra il 2017 e il 2021, con un +10,4%. Nel 2021 il consumo di farmaci antidepressivi ha segnato un ulteriore +2,4% rispetto al 2020. Inoltre, il rapporto ha messo in luce una serie di fattori ambientali che concorrono a mettere a rischio la salute: nel 2020 nelle acque superficiali, sono stati trovati pesticidi nel 55,1% dei punti di monitoraggio (nel 2018 la percentuale era 77,3% e nel 2017 era 72,4%). La maggiore presenza di pesticidi in Umbria (94,1%), Puglia (86,4%), Sicilia (81,6%), superano il 70% Piemonte, Lombardia e Veneto.

«In Italia si corre il rischio di avere una tempesta perfetta, cioè da un lato l’aumento dei fattori di rischio per diverse malattie legati sia alla demografia della popolazione, sia all’epidemiologia con un importante aumento delle malattie croniche – ha sottolineato il professor Walter Ricciardi, direttore di Osservasalute e ordinario di Igiene Generale e Applicata Dipartimento di Scienze della Vita e Sanità Pubblica Università Cattolica, Campus di Roma, nonché Presidente del Mission Board for Cancer, Commissione Europea – e dall’altro il deterioramento forte di un Servizio Sanitario Nazionale che riesce sempre meno a garantire anche i servizi essenziali. Si allungano le liste d’attesa, mentre i pronto soccorso sono sempre più affollati e sempre più in ritardo, loro malgrado, nel dare risposte tempestive ai cittadini».

«Bisogna che la salute e la sanità diventino una priorità dei decisori – ha aggiunto Ricciardi – cosa che in questo momento non è, bisogna anche che la popolazione diventi più consapevole di questa emergenza sanitaria, perché molto spesso i cittadini si rendono conto di questo deficit assistenziale solo quando hanno un problema di salute. Bisognerebbe cercare di garantire alla più grande opera pubblica del Paese, che è il Servizio sanitario nazionale, adeguati finanziamenti e supporto in tutte le regioni italiane».

È proprio in occasione dei venti anni di Osservasalute che emerge con evidenza dirompente come «le disuguaglianze regionali in termini di assistenza sanitaria siano aumentate nel tempo, il che determina una sempre più forte spaccatura del Paese in cittadini di serie A e cittadini di serie B» ha evidenziato il professor Ricciardi.