Elevato ma poco regolare e costante. È l’andamento che ben descrive la partecipazione e l’aderenza delle donne italiane a programmi di screening della cervice uterina. Si sottopongono a test solo nel corso di visite ginecologiche o quando se ne ricordano. Indice di scarsa consapevolezza della manifestazione e implicazioni di una neoplasia della cervice: manca verso di essa l’attenzione invece rivolta al tumore del seno, dove i follow- up clinici e diagnostici sono spesso spontanei, regolarmente programmati.

In occasione della Giornata Nazionale della Salute della donna (22 Aprile) si punta alla corretta informazione e sensibilizzazione anche sul cervicocarcinoma, patologia che registra ogni anno circa 2.400 nuove diagnosi, posizionandosi al quinto posto per incidenza nelle donne sotto i 50 anni [1].

Una sfida ancora aperta

Il 79% delle donne fra i 25 e i 64 anni di età in Italia si sottopone allo screening cervicale [2], un dato all’apparenza positivo, tuttavia ingannevole. Da un lato, infatti, testimonia l’elevata attenzione all’autocontrollo, dall’altro non corrisponde alla reale sensibilità riguardo al cervicocarcinoma. In qualche modo “trascurata”, sottovalutata. Le evidenze attestano infatti che le donne si sottopongono ai test nella gran parte dei casi in ambito privato, durante visite ginecologiche più estese, ma a seguire manca continuità della programmazione dei follow-up, ripetuti quando capita, di rado secondo i programmi di prevenzione riferiti all’età.

Un atteggiamento che sottolinea, dunque, la necessità fare cultura su questa neoplasia femminile, ed educazione, accompagnando le donne di ogni età in un percorso di sensibilizzazione mirata e dal duplice obiettivo. Da un lato ridurre il numero di interventi spontaneistici senza controlli precisi, facendoli diventare una pratica diagnostico-clinica regolare, dall’altro promuovere l’importanza di uno screening organizzato e articolato nel tempo in strutture certificate. Interventi che confluiscono, entrambi, in un’unica direzione: combattere il cervicocarcinoma.

Il parere dell’esperto

«Lo screening organizzato – commenta Andrea Gianatti, direttore del Dipartimento di Medicina di laboratorio e dell’Unità di Anatomia patologica dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII – è la vera soluzione nella prevenzione del cervicocarcinoma. Occorre favorire e innescare un cambio culturale che permetta, alle donne e alla popolazione in generale, di capire che gli screening poco impegnativi e poco costosi, hanno una ricaduta e risultati sorprendenti per la salute.

Una trasformazione che deve coinvolgere tutti: partendo dalle donne, fino ai medici, agli operatori sanitari e alle strutture pubbliche che possono garantire un processo tecnicamente di alto livello e organizzativamente corretto».

Processo cui il farmacista, primo referente della donna-paziente, può contribuire efficacemente, con un’attività di counseling, di ascolto dei bisogni della paziente, in un’ottica formativo-educazionale, e operativamente con la prenotazione, ad esempio, di esami e screening dedicati, rispondendo al ruolo della farmacia dei servizi al servizio del cittadino.

Azioni di (in)formazione e prevenzione

Proprio per rispondere alla sensibilizzazione al tumore della cervice uterina, Fondazione Onda (Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere), promuove la H-Open Week sulla Salute delle Donne: dal 20 al 26 aprile, all’interno degli ospedali accreditati con i Bollini Rosa (www.bollinirosa.it) sarà possibile aderire a una serie di servizi che hanno l’obiettivo di educare, fare informazione in tema di prevenzione e cura al femminile.

Fonti:

  1. Ministero della Salute, I Numeri del Cancro in Italia 2021
  2. EpiCentro, Dati PASSI 2017-2020