Come ha insegnato la recente pandemia da Covid-19, la relazione madre-bambino deve essere tutelata anche laddove si manifestino eventi epidemici, al fine di ridurre la frequente insorgenza di stress e depressione nella madre. In tal senso, il Ministero della Salute ha pubblicato un position statement su “Allattamento e promozione della salute materno-infantile: Focus sulla salute mentale”.

Il documento è stato ideato e predisposto dal Tavolo Tecnico operativo interdisciplinare per la promozione dell’Allattamento del Ministero della Salute (TAS) e dall’UNICEF Italia, con il contributo di Società Italiana di Psichiatria (SIP), Società Italiana di Neurologia (SIN), Lega Italiana contro l’Epilessia (LICE), Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (SINPIA), Ordine Psicologi del Lazio.

Allattamento e benefici per madre e bambino

L’allattamento ha una funzione regolatrice sul ritmo sonno-veglia, infatti, le madri che allattano riferiscono più tempo di sonno totale, più energia quotidiana e migliore salute fisica rispetto alle madri che ricorrono alla formula.

Gli alti livelli sierici (particolarmente di notte) di prolattina della donna che allatta incrementano il sonno profondo, consentendo un riposo rigenerante. Il latte materno, inoltre, ricco di triptofano e melatonina, aiuta il bambino a rilassarsi e gli consente di riaddormentarsi dopo un risveglio.

Da un punto di vista psicologico, l’allattamento «rafforza la consapevolezza materna d’essere capace di accudire il proprio figlio, di soddisfare i suoi bisogni e di crescerlo. Il senso d’autoefficacia materna con l’allattamento, particolarmente di un pretermine, migliora la relazione madre-bambino» si legge nel documento.

Anche il bambino allattato, dal canto suo, vedendo i suoi bisogni soddisfatti, piange meno. «La madre, mostrando al bambino quanto lui sia importante, ne rafforza l’autostima. Un pattern di attaccamento sicuro sembra prevenire la comparsa in epoca adolescenziale di atteggiamenti e comportamenti aggressivi e violenti» si legge nel documento.

I primi 1000 giorni di vita sono un periodo particolarmente dedicato per lo sviluppo del bambino in cui lo stesso non deve essere soltanto nutrito, ma deve ricevere accudimento e salute.

«Bambine e bambini risulteranno maggiormente pronti, da un punto di vista emotivo e cognitivo, a far fronte a eventi avversi e stressanti. Tutto questo inizia ancor prima della nascita, quando le madri e altri caregiver possono iniziare a parlare e a cantare al bambino, perché è ormai acquisito come il feto sia già in grado di udire e il neonato capace di riconoscere la voce materna» si legge ancora nel position statement del Ministero.

Prevenire e riconoscere i disturbi mentali

Riconoscere un disturbo mentale nel genitore nella fase perinatale e postnatale può non essere agevole per una serie di ragioni. Per esempio, la sottovalutazione del problema da parte della donna, associato a disagio e vergogna per un sentire diverso dall’atteso rappresentano senza dubbio gli ostacoli maggiori. Tuttavia, ansia, depressione e disturbi ossessivo-compulsivi alterano il rapporto madre-bambino andando a incidere sullo sviluppo emotivo, cognitivo e sociale di quest’ultimo.

Il passaggio alla genitorialità implica una importante ridefinizione identitaria, un percorso non esente da difficoltà. Mentre il maternity blues, ovvero uno stato di tristezza che coinvolge dal 50 all’80% delle neomamme, tende a risolversi spontaneamente entro 2 settimane dal parto a seguito di processi di “assestamento ormonale”, la depressione materna è un problema di altra natura che incide su un attaccamento disfunzionale madre-bambino.

Depressione post partum e altri problemi

Si stima che questo disturbo interessi il 10-15% delle puerpere, in particolare, quelle under 18 e over 40 «con bassa scolarizzazione, isolate e senza sostegno famigliare e/o sociale, appartenenti a minoranze, come le persone immigrate in condizioni di povertà e/o malnutrizione, con problemi relativi alla salute fisica.

Le donne risultano più fragili anche in caso di gravidanza indesiderata o Procreazione Medicalmente Assistita (PMA), esperienza di parto negativa, nascita pretermine o problemi di salute del neonato, consumo di sostanze, violenza fisica o psicologica, esposizione a disastri naturali, epidemie/pandemie e guerre. Anche nelle famiglie con coppie costituite da soggetti dello stesso sesso si è recentemente individuato un maggior rischio di depressione post partum» evidenzia il documento.

Nonostante la gravità di queste problematiche, che coinvolgono famiglia e caregiver, oltre al bambino, circa la metà dei casi non viene intercettata. Altre problematiche che possono coinvolgere le neomamme sono il disturbo ossessivo compulsivo e la psicosi puerperale. In ogni caso, l’allattamento viene raccomandato con le medesime modalità e durata rispetto alla popolazione generale.

Allattamento “gold standard” per il bambino

In tal senso, è chiara la raccomandazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità «Il positivo effetto dell’allattamento sulla salute mentale è alla base della raccomandazione di promuovere l’allattamento senza incertezze nelle donne con antecedenti depressivi o d’ansia e addirittura nelle donne con franca depressione post partum, ma si rendono necessari supervisione e supporto, sia in famiglia sia da parte dei servizi sanitari”.

Gli ultimi capitoli del documento sono dedicati ad allattamento e problematiche neurologiche della madre o condizioni di dipendenza da sostanze evidenziando che, con le dovute cautele, il latte materno rappresenta comunque il gold standard per il bambino.