Individuare, anche grazie all’intelligenza artificiale, diversi possibili biomarcatori per rendere l’immunoterapia personalizzata e quindi più efficace. È questo l’obiettivo del progetto internazionale di ricerca I3LUNG sul tumore al polmone, finanziato con 10 milioni di euro dall’UE, di cui l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano è capofila

Nonostante il significativo avanzamento delle terapie negli ultimi anni, il tumore al polmone è ancora al terzo posto nella classifica delle neoplasie più diagnosticate (40 mila circa all’anno nel nostro Paese, secondo i dati 2020) e prima causa di morte per cancro nei paesi industrializzati.

L’introduzione dell’immunoterapia e delle target therapy con farmaci a bersaglio molecolare, ha tuttavia rappresentato la più grande rivoluzione in campo oncologico degli ultimi anni, anche in questo specifico ambito: si tratta di una nuova strategia di trattamento che mira a stimolare il sistema immunitario del soggetto affetto da tumore in modo che attacchi ed elimini le cellule cancerose.

Il carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) è attualmente la tipologia di tumore del polmone più frequente. Ai pazienti affetti da NSCLC che non possono accedere alle terapie target, viene proposta l’immunoterapia, anche se la sua efficacia non viene confermata in tutti i casi.

La diagnosi molecolare cruciale per la migliore scelta terapeutica

La possibilità di somministrare le nuove terapie è difatti subordinata a una precisa diagnosi molecolare. Nel caso delle target therapy, ad esempio, si indaga preventivamente sulla presenza di specifiche mutazioni e, o alterazioni a carico dei geni indicati EGFR, Alk e Ros-1 etc; solo qualora ne venga confermata la presenza, possono essere introdotti farmaci a bersaglio molecolare che interferiscono con l’attività delle proteine codificate dagli stessi geni mutati. Analogamente, l’immunoterapia è notevolmente efficace nei soggetti che esprimono alti livelli di uno specifico biomarcatore, la proteina PD-L1, che però per certi aspetti non risulta ancora del tutto soddisfacente.

«Nell’arco degli anni, si sono succedute molte ricerche, che hanno individuato diversi biomarcatori clinici, biochimici e biomolecolari di risposta all’immunoterapia, e tra questi è stato scelto il PD-L1, una proteina espressa nella superficie tumorale, con il quale ora si stratificano i pazienti e si sceglie il trattamento» ha spiegato Arsela Prelaj, medico oncologo e ricercatrice dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. Il problema è che questo biomarcatore, approvato in quanto migliore tra quelli individuati, presenta comunque alcune criticità.

Il progetto I3LUNG

Da qui l’idea di Prelaj che un numero maggiore di biomarcatori possa consentire una migliore profilazione molecolare dei pazienti. L’individuazione dei biomarcatori può essere supportata dall’analisi dei dati clinici, in parte già disponibili e in parte ancora da raccogliere, anche con l’uso dell’intelligenza artificiale, molto più efficiente dei metodi convenzionali nell’individuare correlazioni e informazioni salienti, magari sfuggite all’attenzione dei ricercatori.

È nato così il progetto di ricerca I3LUNG di cui Prelaj è coordinatrice, che coinvolge 16 partner internazionali ed è stato finanziato con 10 milioni di euro nell’ambito di Horizon Europe, programma quadro dell’UE per la ricerca e l’innovazione per il periodo 2021-2027.

Il disegno dello studio I3LUNG

«Il disegno dello studio prevede sia la raccolta di dati retrospettivi degli ultimi 10 anni, relativi a circa 2000 pazienti, sia la definizione di una coorte prospettica con circa 200 pazienti, afferenti a sei centri clinici che vengono profilati sotto tutti gli aspetti: marcatori sanguigni, microbiota intestinale, sistema immunitario, trascrittoma e genoma – ha proseguito la coordinatrice dello studio – Attualmente, abbiamo sviluppato la prima versione della piattaforma informatica entro la quale verranno depositati i dati retrospettivi, prevedibilmente entro maggio, poi si passerà ai prospettici».

Obiettivo: personalizzazione delle cure oncologiche

L’obiettivo è quello di sviluppare, con dati omici e di real world, algoritmi decisionali che consentano una reale personalizzazione delle cure oncologiche per il carcinoma polmonare non a piccole cellule. Nello stesso progetto è previsto anche il un coinvolgimento del paziente stesso nelle scelte terapeutiche.

«Chiamiamo questi strumenti tool co-decisionali. Essi permettono di considerare le preferenze delle persone che alla fine dovranno subire i trattamenti, personalizzando al massimo le scelte terapeutiche, considerando anche i rischi di eventi avversi di cui questi trattamenti non sono privi, facilitando così l’implementazione di questi strumenti nella pratica clinica» ha concluso Prelaj.