Un importante studio ha evidenziato un aumentato dell’uso di analgesici contro la cefalea in chi utilizza il cellulare per molte ore al giorno: quali potrebbero essere le ripercussioni medico-legali?
Nel decreto legge per la tutela del lavoro dei riders potrebbe rientrare una nuova salvaguardia sanitaria. Questi “pedalatori metropolitani”, oltre ad avere buone gambe, devono usare sempre il cellulare sia per ricevere gli ordini di consegna sia per cercare su Google maps gli indirizzi ove recapitare il loro carico. Se, però, fra loro qualcuno fosse cefalalgico sarebbero guai, soprattutto economici, perché, per buona pace dei farmacisti, sarebbe spinto a un aumentato consumo di analgesici da banco.
Secondo uno studio pubblicato su Neurology l’uso del cellulare aumenta non già il rischio o la frequenza di cefalea, bensì la necessità di ricorrere a farmaci e, per di più, in chi è cellulare-dipendente la loro efficacia cala creando un circolo vizioso doloroso, quanto costoso.
Invalidità civile
Al di là dei noti pericoli dell’abuso farmacologico che caratterizza questi pazienti a prescindere dall’uso dei cellulari evidenziato, la scoperta, interessando varie categorie di lavoratori, potrebbe avere anche risvolti medicolegali trasformandosi in un nuovo pretesto per trascinare l’Inail in tribunale, quantomeno per un riconoscimento d’invalidità civile come ha fatto da tempo la Regione Lombardia che, in base al grado di disabilità indotto dal tipo di cefalea, oltre un valore soglia del 46% ha riconosciuto per questi pazienti (circolare 14 dicembre 2006, n, 30) la possibilità di accesso facilitato alle visite specialistiche, trattamento privilegiato sul posto di lavoro e rimborsabilità dei farmaci. Il medico curante, sulla base del valore percentuale, redige una certificazione che invia per via telematica all’Inps. Non si hanno vantaggi economici diretti, ma il paziente, fornendo il relativo numero di protocollo al datore di lavoro, può usufruire di assenza retribuita per causa di malattia e, quando l’Inps recepirà le indicazioni della Cassazione, potrà anche essere esonerato dalle fasce di reperibilità per visita fiscale. Intanto i riders e gli altri lavoratori “cellularedipendenti” o chiunque faccia eccessivo uso del cellulare, soprattutto se smart, dovranno continuare a “pedalare” tra farmacie e medici.
Confronto inedito
Lo studio di Neurology è stato condotto dai neurologi diretti da Pratik Uttarwar del Government Medical College di Nagpur, un centro d’eccellenza che in questi giorni in India funge da Cardarelli per la pandemia da Covid-19. Grazie all’arretratezza del mercato digitale indiano i ricercatori hanno potuto per la prima volta confrontare su larga scala (400 pazienti seguiti per oltre un anno) i cellulari della vecchia generazione, inaugurata negli anni ’80 dal DynaTac della Motorola, con i nuovi smart, cardine dell’ecosistema digitale ormai dominato dal duopolio Samsung/ Apple. Finora, infatti, molti studi erano stati condotti solo sui vecchi cellulari con risultati incerti e mai definitivi. Studi più recenti hanno deposto sia per un’inconsistenza dei rischi, sia per la loro fondatezza e altri si sono focalizzati su particolari aspetti del danno da esposizione senza però giungere a una conclusione omnicomprensiva.
Peggio gli smart
Se nel 2017 in India c’erano 1,2 miliardi di vecchi cellulari, nel 2020 gli smart sono già 445 milioni. Per quanto i primi telefonini, grossi, pesanti e con poche funzioni, oggi facciano sorridere, dallo studio escono vincitori perché sono gli smart a essere associati ad aumentato ricorso a terapie analgesiche acute che, peraltro, risultano anche meno efficaci, innescando un pericoloso e costoso rischio di abuso farmacologico. Nelle terapie di profilassi non si notano differenze, verosimilmente perché la terapia di profilassi va comunque assunta su lunghi periodi restando al riparo da eventuali influenze esterne.
Questionario Saq
Tramite un apposito questionario, il Saq, acronimo di Smartphone addiction questionnaire, cioè questionario per l’abuso di smartphone, i soggetti sono stati divisi in due gruppi: 194 che non usavano il cellulare e 206 che lo usavano, estrapolando fra questi ultimi chi lo usava di più. Ed è proprio questo gruppo a essere risultato a maggior rischio di abuso di analgesici. Non sono emerse differenze nella durata e nella frequenza degli attacchi di cefalea, ma gli smart risultano associati a maggior insorgenza di aura, cioè il corteo di sintomi (nausea, vomito, disturbi visivi eccetera) che precedono, accompagnano e seguono l’attacco di dolore. Il fenomeno andrà ulteriormente indagato: potrebbe essere collegato, azzardano gli autori, alla possibilità degli smartphone di connettersi a internet e ciò, se confermato, aprirebbe un altro capitolo di ricerca ancor più ampio visto il costante aumento di impiego della rete non solo da cellulare, anche se questo viene usato in prossimità del cranio.
Ipertensione endocranica
A tal proposito va ricordato lo studio del gruppo diretto da Aldo Quattrone, ex-rettore dell’Università di Catanzaro, che al convegno Stresa Headache 2017 ha indicato come, dopo circa mezz’ora di esposizione continua, le onde a bassa frequenza del telefonino inducano cefalea per aumento della pressione endocranica, come testimoniato dal riscontro alla risonanza magnetica della cosiddetta empty sella, cioè sella turcica vuota, un tipico segno di questa condizione. Il confronto era stato fatto fra vecchi cellulari e telefoni fissi o cordless e con questi l’empty sella non veniva mai riscontrata. Chissà cosa risulterebbe adesso con gli smartphone che tre anni fa non erano ancora così diffusi come oggi…