di Valeria Pandolfini

L’art. 1, comma 3, legge n. 221/1968, così come modificato dalla legge n. 362/1991, ha previsto che nei comuni, frazioni o centri abitati con popolazione non superiore a 5.000 abitanti, qualora non sia aperta una farmacia privata o pubblica prevista nella pianta organica, le Regioni possono istituire dispensari farmaceutici.

L’interesse pubblico sotteso alla normativa in tema di dispensario farmaceutico è quello di garantire il principio della programmazione delle farmacie sul territorio attraverso la pianta organica. In tale contesto, i dispensari farmaceutici hanno funzione eccezionale e vicaria, in quanto possono essere istituiti solo qualora il sistema di programmazione ordinario delle farmacie non sia stato ancora attuato, dunque, sono privi di circoscrizione territoriale e di autonomia tecnico-funzionale.

Si tratta, dunque, di un mero presidio sul territorio al servizio dei cittadini, che non costituisce né un soggetto economico in grado di competere con le farmacie né una struttura autonoma, essendo gestito, di norma, dalla sede farmaceutica più vicina, di cui è parte integrante.

In questo senso, come chiarito dalla giurisprudenza, l’affidamento della gestione del dispensario farmaceutico non è l’esito di una procedura a evidenza pubblica, non essendo applicabile il metodo concorsuale. Quindi, l’assegnazione di un dispensario farmaceutico non segue le logiche del concorso di cui all’art. 4, legge n. 362/1991, né quelle del concorso straordinario del 2012, dato che il dispensario costituisce un servizio aggiuntivo, estensivo dell’attività di altra farmacia posta in prossimità, non assimilabile all’ordinario servizio farmaceutico.

L’istituzione del dispensario segue un iter vincolato per la Regione volto a sopperire la carenza all’accesso al servizio farmaceutico (Consiglio di Stato, sentenza n. 3958/2018). È opportuno evidenziare, a tal proposito, che la materia in oggetto rientra nella sanità pubblica e, quindi, appartiene alla potestà legislativa concorrente di Stato e Regioni, ai sensi dell’art. 117, comma 3, Costituzione. Di conseguenza, le Regioni possono prevedere norme in tema di istituzione di dispensari farmaceutici parzialmente diverse da quanto previsto dalla legge n. 221/1968, rispettando, in ogni caso, i principi fondamentali della legislazione statale (fra cui quello secondo il quale il dispensario deve essere distinto dalle sedi farmaceutiche contemplate in pianta organica).

L’istituzione

Ai sensi dell’art. 1, comma 3, legge n. 221/1968, l’apertura dei dispensari farmaceutici è autorizzata dalla Regione qualora sia prevista, in pianta organica, una farmacia e la relativa sede non sia stata ancora aperta. I presupposti ordinari per l’istituzione di un dispensario farmaceutico sono i seguenti:

  • la previsione in pianta organica della farmacia privata o pubblica;
  • la mancata apertura della farmacia prevista in pianta organica.

In questo caso, il dispensario farmaceutico riveste una funzione suppletiva o succedanea di presidio temporaneo, a cui la Regione deve fare ricorso nelle more dell’apertura della farmacia prevista in pianta organica. A questa ipotesi, che costituisce appunto quella generale, prevista espressamente dalla legge, la giurisprudenza (Consiglio di Stato, sentenza n. 1205/2018) ha aggiunto una ulteriore ipotesi in cui le Regioni non sono obbligate, bensì possono autorizzare l’apertura di un dispensario farmaceutico.

Si tratta dell’ipotesi in cui sussista una effettiva e comprovata mancanza di assistenza farmaceutica in una determinata zona e un’oggettiva difficoltà per gli abitanti di raggiungere la sede farmaceutica ubicata in altre località. In tale seconda ipotesi, il dispensario assume una funzione accessoria o ancillare a quella del servizio farmaceutico ordinario. Quindi, è possibile aprire dispensari farmaceutici anche in zone presidiate da farmacie attive, quando occorra fronteggiare situazioni del tutto peculiari in cui, pur a fronte di una razionale programmazione del servizio sul territorio, permangano, a causa della sfavorevole configurazione dei luoghi, aree scoperte o non adeguatamente servite del presidio farmaceutico di zona.

La coesistenza tra dispensario e farmacia

Come affermato dalla prevalente giurisprudenza (si vedano, in particolare, le sentenze del Consiglio di Stato n. 1205/2018, n. 2240/2021 e n. 887/2023), la coesistenza tra farmacia attiva e dispensario ordinario è tendenzialmente esclusa, in quanto, per un verso, il dispensario ha natura essenzialmente suppletiva ed emergenziale e, per altro verso, deve essere rispettato il principio della pianificazione razionale, quindi, capillare e ben distribuita, del servizio farmaceutico, che tendenzialmente non ammette lacune o scoperture territoriali. Eccezioni a tale principio, quindi, la coesistenza tra farmacie e dispensari in un determinato territorio, devono essere adeguatamente motivate dalle amministrazioni locali, qualora sussistano:

  • una situazione di particolare difficoltà di distribuzione dei farmaci;
  • una effettiva e comprovata mancanza di assistenza farmaceutica in una determinata zona;
  • una oggettiva difficoltà per gli abitanti di raggiungere la sede farmaceutica più vicina.

In altri termini, un dispensario farmaceutico può essere aperto nella stessa zona in cui è aperta una farmacia nei casi in cui, pur a fronte di una razionale programmazione del servizio sul territorio, permangano, a causa della sfavorevole configurazione dei luoghi, aree scoperte o non adeguatamente servite dal presidio farmaceutico di zona.

Le medesime esigenze possono eccezionalmente consentire il mantenimento di un dispensario farmaceutico anche qualora venga istituita una nuova sede farmaceutica nella stessa zona (Consiglio di Stato, sentenza n. 2305/2018). Invece, lo strumento del dispensario farmaceutico non può essere utilizzato abusivamente, in particolare attraverso la creazione di multi-presidi farmaceutici, in rete tra di loro e riconducibili a un unico farmacista imprenditore, che possono determinare una eccessiva copertura di aree commercialmente più redditizie e creare interferenze fra bacini e flussi di utenza di sedi farmaceutiche confinanti o territorialmente prossime.

Infatti, come affermato dalla giurisprudenza (Consiglio di Stato, sentenza n. 1205/2018), la coesistenza di farmacia attiva e dispensario, che costituisce un’ipotesi eccezionale, deve essere valutata dall’Amministrazione, nell’esercizio del proprio potere discrezionale, con un onere motivazionale aggravato, in casi del tutto marginali, caratterizzati da una particolare difficoltà di distribuzione del farmaco.